L’e-commerce non è più un trend
L’e-commerce sta compiendo un ulteriore salto. E ne abbiamo una conferma autorevole.
Parliamo del recente studio condotto da Netcomm (Consorzio del Commercio Digitale in Italia) in collaborazione con The European House-Ambrosetti dal titolo “Il ruolo e il contributo dell’e-commerce e del digital retail alla crescita dell’Italia”.
Di fatto, la rete del valore dell’e-commerce in Italia vale oggi ben 71 miliardi di euro e si posiziona al primo posto tra le 99 attività economiche italiane per incidenza sul fatturato complessivo del settore privato, arrivando a pesare per il 40,6% della crescita di fatturato nel quinquennio 2016-2020. Per di più, la penetrazione dell’online sul totale delle vendite retail in Italia era del 20% nel 2021 e si prevede un aumento del 25% entro il 2025.
È così che possiamo «decretare una volta per tutte la fine della concezione di e-commerce come un semplice ‘trend’», afferma Roberto Liscia, Presidente del Netcomm, secondo cui «la rete del valore del commercio digitale è molto di più: stiamo parlando di una filiera concreta e tangibile che fa crescere la nostra economia più di tutte le altre 98 attività economiche prese in considerazione».
Andando più nel dettaglio dello studio, principalmente sono due i macro-aggregati della filiera:
Vendite online → comprendono i marketplace e i retailer attivi sui canali online, in cui operano 673 mila imprese distribuite in tutta Italia con una prevalenza al Nord-Ovest;
Servizi a supporto delle attività di e-commerce → ci sono circa 50 mila aziende nel nostro territorio, in questo caso, prevalentemente nel Mezzogiorno.
Tramite un sondaggio, diverse imprese hanno dichiarato come la vendita online abbia permesso di avere un rapporto diretto con la clientela e di offrire un’esperienza più completa e soddisfacente (in misura maggiore nel B2C rispetto al B2B). Questo ha permesso di ridurre i costi di gestione dell’ordine, mentre per una minima parte degli imprenditori, ciò ha implicato un ridimensionamento della rete fisica retail, a conferma della convivenza tra mondo online e offline.
Per quanto riguarda il futuro, c’è preoccupazione per l’ambito delle risorse umane e l’upgrade delle competenze digitali. A sottolinearlo, l’indice DESI (Indice Digitalizzazione dell’Economia e della Società) che analizzando i più importanti settori e aspetti della digitalizzazione dei paesi appartenenti all’Unione Europea, colloca l’Italia al 7° posto per le Tecnologie Digitali per il business, a dimostrazione della forte evoluzione in ambito digitale. Eppure, ci troviamo ultimi in classifica per quanto riguarda le Competenze Avanzate e lo Sviluppo, e quartultimi per le Competenze Internet degli utenti.
Un controsenso, quindi, considerato che le istituzioni riconoscono strategiche le tecnologie immateriali essendo parte del PNRR e Piano Nazionale “Transizione 4.0”. La ciliegina sulla torta sarebbe includere i finanziamenti per i corsi di formazione relativi alle tecnologie in questione, al momento non ancora facenti parte del piano.
Staremo a vedere…