I minatori spostano i loro servizi dal mondo Crypto a quello delle IA?
Un report svolto indipendentemente dalla società di ricerca e analisi on-chain Chainalysis e pubblicato in collaborazione con Coindesk descrive questo fenomeno.
Si individuano innanzi tutto quattro fattori in successione logica: Il prezzo di Bitcoin è ancora distante dai massimi del 2021, quando molti minatori hanno aperto le loro attività o aggiornato i propri hardware. In questo periodo di bear market, l’interesse collettivo si è spostato dal mercato web3 a quello dell’Intelligenza Artificiale. L’equipaggiamento usato dai minatori (nella misura di grandi quantità di chip e schede grafiche) è lo stesso richiesto dalle compagnie che sviluppano IA.
Attualmente, e in verità da qualche anno, è in corso una spaventosa crisi di offerta per questi componenti – il famoso “chip shortage” che ha spinto gli USA a puntare tantissimo a far riportare la produzione sul territorio statunitense. Tutto ciò ha portato molti impianti a prendere in considerazione l’opzione di cambiare settore.
L’opzione più acclamata al momento sembra quella di espandersi, usufruendo della sinergia tra IA e Crypto per mettere il proprio personale specializzato a disposizione di entrambi i servizi, diversificando le entrate (rendendo quindi i minatori meno dipendenti dalle fluttuazioni del valore di BTC).
Rimane da vedere come sia possibile massimizzare i rendimenti con l’aumentare della specializzazione delle componenti tecnologiche: un ASIC di ultima generazione sarà anche il top per l’industria del mining di BTC, ma è difficilmente componibile con altre industrie, altrettanto specialistiche.
Infine, potrebbe trattarsi di una scialuppa di salvataggio per un settore ad alto uso energetico minacciato dall’ostilità della politica economica Occidentale. Il mining è costantemente sotto la spada di Damocle di due scenari: I regolatori lo bandiscano direttamente per l’alto consumo di energia, spesso frutto di energie non rinnovabili e quindi responsabili di molto inquinamento.
Più per andare di pari passo con il “sentiment” popolare che non con il reale impatto che il mining ha – essendo l’industria che utilizza più rinnovabili! I regolatori facciano pressioni verso le blockchain perchè smettano di utilizzare sistemi di validazione che necessitino di mining, come ad esempio il Proof of Work (PoW), sempre per motivi ecologici.
La seconda minaccia è in parte già visibile con quello che successe ad Ethereum: quando Ethereum passò da PoW a Proof of Stake, tutto l’equipaggiamento utilizzato per minare ETH divenne inutile, perchè sì, ETHW ha visto la sua share di mercato restringersi progressivamente fino quasi a sparire durante questo bear market. Piuttosto di abbandonarlo alla polvere, venne riutilizzato, per quanto possibile, nel campo delle IA, prestando potenza computazionale ad un settore che diventa tanto più energivoro quanto più aumenta a livello di trend.
Trovare fonti energetiche “verdi” non è sempre possibile per gli esosi impianti di mining, quindi è possibile che essi vengano separati dal settore crypto, che da sempre è il conflitto con i regolatori, per legarsi al settore delle IA, appezzato al punto tale da essere considerato strategico, e quindi esente da molti giudizi tra cui quello ecologico.