Siamo vicini al rischio bolla nell’AI?

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“AI”, abbreviazione anglosassone di intelligenza artificiale, è stata scelta dal Collins Dictionary come parola dell’anno per il 2023. Non si tratta solo di una tendenza linguistica, la decisione degli esperti del Collins è un barometro culturale che indica il potere di trasformazione esercitato dalla tecnologia nel rimodellare il mondo, l’influenza pervasiva dell’intelligenza artificiale nei vari aspetti della nostra vita quotidiana. Il cambio di paradigma è avvenuto con Chat-GPT. L’intelligenza artificiale è nelle nostre vite da tempo ma è stata Chat-GPT, così facile da usare, a portare l’avanzamento digitale nella quotidianità, ha favorito la dimestichezza con le potenzialità degli algoritmi generativi, ha avviato una nuova fase nella Rivoluzione Industriale 4.0.

E infatti il panorama dell’intelligenza artificiale è stato ridisegnato in questi anni dalla costituzione di numerose start-up di AI generativa. Guidate da algoritmi innovativi queste nuove, piccole società stanno mostrando il molto che potrà essere fatto dalla produzione autonoma di contenuti. Un aiuto impensabile fino a poco tempo fa per artisti, scrittori e designer e utilissima negli ambiti della sanità, della ricerca scientifica e dell’analisi dei dati. Nell’ultimo decennio gli investimenti nell’AI sono stati ingenti e in costante crescita fino alla battuta d’arresto dell’anno scorso. Nel 2022 gli investimenti sono stati poco meno di 190 miliardi di dollari, grossomodo un terzo meno rispetto al 2021.

Siamo vicini al rischio bolla? È accaduto nella metà dell’Ottocento con lo sviluppo delle ferrovie, lo abbiamo sperimentato poco più di vent’anni fa con la formazione e l’esplosione della bolla di Internet. È dunque ragionevole chiedersi se qualcosa del genere accadrà anche con l’intelligenza artificiale. Noi crediamo di no: l’impatto sarà molto meno drammatico ma c’è comunque qualche motivo di cautela nel breve termine. Il dubbio lo hanno anche le società del settore, i manager si chiedono se stanno staccando assegni per investimenti esposti al rischio bolla ma, dall’altra parte, c’è anche la convinzione che l’AI sia così importante che non investire significherebbe perdere una tecnologia dirompente, potrebbe essere più grande di Internet dieci o quindici anni fa.

Nonostante la battuta di arresto del 2022, l’AI conserva un enorme potenziale economico: per aumentare la produttività, i margini o semplicemente difendere le proprie posizioni di mercato le aziende dovranno adeguarsi ai nuovi standard tecnologici. Nel complesso, possiamo immaginare che l’AI generativa, per le sue caratteristiche “disruptive”, costituirà uno dei motori della crescita economica.

Nel breve termine restano due grandi incertezze. La prima riguarda la distribuzione nell’economia e nella società dei benefici dell’avanzamento tecnologico. L’altra incertezza, che interpella tanto le imprese quanto le leadership politiche, riguarda le conseguenze nel mondo del lavoro, ci saranno lavoratori colpiti positivamente e altri negativamente. Il contributo dell’intelligenza artificiale alla crescita economica incrementerà i profitti, rispetto alla sua assenza, in tutti i settori, sarà dunque ancor più necessaria la selezione attiva delle società per valutare quelle che investiranno nell’AI per migliorare ricavi e utili.

Nell’ultimo periodo le cose non sono andate bene neppure per i titoli del settore tecnologico ma gli indicatori di momentum segnalano il possibile trend rialzista di breve termine, c’è voglia di non perdere l’appuntamento con l’atteso rally di fine anno, il fatto che i settori difensivi abbiano relativamente sottoperformato è conferma di uno scenario favorevole. I tassi di interesse al plateau, l’inflazione in discesa e valutazioni più ragionevoli profilano condizioni favorevoli, alimentano le speranze nelle ultime settimane dell’anno.