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Calano gli ascolti per tutta l’informazione, non solo in Rai

Luigi Crespi -
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Calano gli ascolti per tutta l’informazione — tratto da www.huffingtonpost.it — 

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Una forma di rigetto causata da una massa di notizie senza gerarchia che troppo spesso non ha l’obiettivo di informare, ma di generare traffico che paga i costi di una informazione sempre più degradata. Le polemiche sul presunto calo d’ascolto dei tg Rai “meloniani” si è rivelata quantomeno incauta visto che tale calo ha coinvolto tutta l’informazione televisiva, radiofonica e carta stampata in generale che in alcuni casi ha assunto il tono del vero e proprio crollo.

Un cambio di scenario

Sgombrato quindi il campo da polemiche strumentali, resta un cambio di paradigma che non è ancora stato analizzato a fondo. Un cambio di scenario che provo ad abbozzare e che parte dal ruolo dell’informazione negli ultimi due anni. L’informazione in tutte le sue forme ha svolto un ruolo centrale nell’esistenza delle persone in Italia e nel mondo, una funzione sociale che ha avuto un ruolo storico unico, che dovrà essere studiato nei prossimi anni, dato da una concentrazione di fatti rilevanti degni di una sceneggiatura di George A. Romero.
La scansione ansiogena dei caduti per Covid, le dirette in prime time del premier, l’idea che la storia nella sua peggiore manifestazione si dipani intersecandosi con la vita di ogni singola persona che cessava di essere target o audience per scoprirsi individuo con le proprie paure amplificate da un isolamento unico nella storia dell’umanità, il lockdown con un’unica finestra sul mondo capace di definire la realtà. Due anni, un tempo infinito e quando la pandemia sembrava finire, ci siamo ritrovati ostaggi della Maratona Mentana. Settimane in cui la conta dei caduti per Covid veniva sostituta da quella di Kiev. Una guerra che più di altre condizionava la nostra vita e pregiudicava il futuro già compromesso da due anni di delirio pandemico. Tutti erano drogati di informazione, tutti erano dipendenti dai tg.

Il tg1, l’Ammiraglia Rai

E come tutti gli esperti di comunicazione sanno, il tg1, l’Ammiraglia Rai, fa il boom degli ascolti (anche 5 o 6 punti percentuali in più) in determinate situazioni, davanti a tragedie, eventi epocali, grandi appuntamenti politici. E così allora il raffronto con il 2022 non può essere sottaciuto o ridimensionato. L’anno scorso, di questi tempi, sulla scia della paura della guerra, abbiamo avuto la caduta di Conte, l’avvento di Mario Draghi, la sua fine, la conseguente campagna elettorale per la prima volta nella storia svolta sotto gli ombrelloni, l’elezione del primo Premier donna e cosa dire del boom di ascolti per la morte della Regina Elisabetta o l’alluvione nelle Marche.

Ascolti alle stelle, senza precedenti, nel 2022

Ascolti alle stelle, senza precedenti, per un 2022 fantastico in termini di numeri. Vi rendete conto che il raffronto con il passato è insostenibile e chi lo fa senza avvertenze non fa informazione, ma mera propaganda aprendo spazi di riflessione sul ruolo e sulla funzione sociale della stessa, sul futuro dei quotidiani e della stampa su carta nell’era di internet, sulla qualità dell’informazione e sulla natura delle fonti e quindi su un concetto sempre più astratto che è la libertà, parola abusata ma troppo poco frequentata.
Resta una stanchezza della gente, una forma di rigetto che si sta estendendo e diventando fenomeno che viene mobilitata da una massa di notizie senza gerarchia che troppo spesso non ha l’obiettivo di informare ma di generare traffico che paga i costi di una informazione sempre più degradata e allora difendiamo spazi come quelli dei grandi Tg come il TG1 o il TG5.

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