Uno studio di Invesco rivela che la metà degli investitori sistematici ha già integrato l’IA

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Invesco ha pubblicato oggi i risultati del suo ottavo Global Systematic Investing Study annuale. L’indagine rappresenta un’evoluzione dell’Invesco Global Factor Investing Study, pubblicato ogni anno fin dal 2016. Lo studio, basato sui pareri di 130 investitori istituzionali e wholesale che gestiscono collettivamente un patrimonio pari a 22.500 miliardi di dollari USA, rileva un crescente consenso sul fatto che gli strumenti legati all’investimento sistematico possono aiutare gli investitori ad affrontare sfide fondamentali quali volatilità e dati imperfetti.

Dall’Invesco Global Systematic Investing Study (disponibile qui) emerge che metà degli investitori
sistematici ha già integrato l’intelligenza artificiale (IA) nei propri processi d’investimento; la ricerca ha messo in evidenza l’aspettativa diffusa che gli strumenti legati all’IA trasformino i metodi di gestione del portafoglio negli anni a venire. La maggior parte dei partecipanti (62%) prevede che, entro un decennio, l’importanza dell’IA raggiunga quella dell’analisi tradizionale degli investimenti, mentre per il 13% è destinata a superarla.

La rivoluzione dell’IA è già iniziata

Gli investitori sistematici utilizzano già l’IA nell’ambito di un’ampia gamma di attività chiave.
I partecipanti hanno affermato di sfruttare l’IA per comprendere meglio il contesto di mercato e individuare punti di svolta dei trend macroeconomici: il 46% di essi utilizza l’IA per scoprire pattern nell’andamento del mercato, mentre il 38% ricorre a essa per definire le proprie allocazioni di portafoglio e nell’ambito della gestione del rischio. Gli investitori apprezzano la capacità dell’IA di aiutare a mitigare i pregiudizi umani e a prevedere l’imprevedibile.

Secondo gli investitori, inoltre, l’utilizzo dell’IA è destinato a crescere significativamente nei prossimi anni. Sebbene una minoranza significativa (29%) già la utilizzi per sviluppare e testare strategie d’investimento, la stragrande maggioranza di essi (76%) prevede di farlo in futuro; e mentre attualmente il 20% degli investitori sfrutta l’IA per monitorare e modificare le proprie posizioni in tempo reale, oltre metà (55%) pensa di farlo prossimamente.

Gli investitori wholesale hanno individuato in una migliore gestione dei rischi il beneficio principale dell’IA, menzionato dal 76% dei partecipanti e seguito dalla possibilità di adattarsi in maniera flessibile al mutamento delle condizioni di mercato (65%). Rimangono tuttavia delle sfide: gli investitori wholesale che hanno partecipato al sondaggio ritengono che i costi di implementazione (64%) e la complessità e interpretabilità dei modelli basati sull’IA (61%) rappresentino i principali ostacoli all’adozione di questa tecnologia (figure 2 e 3).

“Abbiamo rilevato, tra gli investitori istituzionali, il timore che le strategie basate sull’IA possano eclissare i modelli tradizionali”, afferma Bernhard Langer, CIO, Quantitative Strategies presso Invesco. “La percezione è che, da qui in poi, i modelli basati sull’IA possano attrarre l’interesse degli investitori e in special modo di quelli più giovani, costringendo le aziende ad adattarsi rapidamente”. Gli investitori istituzionali, invece, ravvisano nella possibilità di ottenere informazioni corrette e tempestive (78%) il vantaggio più interessante offerto dall’IA, seguito da una migliore gestione dei rischi (74%) e da una maggiore efficienza e automazione (68%). I loro timori principali riguardano la complessità (78%) e la qualità e completezza dei dati (51%).

“La sfida fondamentale per gli investitori istituzionali è la gestione dei rapporti con gli stakeholder. Gli investitori devono poter spiegare e giustificare il ricorso ai modelli legati all’IA data la diffidenza dei propri stakeholder nei confronti di soluzioni basate su ‘scatole nere’”, continua Langer. “Anche il quadro normativo riguardo l’utilizzo dell’IA e la responsabilità delle decisioni rimane ambiguo”.

A fare da apripista sono APAC e Nord America

Per la maggior parte degli investitori dell’area EMEA (51%) tra 10 anni l’IA continuerà a essere meno
importante dei metodi di analisi tradizionali, contro solamente il 10% in Nord America e il 7% nell’area APAC. Di converso, solo il 4% degli investitori dell’area EMEA ritiene che l’IA soppianterà i metodi tradizionali nell’arco  di tale periodo, con numeri molto più elevati osservati sia in Nord America (19%) che nell’area APAC (20%). Gli investitori di queste ultime due aree, per giunta, sono oggi molto più propensi a sfruttare l’IA nell’ambito del proprio processo d’investimento. La propensione degli investitori dell’area APAC a ricorrere all’IA per individuare pattern nell’andamento del mercato e per modificare le proprie posizioni in tempo reale è pari rispettivamente al doppio e a oltre il triplo di quella degli investitori dell’area EMEA, dietro a quelli nordamericani e dell’area APAC in ogni ambito di adozione dell’IA.

Il sempre maggior numero di strumenti legati all’investimento sistematico aiuta ad affrontare meglio i mercati Sebbene l’investimento fattoriale rappresenti storicamente una colonna portante di quello sistematico, lo studio Invesco rivela che ad aiutare gli investitori ad affrontare le sfide chiave degli ultimi anni è stata una gamma di strumenti molto più ampia. Gli strumenti che consentono di interpretare il contesto macroeconomico hanno assunto particolare importanza; la capacità degli approcci sistematici di contribuire a mitigare i rischi di mercato ha rappresentato un tema fondamentale nello studio di quest’anno: la maggior parte degli investitori (63%) ha riferito che le strategie sistematiche hanno avuto un ruolo importante nel gestire la volatilità di mercato nel corso dell’ultimo anno. Quasi il 60% dei partecipanti, poi, ha asserito che il ricorso a un approccio sistematico è stato favorito dal nuovo regime di mercato caratterizzato da un’inflazione più elevata, affermazione che ha trovato in disaccordo solo il 6% degli investitori istituzionali e il 10% di quelli wholesale.

Per tre quarti dei partecipanti un’asset allocation dinamica è divenuta una componente centrale del proprio approccio, consentendo di ribilanciare e adeguare i propri portafogli a seconda delle condizioni di mercato. Gli strumenti legati all’investimento sistematico hanno aiutato gli investitori a inquadrare e ad analizzare il regime macroeconomico sottostante, potendo così trarre inferenze sul relativo impatto su asset class, fattori, aree geografiche e settori. “Le recenti sfide hanno spinto gli investitori a mettere in discussione il proprio modo di far fronte a ostacoli imprevisti”, sostiene Langer. “I partecipanti hanno riferito di stare ampliando i propri orizzonti al di là dei fattori
per comprendere meglio i mercati e capire quando determinate asset class tendono a sovraperformarne altre”.

Al di là delle asset class e dei fattori tradizionali

Lo studio segnala inoltre un sempre maggiore consenso sulla possibilità di applicare un approccio sistematico a una gamma di asset class più ampia di quanto si pensasse in passato. Oggi i modelli sistematici sono ben integrati in ambito sia azionario che obbligazionario, ma il mix tra l’aumento
dei rendimenti e l’abbandono del quantitative easing ha fatto sì che i fattori macroeconomici tradizionali tornassero a essere centrali nel determinare i rendimenti dei vari Paesi e settori. Ciò ha reso più attrattivo il ricorso a strategie sistematiche nel campo delle materie prime e in quello delle valute: sebbene solo un quarto dei partecipanti segua questi metodi nell’ambito delle materie prime, per il 59% si tratta in prospettiva di un tema centrale.

Il nuovo contesto macroeconomico ha anche spinto gli investitori a ripensare il concetto convenzionale di “fattore”. Oggi, in particolare, quattro partecipanti su cinque ritengono che quello “growth” sia un fattore a sé stante, mettendo in discussione le opinioni accademiche tradizionali secondo cui si tratta di una nozione difficile da definire in maniera precisa. Gli investitori non vedono i fattori “growth” e “value” come opposti, bensì distinti e in alcuni casi complementari, come dimostra il successo di fattori misti e più specifici come quello legato a una “crescita a un prezzo ragionevole”.