L’incremento delle esportazioni cinesi rafforza lo Yuan

Isabel Ye -

Il renminbi si è apprezzato dell’8% – rispetto all’euro – dal suo minimo a metà del 2020. Nei confronti del dollaro, contro il quale la valuta cinese ha già toccato il minimo a fine maggio dello scorso anno, si registra un aumento addirittura del 9,5%.

Il fatto che lo yuan sia stato in grado di rafforzarsi così tanto ha, ovviamente, molto a che fare con la grande ripresa che il gigante asiatico ha registrato durante il periodo della pandemia.

Tuttavia, lo slancio della ripresa economica cinese si è in qualche modo indebolito di recente a causa delle epidemie locali di COVID-19 innescate da Delta, dei prezzi elevati delle materie prime, del rallentamento dell’attività delle fabbriche, amplificato dai problemi energetici e dall’inasprimento delle misure per frenare l’impennata dei prezzi sugli immobili in Cina. I risultati sul PIL per il terzo trimestre hanno mostrato che l’economia è cresciuta solo del 4,9% su base annua e dello 0,2% rispetto al trimestre precedente.

Inoltre, la ripresa più rapida del previsto del commercio mondiale ha creato un’enorme carenza di capacità nel trasporto marittimo e, a causa della conseguente carenza di container, i prezzi sono saliti alle stelle: mentre la prenotazione di un container costava in media circa $ 2.000 fino a un anno fa, il mese scorso sono stati pagati importi fino a $ 18.000.

In questo contesto, la domanda da porsi è se sia giunto il momento in cui questi elevati costi di trasporto possano frenare la domanda di prodotti dalla Cina e se, di conseguenza, il prezzo dello yuan possa subire pressioni.

Riteniamo che questo scenario sia ben lontano dall’avverarsi, poiché i dati sulle esportazioni cinesi, ad agosto, sono aumentati oltre ogni aspettativa. Tuttavia, ciò non toglie che gli attuali costi di trasporto non siano sostenibili a lungo termine per molti settori; a questo proposito, i costi dei container marittimi sembrano essersi alquanto stabilizzati, lo dimostra il fatto che i contratti per le consegne a fine anno sono stati chiusi a livelli leggermente inferiori. Inoltre, indipendentemente da questo fattore, la realtà è che attualmente non ci sono molte alternative alla Cina: né in termini di qualità, né di volumi e velocità ci sono Paesi che oggi possono eguagliare la filiera che questo Paese fornisce. In altre parole, non prevediamo un calo significativo della domanda di prodotti cinesi e da questo punto di vista non prevediamo uno yuan più debole.

Va anche detto che il calo delle quotazioni azionarie cinesi quest’anno non ha avuto un impatto negativo nemmeno sul cambio dello yuan. Le prospettive a lungo termine per gli investitori in Cina rimangono buone, i maggiori rendimenti a lungo termine sono supportati in parte dal differenziale di crescita della Cina rispetto ai paesi e alle regioni più sviluppate. Molti analisti si aspettano, inoltre, che la Banca Centrale cinese effettui ulteriori tagli entro la fine dell’anno nella quantità di contanti che le banche devono detenere come riserve presso la Banca Centrale, questa misura, se si verifica, potrebbe stimolare ulteriormente la crescita economica.

Pertanto, la somma di tutti questi fattori ci porta a pensare che l’ascesa del renminbi non si interromperà per il momento, tenendo conto che non sono solo l’offerta e la domanda a determinare il tasso di cambio della valuta cinese. La Banca Centrale cinese utilizza ogni giorno un paniere ponderato di valute per stabilire fasce all’interno delle quali lo yuan può muoversi. Questo paniere contiene 24 valute, di cui il dollaro ha il peso maggiore (circa il 20%), seguito dall’euro (oltre il 17%). E la ponderazione di tali valute dipende principalmente dal volume degli scambi della Cina con il paese o la regione in questione.

Bisogna evidenziare che la Banca Centrale cinese vuole ripulire l’immagine che ha sempre avuto di manipolatrice dei prezzi, affinché non si ripetano più i duri interventi di qualche anno fa. Attualmente, la People’s Bank of China vuole promuovere il processo di internazionalizzazione dello yuan e posizionarlo come valuta di riserva, in modo che la sua stabilità possa attrarre un numero maggiore di investitori aziendali e istituzionali esteri.

A questo proposito, non è un caso che la banca d’affari Goldman Sachs abbia recentemente suggerito che lo yuan sarà la terza valuta di riserva mondiale nel 2030 (dopo dollaro ed euro), e che la previsione è che ci saranno sempre più investitori esteri che cercheranno rifugio nei titoli (governativi) cinesi. Questo apprezzamento è coerente con il fatto che sempre più titoli di stato cinesi vengono emessi in valuta locale e che i loro rendimenti (quasi il 3% per i titoli di stato cinesi a 10 anni) sono a livelli relativamente interessanti rispetto a quelli di altre grandi economie.

In conclusione, prevediamo che lo yuan, nei confronti del dollaro, si attesti intorno ai 6,25 yuan per dollaro entro la fine di quest’anno e che continui questo trend almeno fino alla fine del 2022. Nei confronti dell’euro, prevediamo un cambio al fine anno di 7,40 yuan per euro, e che per il prossimo anno rimarrà relativamente stabile, anche se non escludiamo che entro la fine del 2022 possa raggiungere livelli di 7,32 yuan per euro.