L’Argentina sta cambiando. Ce la farà?

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Argentina sotto la guida di Javier Milei

Javier Milei, insediatosi alla Casa Rosada il 10 dicembre, sta guidando l’Argentina con pieni poteri. Ha promulgato le leggi promesse agli elettori, tra cui la svalutazione del peso, il taglio delle pensioni e la riduzione dei dipendenti pubblici. Inoltre, ha dichiarato l’emergenza pubblica in vari settori fino al 31 dicembre 2025.

Riforme radicali In meno di un mese, Milei ha attuato riforme radicali. Ha eliminato 12 ministeri su 21, licenziato migliaia di dipendenti pubblici e legalizzato i contratti in bitcoin. Ha anche preannunciato la privatizzazione di 41 aziende statali e ha adottato una politica di tolleranza zero per le manifestazioni. Queste azioni hanno causato un grande esodo a Buenos Aires.
Critiche e preoccupazioni Nonostante il sostegno di molti elettori, Milei è stato criticato per il suo approccio autocratico. Gli oppositori interni e internazionali temono che le sue politiche possano portare a una crisi economica e sociale. Inoltre, la sua instabilità psicologica è motivo di preoccupazione per molti.
Futuro dell’Argentina Mentre l’Argentina si prepara per un futuro incerto, il mondo osserva con attenzione. Le politiche di Milei potrebbero avere ripercussioni significative non solo per l’Argentina, ma anche per l’intera regione. Solo il tempo dirà se le sue riforme porteranno al progresso o alla rovina.

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Aggiungiamo alla lucida analisi pubblicata da informazione.it anche le infiammate considerazioni di chi invece è entusiasta dell’insediamento di Javier Milei alla Casa Rosada, per lo meno dal punto di vista economico-finanziario.

Oltre le critiche? Anche gli apprezzamenti

Non so se molti condivideranno questa posizione, ma secondo alcuni osservatori occidentali in Argentina il premier sta facendo la cosa giusta. Quello che sta alla base di questo apprezzamento è il fatto che fin dagli anni ’80 del secolo scorso gli investitori istituzionali e privati esteri continuano a comprare i titoli del debito pubblico argentino malgrado le innumerevoli ristrutturazioni e le sensibili perdite subite. Non è quindi il governo argentino da biasimare, quanto gli investitori esteri che danno agli argentini l’illusione di poter evitare le misure restrittive perché comunque il debito pubblico, grazie alle condizioni fuori mercato offerte, viene acquistato o dai furbi che sperano di uscire prima della prossima ristrutturazione (gettare il cerino acceso prima di scottarsi…) o dai privati avidi ed ignoranti che mirano ottusamente ad incassare cedole più “grasse”.

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“La realtà è che occorre far capire agli argentini che la pacchia è finita e devono stringere la cinghia. Loro non hanno la Meloni come noi”  commenta curiosamente un noto esperto finanziario da noi contattato (gli lasciamo il beneficio dell’anonimato…).

L’Argentina sotto la guida di Javier Milei. La reazione popolare

A dire il vero le politiche economiche annunciate dal neo-presidente per ora hanno solo portato migliaia di sindacalisti e attivisti a scendere nelle strade della capitale argentina per protestare contro il decreto che impone ampie misure di deregolamentazione e di austerità intese a rilanciare l’economia in difficoltà del Paese. I sindacati avevano chiesto al tribunale un’ingiunzione preventiva per bloccare le misure che revocavano alcune tutele del lavoro, ma un giudice ha respinto il ricorso, sottolineando che il decreto non era ancora entrato in vigore. Ma ora che è operativo?
“Non mettiamo in discussione la legittimità del presidente… ma vogliamo un presidente che rispetti la divisione dei poteri, che comprenda che i lavoratori hanno bisogno di difendersi individualmente e nell’ambito della giustizia quando c’è incostituzionalità”, ha affermato Gerardo Martínez, segretario generale del sindacato dei lavoratori edili argentini.

La situazione economica

L’economia argentina è probabilmente entrata in una recessione tecnica – due trimestri consecutivi di contrazione economica – nel terzo trimestre, secondo un sondaggio condotto da analisti Reuters, con una contrazione prevista dello 0,7% penalizzata dal calo delle vendite di cereali. Il Pil del Paese sudamericano si sarebbe contratto nel periodo luglio-settembre tra lo 0,3% e l’1,4%, secondo le previsioni di 12 analisti, colpito dal calo dei consumi e dal calo dell’attività industriale. L’economia si era contratta del 4,9% nel trimestre precedente.
L’Argentina sta combattendo contro la probabile stagflazione all’orizzonte, un mix tossico di inflazione a tre cifre e recessione che probabilmente schiaccerà le persone e farà aumentare il tasso di povertà, già superiore al 40%. Secondo gli analisti, il quadro economico probabilmente si è ulteriormente oscurato alla fine dell’anno, a causa prima dell’incertezza politica che aveva caratterizzato le elezioni e ora per la forte svalutazione del peso e la reazione negativa di gran parte della popolazione alle prime riforme del governo.