Spetta il Tfr, e non la buonuscita, ai docenti universitari in aspettativa presso la Pa

di Walter Quattrocchi -
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La precisazione dell’Inps riguarda coloro che svolgono contratti a tempo determinato

Ai docenti universitari in aspettativa per un periodo determinato presso una pubblica amministrazione spetta il Tfr e non l’indennità di buonuscita.

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L’Inps interviene così a chiarire la posizione previdenziale, in tema di trattamenti di fine servizio, dei docenti universitari collocati in aspettativa a domanda, per lo svolgimento di incarichi oggetto di contratto a tempo determinato con pubbliche amministrazioni, come l’assunzione di incarico di direzione di istituti e laboratori extrauniversitari di ricerca, le elezioni a cariche pubbliche elettive in ambito nazionale ed europeo, la nomina a cariche di organi istituzionali italiani e alle Nazioni Unite, la nomina a direttore, condirettore e vice direttore di un giornale quotidiano, la nomina a incarichi dirigenziali presso pubbliche amministrazioni.

In particolare si era posta la questione se, con riferimento ad incarichi che accedono a contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati con pubbliche amministrazioni, prevalesse la tutela che considera questi periodi utili ai fini dell’indennità di buonuscita, spettante in relazione alla posizione di docente universitario ovvero se, per questi stessi periodi, spettasse il trattamento di fine rapporto, connesso e commisurato alle retribuzioni e ai servizi del rapporto di lavoro a tempo determinato costituito per l’incarico, al pari di quanto avviene per gli altri dipendenti pubblici che si trovano nella medesima condizione.

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Occorre ricordare che al personale non contrattualizzato come i docenti universitari, ricercatori, militari, magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, personale appartenente alle carriere prefettizie e diplomatiche, personale della Camera, del Senato e della Segreteria della Presidenza della Repubblica, forze di polizia ecc., in tema di trattamenti di fine servizio, continua ad applicarsi la disciplina dell’indennità di buonuscita, anche se assunti successivamente al 31 dicembre 2000, data a partire dalla quale invece al personale contrattualizzato viene applicata la disciplina del trattamento di fine rapporto (Tfr).

Con i termini “indennità di buona uscita” e “trattamento di fine rapporto” si indica una somma in denaro corrisposta una tantum al dipendente che cessa dal servizio presso il relativo datore di lavoro.

La diversità di denominazione è dovuta al fatto che differenti sono i presupposti di liquidazione, le modalità di determinazione delle relative indennità, i sistemi di calcolo delle indennità medesime.

L’indennità di buona uscita, che spetta ai lavoratori iscritti al fondo di previdenza per i dipendenti civili e militari dello Stato, gestito dall’Inps, assunti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000 (dal 1° gennaio 2001 si applica la disciplina del trattamento di fine rapporto, ad eccezione del personale non contrattualizzato), risulta nettamente conveniente laddove si prefiguri una carriera di lavoro molto dinamica, caratterizzata da promozioni ed aumenti retributivi consistenti, conseguiti nell’ultimo periodo di lavoro (per esempio nomina a dirigente o similare), al limite anche nell’ultimo giorno di servizio, come avveniva per i militari prima di settembre 2015.

Ma nel caso, precisa l’Inps, in cui il docente universitario non riprenda più servizio nel ruolo di provenienza, perché nel corso dell’aspettativa il rapporto di lavoro a tempo indeterminato si risolve per cause dipendenti o indipendenti dalla volontà dell’iscritto, spetta una doppia tutela: l’importo dell’indennità di buonuscita maturata alla data di inizio dell’aspettativa dovrà essere rivalutato e corrisposto unitamente alle quote di Tfr spettanti per il rapporto di lavoro a tempo determinato.