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Normative antiriciclaggio, fatturazione elettronica e privacy. Come si comportano i cittadini?

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Parlando in generale, la cornice legislativa antiriciclaggio è oggi rappresentata dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, da ultimo modificato dal D. Lgs. 4 ottobre 2019, n. 125/2019. Con antiriciclaggio (Anti Money Laundering) si intende l’azione di prevenzione e contrasto del riciclaggio di denaro, beni o altre utilità. Si riferisce alle attività che gli istituti finanziari svolgono per ottenere la conformità ai requisiti di legge e per monitorare attivamente, e segnalare, operazioni sospette.

In particolare negli ultimi anni sono stata adottate numerose norme che vanno a incidere sul regime di utilizzo del contante, in particolare limitandone l’uso e favorendo l’utilizzo di strumenti tracciabili. Tali misure sono state considerate dal legislatore uno strumento chiave nella lotta ai fenomeni criminali e all’evasione fiscale. Con la Legge di Bilancio 2023 arriva il nuovo limite ai contanti di 5.000 euro.

Ma si è anche evidenziato nel tempo un atteggiamento ambivalente da parte dei cittadini, che ha dato origine a comportamenti molto distanti fra di loro. Vediamo nel dettaglio le normative su antiriciclaggio, fatturazione elettronica e privacy insieme all’economista Alessandro Arrighi.

Qual’è la conseguenza immediata di questa distorsione della norma?

“Per l’organizzazione malavitosa, non sarà poi difficile esportare la valuta all’estero”. 

“Personalmente ho dubbi persino sulla genetica delle norme sulla fatturazione elettronica, che, comunque, a prescindere dagli effetti eventualmente sperati, hanno l’effetto di consentire a chi gestisce grandi proventi in contanti, per esempio, gestendo spacciatori e prostitute, di potere conoscere tutte le spese fatturate ai propri collaboratori, prima ancora che tali spese possano essere oggetto di approfondimenti da parte dell’autorità giudiziaria.”

Mi scusi, è un concetto un po’ ardito, possiamo approfondirlo?
“Mi spiego meglio: se tutte le sere, ciascun “picciotto” incassa un totale 10.000 euro da diversi soggetti che lavorano per lui, per esempio da chi spaccia sulla strada droghe e pratica la prostituzione (stiamo parlano di più di 3 milioni l’anno), il livello gerarchicamente superiore della criminalità organizzata ha un interesse specifico a sapere, tempestivamente, anche attraverso informazioni che possono essere immediatamente disponibili ai propri affiliati che lavorano negli uffici pubblici, se parte di quei proventi sono passati sul sistema delle fatture regolari e prendere le dovute cautele; perché anche il sistema delle fatture regolari, magari fatte all’impresa che ha ricevuto il denaro a strozzo, rischia di consentire a eventuali inquirenti di risalire alla cosca, e quindi, prima che possano essere gestite dalle forze dell’ordine, le informazioni devono essere gestite dai professionisti “affiliati”. 

Non mi dirà che anche la normativa sulla privacy è stata aggirata e porta vantaggi alla criminalità organizzata?
“Invece sì. La terza normativa che va a vantaggio della criminalità organizzata è proprio quella sulla privacy, che impedisce la circolazione delle informazioni, o comunque prova a rallentarla; questa volta, non tanto sul piano finanziario, ma rispetto alle abitudini e allo stile di vita delle persone, in modo da rendere almeno potenzialmente più difficile la ricostruzione dei dati di realtà, anche per gli organi inquirenti. Questi ultimi, ovviamente, non hanno tali limitazioni sulla gestione delle informazioni, ma, non vi è dubbio che trovino una maggiore difficoltà nell’identificazione degli elementi di fatto, se questi ultimi sono meno conoscibili, o conosciuti, nel sistema sociale”.

Ma il legislatore non poteva pensarci prima?
“Non si vuole ovviamente sostenere che chi ha ideato queste tre norme così combinate tra di loro, avesse davvero il consapevole scopo di agevolare la criminalità organizzata, magari scambiando compensi elettorali; ma lo scopo di chi si occupa di economia in generale o, più umilmente, di economia aziendale, come me, è solo descrivere i risultati di una certa politica, lasciando gli aspetti epistemologici a filosofi e sociologi”.


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