E se andasse tutto per il verso giusto? Cauto ottimismo nell’aria

Brad Tank, Chief Investment Officer — Fixed Income di Neuberger Berman -
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Nelle ultime settimane l’inflazione statunitense è scesa al 3% e il suo tasso di crescita del Pil si è attestato ben al di sopra del 2%. Il Fondo Monetario Internazionale ha aggiornato le proprie previsioni di crescita del Pil a livello globale al 3% per l’anno in corso. Il tasso di disoccupazione rimane basso quasi ovunque. La volatilità dei mercati obbligazionari è diminuita, mentre i mercati azionari sono saliti. Inoltre, la scorsa settimana, i vertici delle banche centrali di Stati Uniti ed Europa hanno annunciato quelli che potrebbero essere i loro ultimi rialzi dei tassi per questo ciclo, senza particolari perplessità e con domande di circostanza da parte della stampa mondiale. Com’è possibile che una delle recessioni più annunciate della storia non si sia materializzata? Potrebbe essere ancora dietro l’angolo?

Mancanza di sincronia

Probabilmente gran parte di questa sorpresa è dovuta all’unicità del contesto post-Covid e al suo rallentamento economico. Possiamo pensare a questo quadro in due modi: mancanza di sincronia nella crescita economica globale e intricato contesto di politiche fiscali e monetarie. La mancanza di sincronia è riscontrabile sia tra le economie di Paesi differenti sia all’interno degli stessi. Nel primo caso, ad esempio, la Germania si trova in una fase di moderata recessione, mentre le altre grandi economie europee sono in ripresa. Gli Stati Uniti e il Giappone stanno superando le aspettative in termini di crescita economica, mentre la Cina sta deludendo. All’interno dei singoli Paesi abbiamo poi assistito a performance straordinariamente divergenti, ad esempio, tra il settore manifatturiero e quello dei servizi. Quest’anno, l’indice Pmi (Purchasing Managers’ Index) dei servizi negli Usa è entrato in territorio espansivo, contribuendo all’aggiunta di nuovi posti di lavoro e a un aumento dell’inflazione all’interno dell’economia, mentre l’indice Pmi manifatturiero non è mai stato in grado di uscire dai livelli associati a una contrazione. La stessa divergenza si è verificata in Cina, Giappone ed Europa, e proprio in quest’ultima area è stata più marcata. Nel complesso, questa mancata sincronia sembra aver portato ad una volatilità economica contenuta, in quanto gli aspetti positivi e quelli negativi si sono in gran parte annullati a vicenda.

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Politiche monetarie e fiscali

Per quanto riguarda le politiche monetarie e fiscali, l’opinione pubblica concorda sul fatto che la risposta, senza precedenti, di natura fiscale alla pandemia abbia alimentato l’inflazione nel 2022, riconoscendo che i suoi effetti sono stati un driver per il rallentamento dell’economia nel corso del 2023. È però sempre più evidente che le economie basate sui servizi sono più resilienti ai rialzi dei tassi rispetto a quelle basate sulla produzione di beni. In molti dei Paesi in cui i tassi sono aumentati, come Stati Uniti, Regno Unito e gran parte dell’Europa, le economie sono orientate ai servizi. Quelle in cui i tassi sono rimasti stabili, o sono scesi, sono invece economie più orientate alla produzione di beni, come Giappone, Cina e Paesi emergenti. La situazione è difficile, invece, nei pochi Paesi dove l’economia manifatturiera è stata colpita dall’aumento dei tassi, come la Germania.

Pericoli

Forse, nonostante la più importante inversione della curva dei rendimenti della storia, tutto si risolverà per il meglio. Vi sono tuttavia ancora dei rischi. Le tensioni geopolitiche rimangono elevate, non da ultimo quelle tra Stati Uniti e Cina, le due maggiori economie mondiali. La guerra divampa ancora ai margini dell’Europa e, come dimostra l’impennata dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia della scorsa settimana, in seguito agli attacchi ai porti ucraini sul Danubio, potrebbe ancora provocare una nuova ondata di inflazione. Gli stimoli fiscali inizieranno ad indebolirsi e, in alcuni casi, si trasformeranno in fattori negativi. Gli investitori dovrebbero anche tenere in considerazione la scossa di volatilità sulla curva dei rendimenti che ha fatto seguito al cambio di politica monetaria della Bank of Japan la scorsa settimana. Questo ci lascia pensare che un eventuale peggioramento dell’inflazione, che potrebbe accomunare il Giappone alla Germania come grande economia manifatturiera alle prese con i rialzi dei tassi, rimane un notevole rischio di coda. Eppure, nell’aria c’è un cauto ottimismo. Gli economisti della Federal Reserve non sono gli unici a escludere una recessione dalle proprie previsioni.

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