Europa batte USA sul fronte del credito

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Storicamente settembre non è un mese positivo per gli investitori e, a quanto pare, quest’anno non ha fatto eccezione. Sia sul fronte azionario che obbligazionario le settimane post-estive hanno registrato ribassi diffusi e, sebbene sui listini in fin dei conti non ci siano state fluttuazioni molto significative negli ultimi quattro mesi, si sta diffondendo la convinzione che la ripresa del mercato stia perdendo vigore o che possa anche invertirsi nei prossimi mesi.

Guardando ai dati a fine settembre, ad esempio, l’MSCI World in dollari ha registrato un calo del 4,1%, portando la performance annuale all’11,6%, e sottoperformando l’MSCI Emerging Markets, che è calato del 2,6% su base mensile attestandosi su un rendimento dello 0,4% su base annua. Il settore energetico è stato l’unico a registrare rendimenti positivi, in quanto i prezzi del Brent e del WTI hanno riportato aumenti mensili rispettivamente del 9,7% e dell’8,6%, con la decisione dell’Arabia Saudita e della Russia di prolungare i tagli volontari alla produzione fino alla fine dell’anno.

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Ed inoltre, sempre guardando ai dati a fine settembre, anche questo mese i governativi globali non sono riusciti ad attutire le perdite azionarie, con il Global Agg in calo dell’1,6%. In particolare, i principali rendimenti dei governativi decennali hanno raggiunto nuovi massimi ciclici. Nel corso di settembre, il rendimento del decennale statunitense è balzato di 46 punti base al 4,57%, mentre il Bund è salito di 29 punti base al 2,84%. Grazie alla loro minore duration, i corporate High Yield hanno resistito meglio rispetto a quelle di qualità superiore. Nel complesso, il credito europeo ha sovraperformato quello statunitense e ha persino registrato una riduzione degli spread.