Italia: potenziale da 90 miliardi di euro dal riciclo dei rifiuti

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Ogni anno, a livello globale, consumiamo 1,7 volte la quantità di risorse che il pianeta è in grado di rigenerare nello stesso tempo, estraendo 100 miliardi di tonnellate di nuove risorse all’anno, di cui ne ricicliamo meno del 9%. Questo approccio non è più sostenibile: abbiamo bisogno di nuovi modelli economici – dalle tecnologie produttive fino alle logiche di consumo – capaci di sostenere un discorso di sviluppo e non solo di crescita, riducendo l’utilizzo di materie prime, abbattendo le e emissioni di CO2 dai settori non energetici e creando nuovi profili professionali e opportunità lavorative. Il potenziale è significativo: un modello economico circolare può contribuire alla crescita del PIL europeo fino al 7% e alla creazione di 2 milioni di posti di lavoro nel Vecchio Continente entro il 2030.

L’analisi del settore Waste Management and Recycling di Bain & Company evidenzia come ogni anno, solo in Italia, siano destinate al riciclo quasi 110 milioni di tonnellate di rifiuti (oltre il 65% del totale dei rifiuti prodotti annualmente), con un giro d’affari che nel 2022 si è attestato oltre quota 70 miliardi di euro, con un profit pool stimato di circa 12 miliardi di euro.

“Nei prossimi 10 anni, il giro d’affari nel nostro Paese è atteso in crescita del +30%, a 90 miliardi di euro, con profitti in aumento di oltre 4 miliardi, per attestarsi a 16 miliardi al 2030. In questo contesto, il settore del riciclo giocherà un ruolo centrale nella transizione ecologica e nella trasformazione dei modelli economici da lineari a circolari. Infatti, accanto all’ottimizzazione dell’utilizzo di risorse e alla riduzione della produzione di scarti, è indispensabile efficientare e ridisegnare i processi di raccolta, gestione e riciclo di imballaggi, beni e prodotti” spiega Roberto Prioreschi, Regional Managing Partner SEMEA di Bain & Company.

Da questo punto di vista, secondo il nuovo Report di Bain, l’Italia negli anni ha saputo dar vita a processi fiorenti, grazie all’intraprendenza di molte delle sue imprese che hanno recuperato rifiuti per riavviarli alla produzione, anche grazie al proprio DNA, trattandosi di un Paese da sempre contraddistinto da scarsità di materie prime a partire dai metalli ferrosi e non.

“Nei prossimi anni questi valori sono previsti in forte crescita grazie alla spinta della normativa Europea e nazionale, al contributo dello sviluppo tecnologico green, alla crescente sensibilità e attenzione dei consumatori, all’interesse degli investitori e all’urgenza da parte delle imprese di adottare modelli di business sempre più resilienti agli shock. Assisteremo ad una profonda trasformazione del settore e questo implicherà una necessità, per gli operatori, di sviluppare nuove partnership e abilitare veri e propri ecosistemi circolari”,commenta Alessandro Cadei, Senior Partner e responsabile della Practice Energy & Utilities a livello EMEA.

Ci sono alcune azioni puntuali che le aziende del settore dovranno intraprendere nei prossimi anni. Innanzitutto, consolidare, fin da subito, una posizione a valle della catena del valore, per cogliere l’incremento del profit pool nel riciclo e produzione di manufatti da materie prime seconde, sfruttando così un momento “strategico” nell’economia circolare, ovvero la fase dove il rifiuto cessa di essere tale (i.e. End-of-Waste) e diventa materia prima seconda (MPS).

Inoltre, queste realtà dovranno promuovere ecosistemi e piattaforme circolari (e.g. modelli di simbiosi industriale e distretti circolari) su cui costruire nuove opportunità di business. Stimolare nuovi servizi e rilanciare la centralità del cliente, sviluppando soluzioni su misura per i clienti industriali – come la riduzione/rigenerazione dei rifiuti in loco – definendo allo stesso tempo nuovi standard per i materiali riciclati.

Sarà centrale anche sviluppare nuove partnership con i produttori di imballaggi e beni, in un rapporto win-win in cui le società attive nella gestione dei rifiuti si impegnano a garantire un flusso costante di materie prime seconde, garantendone la tracciabilità (ad esempio attraverso le blockchain), mentre i produttori di beni condividono il know-how per garantire approccio up-cycling.

Infine, la ricerca Bain evidenzia quanto sia imprescindibile, in questo processo, accelerare la trasformazione digitale e tecnologica per migliorare soluzioni già esistenti (e.g. selezione basata su intelligenza artificiale) e/o non ancora pienamente industrializzate per incrementare velocemente i livelli di riciclo.

“È una sfida importante”, conclude Prioreschi, “quella che le aziende del settore ambientale e del riciclo hanno davanti a loro: un percorso di profonda e inarrestabile evoluzione. Tale sfida può diventare un’opportunità per chi saprà anticipare le richieste del mercato, guardando fin da ora ai nuovi modelli di business che ridisegneranno intere filiere in logica circolare, dal tessile ai rifiuti elettronici, massimizzando il riuso di materie prime”.