La regionalizzazione del sistema previdenziale italiano
E’ stato pubblicato il Settimo Rapporto di Itinerari previdenziali sulla Regionalizzazione del Sistema previdenziale che si pone l’obiettivo di fornire la dimensione finanziaria delle entrate contributive e fiscali che sostengono il welfare italiano nelle sue tre principali componenti (pensioni, assistenza sociale e sanità) e le relative uscite per prestazioni. Quali sono le principali evidenze? Nel 2021 il bilancio pensionistico/previdenziale del Paese , inteso come differenziale delle entrate e uscite delle gestioni INPS privati, INPS ex INPDAP per i dipendenti pubblici e delle Casse di Previdenza dei liberi professionisti , viene sottolineato, ha mostrato un disavanzo di 48,68 miliardi (in miglioramento rispetto ai 55,034 del 2014, anno di riferimento della precedente Regionalizzazione).
Nel dettaglio, le entrate totali sono ammontate a 200,3 miliardi, con un miglioramento del 12,23%, mentre le uscite sono state pari a 248,99 miliardi, in crescita del 6,6% rispetto al 2014. Guardando alla ripartizione per macroarea, si evidenzia la netta prevalenza del Nord, che vale oltre il 58% delle entrate e il 53% delle uscite; il Sud contribuisce per il 21% circa ma spende oltre il 26%, mentre il Centro presenta entrate contributive e uscite per prestazioni simili, intorno al 21%.
Utile indicatore per capire se il sistema possa considerarsi vicino all’equilibrio o meno è offerto dai tassi di copertura, che indicano per l’appunto quanto i contributi versati riescano a coprire il costo delle prestazioni erogate: detto altrimenti, ogni 100 euro pagati sotto forma di prestazioni quanti ne sono stati effettivamente versati.
Secondo la proposta del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, si avrebbe un equilibrio tra entrate e uscite se tutte le regioni contribuissero per almeno il 75% delle uscite. Nel 2021, a livello nazionale, il tasso di copertura risulta pari all’80,45%, in miglioramento rispetto alla rilevazione precedente (76,43%). Se la soglia del 75% è complessivamente superata, persistono gravi squilibri a livello territoriale. In particolare, tutte le regioni del Sud segnano livelli di crescita piuttosto bassi: la media è del 62,25%, con la Calabria che raggiunge un modesto 49,98%; poco meglio ma comunque sotto la media del Mezzogiorno anche Sicilia, Molise, Puglia e Basilicata (circa 60%).
Fa segnare un 81,53% il Centro, mentre il Nord tocca quota 88,96%, con buone performance soprattutto per Trentino (unica Regione pienamente autosufficiente con il 103,1%), Lombardia (99,66%), Veneto (95,51%) Lazio (90%) ed Emilia-Romagna (87,39%). Interessante, tuttavia, rimarcare come Piemonte e Liguria siano le uniche due Regioni settentrionali posizionate, rispettivamente con il 72,92% e il 64,83%, al di sotto della soglia del 75%.
In effetti, l’andamento dei tassi di copertura nel tempo, prosegue il Rapporto, lascia supporre come Nord e Centro possano aver risentito più del Sud delle modifiche strutturali della popolazione e, nello specifico, del suo progressivo invecchiamento.