Si preannuncia un altro anno difficile per la Cina

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La Cina resta in difficoltà: il gigante asiatico è ancora indebolito da un mix di fattori – esogeni ed endogeni – che minano le sue prospettive di crescita future.

I risultati dell’indice NBS Manifatturiero relativo a dicembre sono stati peggiori delle aspettative, con un valore di 49, quindi ancora al di sotto della fatidica soglia di 50, che separa la contrazione dall’espansione.

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Il settore industriale cinese è indebolito dal rallentamento globale indotto dalle nuove condizioni macroeconomiche dell’era post-pandemica: la salita dell’inflazione, e il conseguente aumento dei tassi di interesse, hanno provocato un calo degli ordini di beni manifatturieri a livello mondiale. Questo ha naturalmente influito sulla Cina, “fabbrica del mondo”, che produce una grande quantità di beni, dall’elettronica all’abbigliamento, basando sul manifatturiero gran parte della sua economia.

Ad aggravare il crollo della domanda aggregata vi sono state anche le difficoltà interne alla Cina: l’esaurimento dei risparmi dei consumatori, accumulatisi durante la pandemia, e la crisi immobiliare, che continua a pesare sul sistema economico del Paese.

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Proprio l’immobiliare, che rappresenta circa il 30% del PIL cinese, sta frenando la crescita. Il PIL, che l’anno scorso si è comunque attestato al 5,2%, nel 2024 si dovrebbe avvicinare al 4,5%.

La settimana scorsa il sondaggio Caixin dei servizi ha segnato un valore sopra le stime a 52,9 ma c’è stato ben poco da festeggiare: lo stesso giorno l’agenzia di rating Fitch ha declassato ben quattro asset manager cinesi citando, a sostegno delle proprie azioni, “un continuo deterioramento delle condizioni economiche del Paese e la mancanza di un adeguato sostegno da parte delle autorità governative”. La decisione di Fitch arriva solo poche settimane dopo l’avvertimento di Moody’s riguardo ad un possibile downgrade relativo al debito pubblico del Paese.

Insomma, nonostante il consensus si attendesse, quasi all’unanimità, una ripresa molto vigorosa dopo l’eliminazione delle misure draconiane introdotte durante la pandemia, la Cina non è oggi nelle condizioni migliori. Sebbene il governo si sia impegnato ad alleggerire le regole sul capitale minimo di alcune banche e abbia rafforzato il suo sostegno verso i costruttori immobiliari più in difficoltà, la realtà economica resta difficile.

Al netto di questo, non stupisce che gli indici azionari cinesi siano scesi molto per tutto il 2023, in controtendenza rispetto ai benchmark mondiali, con il CSI 300 che è stato uno dei peggiori, perdendo il 12,6% nel periodo considerato e oltre il 42% dal picco del 2021.

Il 2023, un anno complicato per la Cina, ha dimostrato che le strategie hedge possono essere ideali per investire sui mercati cinesi. In generale gli investitori restano cauti su una sovraesposizione verso gli asset cinesi, anche se le valutazioni sono ormai diventate davvero molto attraenti.