Il Coronavirus scuote i mercati: cosa succederà alla crescita mondiale?

Capital Group -

I titoli globali hanno perso fortemente terreno lunedì dopo la conferma della diffusione del virus in Italia, Corea del Sud e Iran, sollevando nuovi interrogativi sui possibili danni per l’economia mondiale e le filiere produttive dipendenti dalla Cina.

L’aumento del numero di infezioni in Europa, in particolare, ha indotto i mercati a rivalutare il rischio di una pandemia globale, anche se il numero di casi riportati nella Cina continentale è diminuito dopo l’accelerazione dell’epidemia rilevata intorno al 17 gennaio.

“Fino a questa settimana, il giudizio dei mercati sul coronavirus è stato relativamente benigno, ma la diffusione oltre i confini asiatici ha fatto salire il livello d’allerta tra gli investitori”, spiega Jody Jonsson, portfolio manager di Capital Group. “Il mercato sta cominciando a considerare i possibili effetti sul commercio e sui viaggi globali. Il mercato obbligazionario teme le condizioni recessive in alcune aree, tra cui Cina, Giappone e possibilmente Europa. L’impatto sull’economia statunitense è più difficile da calcolare”.

Al 24 febbraio sono oltre 77.150 i casi riportati e l’epidemia si è diffusa al di fuori della Cina. Prima della correzione di lunedì, i mercati emergenti avevano avvertito il colpo più duro, arretrando di oltre il 5% dal 17 gennaio al 21 febbraio. I titoli cinesi hanno perso più del 4% e quelli thailandesi hanno lasciato sul terreno più del 10%. Di contro, le azioni europee si sono deprezzate di appena l’1%.

L’impatto sulle filiere produttive è pienamente inglobato nei prezzi?

Visto il ruolo prominente giocato dalla Cina in veste di seconda economia mondiale per dimensioni, una delle domande più pressanti per i mercati riguarda il potenziale impatto sulle filiere produttive globali e le relative ricadute sulle multinazionali e sull’attività economica in altri paesi.

Cosa succede, ad esempio, se la Cina non può spedire i prodotti intermedi richiesti negli Stati Uniti, in Corea del Sud o in Giappone per assemblare le merci finite? Ci sono abbastanza autotrasportatori? I porti hanno container a sufficienza?

“Credo che il mercato azionario stia sottovalutando i blocchi alle filiere produttive che vanno accumulandosi”, sostiene Stephen Green, economista di Capital Group di stanza a Hong Kong. “C’è ancora molto da fare perché la gente torni al lavoro nelle grandi città, e i governi locali sono sotto intense pressioni per far ripartire le loro economie”.

Apple, che dipende fortemente dagli impianti produttivi cinesi, è l’esempio più eclatante degli effetti a catena che il coronavirus sta avendo sulle imprese globali. Il 17 febbraio, la casa produttrice dell’iPhone ha avvertito che i ricavi del trimestre in corso saranno inferiori alle attese.

Con circa 40 milioni di persone messe in quarantena in Cina, gran parte dell’attività economica del Paese si è fermata nel corso dell’ultimo mese. Ad oggi, gli spostamenti fisici delle merci sono stati limitati dai blocchi autostradali e dagli accessi vietati a magazzini e snodi logistici. Ciò può mettere a repentaglio la fragile ripresa in atto nel settore manifatturiero europeo, e la Germania è la nazione più vulnerabile in virtù dei suoi legami commerciali. Anche Francia e Italia presentano un’esposizione rilevante alla Cina attraverso il turismo, i servizi e i beni di lusso.

Prospettive economiche per la Cina

L’economia cinese stava già procedendo al ritmo più lento degli ultimi 30 anni prima che venisse resa nota l’epidemia nella città di Wuhan, sita nella Cina centrale. Il rischio è che l’economia cinese venga trascinata in una fase di rallentamento ben più pronunciata di quanto inizialmente pronosticato, con la crescita in decelerazione probabilmente fino a giugno prossimo a un tasso nettamente inferiore al 6% degli ultimi trimestri.

“La complessità e i tempi di questa epidemia potrebbero rendere la ripresa di una traiettoria normale di crescita più lenta e imprevedibile”, afferma Kent Chan, Investment Director presso Capital Group. “Le filiere produttive globali sono più rigide e più dipendenti dalla Cina rispetto al 2002 e al 2003, quando il Paese fu colpito dall’epidemia di SARS”.

Capital non formula un giudizio aziendale (“house view”), ma l’opinione generale è che la Cina registrerà un rallentamento della crescita economica per almeno un trimestre, con la possibilità concreta di danni economici per due trimestri consecutivi. Poiché la Cina rappresenta ormai quasi il 20% del prodotto interno lordo mondiale, il rallentamento cinese causato da questa epidemia potrebbe avere impatti più ampi rispetto all’epidemia di SARS del 2003.

I massimi funzionari cinesi hanno affermato che riportare l’economia alla normalità è la priorità numero uno. Hanno inoltre sostenuto che il coronavirus è un ostacolo solo temporaneo all’espansione economica. Fino a questo momento, tra le misure di stimolo varate da Pechino figurano i tagli dei tassi d’interesse, l’offerta di maggiore liquidità alle piccole e medie imprese e la proroga delle riscossioni dei debiti.

Implicazioni per gli investimenti globali

Il virus sta facendo sentire i suoi effetti sulle imprese di tutto il mondo.

Starbucks ha chiuso quasi la metà dei suoi 4.300 bar in Cina. Molte compagnie aeree statunitensi hanno cancellato i voli diretti in Cina. Inoltre, alcune aziende stanno rivedendo al ribasso le stime sugli utili 2020, e tra queste figurano alcune delle maggiori compagnie di crociera e dei più famosi marchi di consumo.

Alcune società stanno cancellando le conferenze programmate in città come San Francisco e New York temendo la diffusione del virus.

“In alcuni casi, sono le aziende esterne alla Cina ad accusare il colpo più duro. Chiaramente, le compagnie aeree e di crociera rientrano in tale categoria”, afferma Jonsson. “Ma ciò sta imprimendo slancio ad altri settori, come il commercio elettronico e il gioco online. Con molte persone costrette a rimanere a casa, il consumo di intrattenimento casalingo e lo shopping online registrano aumenti vertiginosi”.

Ciò vale sicuramente per il colosso tecnologico cinese Tencent, che gestisce una delle più grandi piattaforme al mondo di videogiochi e social media.

“Relativamente ad alcuni settori, ho deciso di restare in attesa degli sviluppi futuri. Ad esempio, nel caso delle aziende del lusso o di quelle legate ai viaggi, credo che dobbiamo appurare la diffusione effettiva del virus prima di prendere decisioni importanti”, aggiunge Jonsson.