Fidelity – 2018: alla ricerca del rendimento

Charles McKenzie -

Il 2017 sarà ricordato come un altro anno di buoni rendimenti per il segmento obbligazionario. I timori di una correzione delle obbligazioni sono caduti ancora una volta nel vuoto ma sicuramente torneranno a farsi sentire nel 2018.

Il 2017 è stato segnato non tanto dall’attività delle banche centrali e dalla riduzione degli incentivi, quanto piuttosto dall’incapacità dell’inflazione di rispondere all’accelerazione della crescita globale
Le banche centrali sono state molto prudenti e hanno mantenuto i tassi ridotti per un periodo di tempo prolungato, incoraggiando l’aumento degli squilibri finanziari portando il debito a livelli record: superiore al 260% del PIL globale.
Negli Stati Uniti il ciclo dei tassi d’interesse sta per entrare nel suo terzo anno. È improbabile che il nuovo Presidente della Fed voglia modificare l’approccio della banca centrale, per cui ci aspettiamo due rialzi dei tassi nel 2018, con un orientamento prudente da parte della Fed. I dati economici favorevoli, le vette raggiunte dai mercati finanziari e l’andamento del dollaro dovrebbero convincere la Fed a proseguire per il momento una restrizione monetaria graduale.
Nell’Eurozona l’espansione economica evidenzia le proporzioni più vaste mai registrate dalla crisi finanziaria. Le ferite del settore bancario sono in via di guarigione; gli squilibri fiscali è improbabile che si manifestino fino al prossimo ciclo. Un problema più urgente per le autorità è invece l’assenza di inflazione.
Pur considerando lo scarso entusiasmo per l’attuale programma di QE e le sue ramificazioni internazionali, la BCE stenterebbe a giustificare un’accelerazione del ritmo di normalizzazione della politica monetaria data la debolezza dell’inflazione nell’area euro.
In Giappone, il miglioramento della crescita e l’erosione dell’output gap potrebbero incoraggiare la Bank of Japan a incrementare il target dei rendimenti dei decennali sul finire del 2018.
Negli altri mercati, l’attenzione sarà concentrata sull’economia cinese che influenzerà l’andamento della regione asiatica, delle materie prime e della propensione al rischio più in generale. A fronte del forte indebitamento, le recenti impennate dei rendimenti obbligazionari in CNY ci ricordano la fragilità e gli squilibri insiti in tale economia, sebbene i policymaker cinesi dispongano di parecchie riserve di liquidità per gestire qualsiasi arretramento.

Quanto ai mercati obbligazionari, la crescita sostenuta e un ulteriore aumento dei tassi statunitensi dovrebbero esercitare pressioni cicliche al rialzo sui rendimenti globali. Su questi mercati permangono tuttavia i fattori di supporto strutturali che hanno mantenuto i rendimenti contenuti per un periodo prolungato: debito, dinamiche demografiche, ristagno della produttività e scontento politico. Nel complesso ci aspettiamo un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato nel 2018, ma solo di poco superiore a quanto già scontato nei mercati.
Nel 2017 i mercati del credito hanno beneficiato di un forte dinamismo dell’economia e di un contesto favorevole in termini di tassi d’interesse. Se queste condizioni di stabilità persistono, i segmenti a più alto rendimento del mercato dovrebbero continuare a sovraperformare, sostenuti dal carry e da un restringimento degli spread oltre gli attuali livelli. La cautela fra gli investitori è un limite per il rialzo dei mercati soprattutto a causa delle valutazioni elevate e conseguentemente i titoli “investment grade” rimangono privilegiati propiro perché offrono protezione per resistere ai rallentamenti economici.
Dato il generalizzato livello ridotto degli spread, le opportunità regionali da cogliere sono meno numerose rispetto agli anni precedenti. Il debito dei mercati emergenti offre tuttavia un discreto potenziale di rendimento. Vediamo opportunità anche nelle asset class che hanno rendimenti paragonabili a quelli dei mercati high yield tradizionali, ma con un rischio di credito sottostante analogo a quello delle obbligazioni investment grade.

In questa fase avanzata del ciclo economico i portafogli dovrebbero puntare ad una diversificazione più intelligente riducendo i rischi di concentrazione che generalmente sono dati dagli approcci basati su benchmark a moneta unica. Invece per gli investitori che dispongono di un’ampia gamma di strumenti, le soluzioni in una fase avanzata del ciclo possono contemplare una copertura dinamica del portafoglio, che enfatizza gli indicatori anticipatori di stress del mercato, quali liquidità, momentum e posizionamento.
La soluzione più importante è in definitiva la selezione attiva delle obbligazioni. Vista la scarsa dispersione tra i mercati del credito, questo è un buon momento per incrementare la qualità dell’esposizione obbligazionaria senza rinunciare a un rendimento significativo. Ad esempio, lo spread tra i titoli con rating BBB e BB è prossimo a un minimo storico, per cui gli investitori dovrebbero domandarsi se valga la pena assumere maggiori rischi nella ricerca di rendimento.


Charles McKenzie – Chief Investment Ofiicer Obbligazionario – Fidelity International