Usa, Uk e Hong Kong: chi si aggiudicherà la sfida della regolamentazione cripto?

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Quando la SEC ha deciso di approvare la quotazione di un ETF spot sul Bitcoin, gli Stati Uniti non hanno solo dato ai loro investitori la possibilità di esporsi a questo asset attraverso uno strumento noto e sicuro, ma hanno anche fatto un significativo passo in avanti in termini di normativa. Infatti, la mancanza di una regolamentazione chiara nel paese ha fatto sì che negli ultimi anni gli exchange offshore abbiano ospitato la maggior parte del volume di scambi. Non a caso, Paul Grewal, Chief Legal Officer di Coinbase, aveva descritto l’approccio americano come “esclusivamente esecutivo, che ha solo aumentato il rischio per i consumatori e allontanato i clienti e l’innovazione dal paese”.

Tuttavia, l’approvazione del Bitcoin spot ETF non rappresenta l’unica novità normativa in America; bisogna citare anche il patteggiamento per circa 4 miliardi di dollari di Binance con il Dipartimento di Giustizia (DOJ), che potrebbe rappresentare un punto di svolta in merito all’indagine che l’ha coinvolta. Questo favorirebbe Coinbase, la quale potrebbe acquisire ulteriore legittimità negli Stati Uniti e consolidarsi come exchange leader. Anche i prodotti finanziari regolamentati continueranno a guadagnare terreno dal punto di vista istituzionale: ad esempio, il CME ha superato Binance per quanto riguarda gli interessi sui futures del BTC per la prima volta nella storia, con un valore nozionale di 4,2 miliardi di dollari al 20 novembre 2023. Infine, una questione essenziale per il 2024 sarà la chiarezza normativa in merito alle stablecoin ancorate al dollaro, che ha già incassato la proposta del “Clarity for Payment Stablecoins Act of 2023”. Per noi di 21Shares, questo è un passo nella giusta direzione, in quanto il disegno di legge afferma chiaramente che le stablecoins di pagamento non sono titoli. Inoltre, questi asset rafforzano lo status del dollaro statunitense come valuta di riserva globale, espandendo la sua domanda attraverso il web e “importandolo” in Paesi come il Venezuela e l’Argentina, che hanno un disperato bisogno di una moneta stabile. Riteniamo che sia nell’interesse delle autorità di regolamentazione locali fare chiarezza sulle stablecoin, consentendo a società con sede negli Stati Uniti come Circle e PayPal di continuare a innovare in questo settore.

Se poi ci si sposta al di fuori degli States, si può osservare come anche altre giurisdizioni stanno lavorando attivamente per attrarre le imprese attive nell’universo cripto e quella più al centro della scena è sicuramente il Regno Unito che, lo scorso ottobre, ha ricevuto un feedback molto positivo sui progressi fatti in termini di regolamentazione degli asset digitali. Il 79% dei 131 intervistati, infatti, ha giudicato il quadro normativo “per lo più favorevole”, un dato significativo se si considera che il 40% erano imprese cripto-native o operanti nel segmento del fintech. Il Segretario economico al Tesoro ha sottolineato che “l’ambizione del governo di rendere il Regno Unito un hub globale per le tecnologie dei cryptoasset rimane solida”. In effetti, il Uk potrebbe essere in grado di attrarre molte imprese nell’arco del 2024, come dimostrano l’espansione di a16z crypto a Londra e la pianificazione di una Crypto Startup School che dovrebbe essere avviata proprio quest’anno. Dall’altro lato, non si può dire lo stesso per l’Unione Europea che, se da un lato ha emanato la Markets in Crypto Assets Regulation (MiCA), la quale può effettivamente aiutare i fornitori di servizi centralizzati a svolgere operazioni commerciali in modo più efficiente, dall’altro, l’imposizione della clausola del Data Act, che prevede l’esclusione degli smart contracts, può allontanare gli sviluppatori di blockchain. Questo lascerebbe al Regno Unito la strada spianata verso il suo obiettivo di diventare un cripto hub.

Infine, è importante citare il caso di Hong Kong, che ha fatto un’inversione di rotta rispetto al passato nel tentativo di attrarre capitali. Nell’agosto 2023 sono state rilasciate le prime licenze nell’ambito di un nuovo sistema di regolamentazione degli scambi di criptovalute che offrono BTC ed ETH; con OKX, il terzo exchange di valute digitali per volume di scambi, che ha già richiesto una di queste licenze per il trading di asset virtuali. Resta da vedere se Hong Kong riuscirà ad attrarre altri operatori di di primo livello come quello appena citato e a perseguire il suo obiettivo di tornare a essere un player importante nel trading degli asset digitalizzati.