Retribuzioni in Italia. Il confronto non va fatto con la retribuzione mensile, ma con quella annuale

Roberto Targetti -

— Le retribuzioni in Italia — 

di Roberto Targetti 

LE RETRIBUZIONI IN ITALIA SONO BASSE?     3° parte

Facciamo seguito all’articolo di due settimane fa e a quello della settimana scorsa per concludere l’argomento

Il confronto fra i vari Paesi va fatto con le retribuzioni annuali

Sempre in tema di confronti bisogna domandarsi: che cosa confrontiamo? Abbiamo detto che occorre riferirsi alla retribuzione annuale, che è completa, e non a quella mensile, che al contrario non è completa.

Ma che cosa confrontiamo?

I contratti di lavoro sia collettivi sia individuali si riferiscono sempre alla retribuzione lorda, vale a dire quella dalla quale devono essere dedotti i contributi previdenziali e le imposte a carico del lavoratore. Ciò avviene perché il datore di lavoro si impegna ad un lordo che rimane fisso, mentre se lo Stato modifica, ad esempio le aliquote fiscali, con queste (in carico o scarico al lavoratore) si modifica il netto. Diversamente se il datore di lavoro si impegnasse a corrispondere un netto dovrebbe modificare la retribuzione lorda ogni volta che vi fosse una modifica delle aliquote contributive previdenziali o fiscali in carico al lavoratore. Ciò è evidentemente improponibile e infatti non avviene.

Gli elementi per un serio e completo confronto

Sono tuttavia, in totale, tre gli elementi da utilizzare per un serio e completo confronto. Essi sono:

  • Il costo di ogni lavoratore a carico dell’azienda: si tratta della retribuzione lorda alla quale si aggiungono i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro che devono essere corrisposti all’Ente previdenziale (INPS) e che in Italia nel settore industria cubano per il 23% circa della retribuzione lorda. Ci sono inoltre altre voci di costo di importo meno cospicuo.
  • La retribuzione lorda, di cui abbiamo già detto. In Italia il lavoratore “industria” paga all’Ente previdenziale il 10% circa della sua retribuzione lorda. Sul 90% rimanente vengono calcolate le imposte. Il residuo è il “netto”
  • Il “netto”, cioè quanto il lavoratore porta a casa e può spendere.

Un esempio

Per comprendere appieno l’importanza di questo insieme facciamo un esempio:

  • Italia: un lavoratore di livello medio costa all’azienda 130/140, ha una retribuzione lorda di 100 e porta a casa un netto di 60.
  • Paese X: il lavoratore costa 120, ha una retribuzione lorda di 100 e porta a casa un netto di 75. Nel Paese X il lavoratore costa meno e ha un netto più alto.

Non vi è bisogno di ulteriori commenti.

Non è un caso che in Italia si continui a discutere di questa rilevante e non competitiva forbice tra il costo per l’azienda e il netto che il lavoratore può spendere.

Perché queste differenze?

L’analisi del perché di queste differenze porterebbe ad addentrarsi in complicati approfondimenti circa le politiche previdenziali e fiscali dei vari Paesi, del fatto che un Paese abbia puntato maggiormente sulla previdenza privata (collettiva e individuale) o abbia addossato tutto il peso su quella pubblica. Riguardo poi alle politiche fiscali occorrerebbe verificare quali servizi il lavoratore-cittadino ha in cambio delle imposte che paga. Ad esempio negli USA basse tasse e pochi servizi (vedi la sanità) e in Italia tasse alte e i servizi che conosciamo e che utilizziamo.

A noi, qui, basta notare che non si può confrontare tout court le retribuzioni tra diversi Paesi guardando qualche dato qua e là e traendo conclusioni superficiali o errate. Si tratta di confronti complessi e che richiedono una visione competente nello specifico, oltre che aperta all’intera società, alle sue politiche e ai suoi mercati.