Banche centrali: protezionismo e disordine monetario

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  • La Fed sembra pronta a tollerare qualche ostacolo sulla via verso la disinflazione e mantiene una narrativa di allentamento.
  • Consideriamo la possibilità che un disordine monetario e valutario di ampia portata possa essere la conseguenza di un’altra spinta protezionistica negli Stati Uniti, con una serie di svalutazioni competitive.

La scorsa settimana Jay Powell ha stabilizzato la narrativa della Fed e, con il “dot plot” che indica ancora tre tagli quest’anno, il mercato ha ricevuto le rassicurazioni del caso. Sembra che la Banca Centrale abbia un margine di tolleranza relativamente ampio verso eventuali ostacoli sulla strada della disinflazione. Il messaggio dovish per quest’anno è stato in qualche modo compensato da una revisione al rialzo della traiettoria politica per i prossimi due anni e per il lungo periodo. Ciò aumenta la sensazione che la Fed ritenga che il tasso neutrale sia aumentato. Ciò è rafforzato dal punto sollevato da Powell sulla forza del lato dell’offerta negli Stati Uniti, che permette alla disinflazione di coesistere con un’economia ancora molto robusta, un’indicazione che la crescita potenziale è migliorata. L’impressione generale che la posizione monetaria globale si stia allentando o stia per allentarsi è stata ulteriormente alimentata dal messaggio dovish della Bank of England della scorsa settimana, insieme al taglio a sorpresa operato dalla Swiss National Bank.

Tuttavia, al di là di questa convergenza delle banche centrali nel breve termine, riteniamo che vi sia un rischio distinto di disordine monetario e valutario, visto che potrebbe profilarsi un’altra guerra commerciale a seguito delle imminenti elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Anche se non devono necessariamente affrontare la stessa quantità di dazi aggiuntivi sulle loro esportazioni verso gli Stati Uniti, la Cina e l’Eurozona potrebbero essere tentate di lasciare che le loro valute si deprezzino per mantenere la loro competitività. Ciò potrebbe essere tanto più allettante quanto più le politiche monetarie divergono spontaneamente da quelle della Fed, visto che le condizioni cicliche degli Stati Uniti sono più solide rispetto a quelle della maggior parte dei loro principali partner commerciali, e l’imposizione di dazi doganali aggiuntivi aumenterebbe in ogni caso la pressione sui prezzi dei consumatori americani. Anche all’interno del NAFTA, le tensioni potrebbero aumentare. La banca centrale del Messico, infine, ha già scelto di tagliare senza aspettare la Fed, in quanto gli afflussi di capitale attratti dalle prospettive di un “near shoring” potrebbero aumentare eccessivamente il tasso di cambio del peso, già in apprezzamento. Una successione di svalutazioni competitive e disordinate potrebbe verificarsi in ampie fasce dell’economia mondiale, potenzialmente intensificando il sostegno a misure ancora più protezionistiche, sia negli Stati Uniti sia al di fuori di essi.

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