Banche italiane: il sentiment dei top manager

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Considerano l’attuale livello dei tassi ancora sicuro per i risultati di bilancio ma sono preoccupati dalle prospettive di una riduzione della forbice e dalla politica deflazionistica della BCE.

Vivono come una minaccia concreta le Big Tech (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) ma ritengono che le alleanze strategiche con le fintech per alcune aree d’offerta possano essere una prevenzione efficace rispetto al rischio di perdere quote di mercato.

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Continuano a guardare con attenzione alle aggregazioni, soprattutto per generare sinergie di scopo e, quindi, valore industriale (più che per aumentare le dimensioni).

Considerano i sistemi di pagamento e la bancassurance le aree d’offerta sulle quali lavorare per generare valore, consapevoli che la prima implica volumi di business elevati e che la seconda, a causa delle tendenze sociodemografiche, richiede una trasformazione dei modelli di business correnti.

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Sono queste le principali indicazioni che emergono da un’indagine condotta da C2 Partners, società italiana di consulenza direzionale specializzata nei Financial Services. L’indagine, di natura qualitativa, è stata realizzata intervistando i vertici di 33 banche italiane, un campione costruito selezionando banche rappresentative per dimensioni e operatività dell’intero sistema (grandi banche, banche multiregionali/di prossimità, banche rete, banche digitali).

“I buoni risultati conseguiti negli ultimi esercizi hanno generato tra i top manager un clima complessivamente positivo, ma dalle risposte alle nostre interviste emerge anche preoccupazione sulle capacità di fronteggiare le nuove sfide competitive”, ha commentato Ugo Massa, fondatore e CEO di C2Partners. “Impatto regolamentare, dimensioni ridotte, rigidità tecnologiche e difficoltà a evolvere nei modelli di business sono i principali motivi che alimentano dubbi della tenuta competitiva, assumendo accenti diversi in funzione delle caratteristiche della banca”.

Contesto macroeconomico: i tassi sono ancora una garanzia di redditività ma non a lungo

L’ampia forbice tra tassi d’impiego e raccolta dell’ultimo biennio ha generato margini elevati e il livello attuale dei tassi garantisce ancora buoni risultati di bilancio: la pensa così il 90% delle grandi banche e delle banche multiregionali/di prossimità. In prospettiva, però, è visione comune che la diminuzione della forbice e la politica deflazionistica della BCE peseranno sui bilanci e renderanno la gestione della liquidità un fattore centrale nella strategia delle banche.

Concorrenza: rischio Big Tech e fintech (che però possono diventare alleati strategici)

Rilevanti risorse finanziarie, forza del brand, governo della relazione con i clienti e capacità di gestire i dati su abitudini e consumi renderanno nei prossimi anni le Big Tech (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) una potenziale minaccia. Alcune potrebbero posizionarsi come gate keeper per tutti i servizi (non solo bancari), senza dover necessariamente verticalizzare le attività ma giocando piuttosto un ruolo di front end. L’85% degli intervistati (in media) considera questa una minaccia concreta (con punte del 90% tra le grandi banche e poco meno tra le banche multiregionali/di prossimità) anche se l’attuale regolamentazione può rappresentare un freno all’ingresso delle Big Tech.

Le fintech, intanto, sono già oggi concorrenti attivi sul mercato, soprattutto nei prestiti alle piccole e medie imprese, un segmento che le banche tradizionali storicamente servono a fatica a causa della difficoltà di trovare un modello di servizio che coniughi i benefici della relazione con i costi di gestione del canale (cost-to-serve).

L’88% del campione ritiene che le fintech siano oggi soggetti con i quali definire alleanze strategiche per valorizzare la propria base clienti (di cui le fintech difficilmente dispongono) e costituire una linea difensiva rispetto al rischio di perdere quote di mercato.

Aggregazioni sì, ma solo se si crea valore industriale

Aggregarsi è un’opzione reputata valida da tutte le banche per fronteggiare la crescita dei costi (originata soprattutto dalla regolamentazione) e migliorare la marginalità. Diverse le finalità. Il 75% delle grandi banche considera le aggregazioni una strada per coprire meglio la catena del valore (i.e. internalizzare processi/prodotti oggi in outsourcing, incrementare la marginalità del business, creare sinergie) e non per crescere in dimensioni (ferma restando la ricerca di opportunità nei mercati esteri). La variabile dimensionale è, invece, una prospettiva alla quale guarda invece con interesse oltre l’80% delle banche multiregionali/di prossimità.

Se, l’aggregazione è ritenuta oggi poco praticabile dalle banche a rete, le banche digitali guardano con attenzione alla possibilità di fare sinergie con gruppi più grandi.

Offerta: focus sui servizi che alzano il valore percepito dai clienti

Sistemi di pagamento e bancassurance sono considerate da grandi banche (90%) e banche multiregionali/di prossimità (80%) le aree da sviluppare per generare nuovo valore e valorizzare la capacità distributiva anche se, entrambe, presentano fattori critici.

I sistemi di pagamento, un business di volumi, richiedono enormi economie di scala e sono esposti a minacce (sviluppo dei pagamenti peer-to-peer e introduzione dell’euro digitale) che possono impattare significativamente modelli di business e fondamentali economici.

Cogliere le opportunità legate alla bancassurance (considerate elevate soprattutto nei rami Danni essendo il ramo Vita già controllato dalle banche) implica la trasformazione dell’offerta per rispondere meglio all’evoluzione sociodemografica del Paese (crescita della popolazione anziana, necessità di maggiori coperture, ecc.).

Intelligenza Artificiale (IA): prevale l’incertezza

Le grandi banche sostengono in prevalenza (70%) che l’IA avrà un effetto benefico sull’operatività e la gestione del cliente. Per la maggioranza delle banche a rete (65%), l’IA integrerà i servizi di oggi mentre per le banche digitali (75%) sarà determinante per svecchiare l’offerta. Nelle banche multiregionali/di prossimità, prevale la preoccupazione (55%) dovuta a diverse ragioni: difficoltà di valutare il reale impatto, impreparazione a adottarne le applicazioni e a gestirne gli effetti, anche perché spesso il presidio della tecnologia è affidato a centri servizi esterni.
La digital transformation è ritenuta, in generale, un primario fattore di competitività per il sistema ma solo le banche di grandi dimensioni sono attualmente in grado di affrontare gli investimenti per sviluppare le piattaforme tecnologiche che la abilitano anche se, è stato osservato, la riduzione dei costi sta rendendo la tecnologia accessibile agli operatori di dimensioni più contenute.

Capitale umano: preoccupa la carenza di professionalità adeguate

Le nuove strategie di sviluppo, necessariamente fondate anche sulle tecnologie digitali, richiederanno profili professionali oggi mancanti. Preoccupa la difficoltà di attrarre e far crescere giovani adeguati in termini di competenze, capacità e potenziale. Le grandi banche si considerano maggiormente in grado di attrarre profili adeguati (70%) ma dichiarano difficoltà nel trattenerli e sviluppare per loro percorsi di carriera desiderabili, criticità ammessa anche dalle banche multiregionali/di prossimità (60%) che si considerano ancora legate a un approccio tradizionale nella gestione delle risorse umane e non pronte a cambiare passo.

Regolamentazione UE: severa e impattante ma garante del sistema

L’evoluzione normativa imposta dal regolatore indirizzata a rendere il sistema bancario europeo più solido e sostenibile ha sortito effetti positivi ma la maggioranza degli istituti maggiori giudica i dettami europei eccessivamente rigidi (soprattutto se paragonati rispetto a quelli di Stati Uniti ed Estremo Oriente) e penalizzanti sulla capacità competitiva, opinione condivisa da oltre l’85% delle banche multiregionali/di prossimità e dal 70% delle banche digitali. Alcuni, tuttavia, ritengono che la regolamentazione sia anche un fattore che può spingere le banche a fare innovazione.

ESG: l’impatto sulle strategie di pricing sarà rilevante

Il rispetto dei princìpi ESG avrà un impatto rilevante sul business, soprattutto per la componente “G”, mentre la componente “E” potrà incidere in particolare sul prezzo dei servizi alle imprese (secondo il 60% delle grandi banche e il 75% delle banche digitali) e complicherà le relazioni, soprattutto con le microimprese (lo afferma l’80% delle banche multiregionali/di prossimità). La maggioranza delle banche a rete dichiara invece di avere già incorporato i princìpi ESG nell’attività.