Fino a 10 mila euro non è reato non pagare i contributi

di Rosaria Barrile -
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L’evasione, precisano i consulenti del lavoro, non è stata depenalizzata tout court, perché sopra quella soglia è confermata la natura penale dell’illecito

Per la legge italiana, il datore di lavoro che non paga i contributi non commette più reato e pertanto non può essere penalmente perseguibile, ma solo a condizione che l’evasione, complessivamente, non superi i 10mila euro all’anno.

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A stabilirlo è il decreto legislativo numero 8 del 2016 del 6 febbraio 2016 che, con l’articolo 3, comma 6, sostituisce il comma 1 bis dell’articolo 2 del decreto legislativo numero 463 del 1983, che puniva con la reclusione fino a tre anni l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.

A precisare meglio i contenuti delle nuove norme è la Fondazione Studi dei consulenti del lavoro.

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Al di sotto dei 10 mila euro annui, sottolinea la Fondazione, “l’omissione è punita soltanto con una sanzione amministrativa pecuniaria, che va da un minimo di 10 mila euro a un massimo di 50 mila euro”.

“Le nuove norme dunque non hanno depenalizzato tout court l’omesso versamento degli importi dichiarati come ritenuti dalla retribuzione a titolo previdenziale ed assistenziale, ma hanno introdotto un duplice regime, dipendente dalla soglia dei 10 mila euro annui, il cui superamento conferma la natura penale dell’illecito “.

Il datore di lavoro può evitare inoltre la sanzione amministrativa, se provvede al versamento di quanto dovuto entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Le nuove norme si applicano anche alle violazioni commesse prima della data di entrata in vigore del decreto a patto che il procedimento penale a carico del datore che non ha versato i contributi non sia già terminato e sia stata emessa la sentenza.