Il marketing esperienziale: italicità, vino, Napa Valley e Cecilia Broccardi

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Che cosa sia il marketing esperienziale è noto a tutti coloro che prediligono i prodotti di qualità e l’approccio diretto al loro gusto. Uno dei “territori” più esplorati da questa tendenza ad avvicinarsi e far proprio in pieno, ad esempio, il sapore è quello vinicolo: la degustazione di vini di qualità può, se organizzata con sapienza e criterio, risultare una vera e propria esperienza di vita. Ce ne parla in questa intervista Cecilia Broccardi, laureata a Milano in Economia e gestione aziendale con specializzazione in Business Strategy e marketing esperienziale e con esperienze in Italia e in Napa Valley (California, USA), in una cantina con un fatturato di quasi 25 mln di dollari l’anno e vendita di bottiglie che supera le 700.000 bottiglie l’anno, e come promotrice dei vini derivati da vitigni di origine italiana e francese che caratterizzano una produzione americana riconosciuta di alta qualità e ormai nota in tutto il mondo.

Cecilia Broccardi, come è successo che una laureata milanese in marketing esperienziale sia finita per approdare in una cantina vinicola di origine italiana nella lontana Napa Valley? Può darsi che abbia giocato il fattore italico, ovvero della vicinanza e condivisione con valori e gusti comuni?

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Dopo diverse esperienze lavorative in Italia, cercavo stimoli al di fuori del nostro Paese e, nello specifico, un’esperienza per capire come e se il mondo del lavoro estero fosse simile a quello italiano. Gli Stati Uniti sono sempre stati un Paese molto affascinante per me e anche un territorio completamente inesplorato, di cui non conoscevo nulla e questa curiosità mi ha spinta a prima cercare e poi trovare lavoro lì. Ho passato mesi di intenso scouting di cantine americane che erano interessate ad una esperienza simile alla mia: una sinergia tra ricerca di professionalità internazionale e occasioni che potessero sfruttare al meglio il mio background.

Sicuramente il fattore italico può aver influito nella scelta dell’azienda statunitense, anche perché gli italiani all’estero vengono sempre considerati portatori di creatività, con spirito imprenditoriale e relazionale, ma al tempo stesso in più gli americani cercano sempre nuove strade nel campo del marketing (basti pensare che i maggiori esperti di marketing vengono dalle più grandi università americane).

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In ogni caso, l’importanza del brand in quanto esperienza personale vissuta dal consumatore sta poi alla base del marketing esperienziale.

Può spiegarmi che cos’è precisamente il marketing esperienziale e come viene praticato nell’ambito della degustazione del vino e in particolare nella Napa Valley?

In poche parole, il marketing esperienziale è una branca del marketing che canalizza le strategie dell’azienda più verso la creazione di esperienze memorabili (che coinvolgono sensi, emozioni e percezioni dei consumatori) che nella promozione del prodotto in sé stesso.

Questo tipo di marketing crea un vero e proprio legame emotivo, interattivo e partecipativo tra il consumatore e il brand, consentendo al consumatore stesso di essere parte attiva della narrazione del brand.

Non a caso, le attività di marketing esperienziale includono principalmente eventi ed esperienze “in-store”. Il successo del marketing esperienziale è spesso misurato più nel lungo periodo, cioè come una “brand loyalty” (fidelizzazione al marchio) del cliente piuttosto che solo nella pura vendita “tout court”.

Quale è stato l’impatto, per un’italiana come lei, con la lingua e il modo di comunicare americano?

Ho sempre studiato inglese, ma il mio accento ha reso subito riconoscibile la mia origine italiana. Non nego che all’inizio ciò mi infastidiva, poi ho capito che non dovevo perderlo né nasconderlo e potevo farlo diventare un mio punto di forza. Ho sempre notato che quando parlavo con le persone, erano sempre più attratte (del tipo “please keep talking”) dal mio accento e più disponibili e interessate ad ascoltare ciò di cui stavo parlando.

Si dice che gli italici possiedano un ampio potere di relazione, che cioè gli italiani e gli italofoni in generale siano abili a relazionare: è d’accordo con questa affermazione? E nel suo caso, l’essere italofona e italica le è servito?

Rispondo assolutamente sì, a entrambe le domande! Noi italiani siamo loquaci e ci piace parlare tanto e di tutto, ma nel mio caso il fatto di essere italiana è stata la chiave di svolta, soprattutto a livello professionale. Il rapporto tra me e i clienti cambiava drasticamente, era come se mi permettessero di legare e di creare una connessione emotiva con loro e di conseguenza è sempre nata un’esperienza d’acquisto e anche opportunità di ritorno di clienti proprio grazie all’esperienza che avevano avuto con me (anche grazie al mio accento italiano).

La tradizione dei vini californiani è piuttosto recente ma i loro prodotti sono molto apprezzati: si può affermare che la fama della Napa Valley vinicola sia cresciuta o possa ancora crescere attraverso il marketing esperienziale?

Allora, posso affermare che gli americani danno molta importanza all’esperienza che vivono. Non a caso utilizzano piattaforme, app, forum per prendere decisioni, sulla base delle esperienze degli altri.

Loro basano l’acquisto o in generale la loyalty ad un brand sull’esperienza vissuta, il coinvolgimento o sul ricordo positivo che hanno ricevuto e vissuto.

Detto questo, la Napa Valley è cresciuta moltissimo in breve tempo, considerando che è stata riconosciuta ufficialmente come area vitivinicola solo nel 1981, grazie al marketing esperienziale. Le aziende hanno investito nella creazione di “experiences”, attuando le loro strategie attraverso occasioni “on-site” e riuscendo a trasformare la stessa promozione dei loro prodotti in una esperienza.

Tutto in quell’area è un’esperienza, dal paesaggio, al cibo – in gran parte di influenza italiana – al vino, alle strade fino alle cittadine sparse per la valle.

Lei ha cominciato a praticare questo lavoro già in Italia, cosa è necessario per fare il “grande salto” atterrando, come ha fatto lei, sul continente americano e in uno dei luoghi più prestigiosi della produzione vinicola attuale?

Penso che per me sia stato un mix di frustrazione, per quello che l’Italia in quel momento mi offriva, e voglia di cambiamento, con anche una buona dose di ambizione, coraggio e impulsività.