Tech e gender pay-gap: la GenAI fa distinzione di genere? Lo studio “Women in Tech” di BCG

Ivana Quartarone -

Gender pay-gap e intelligenza artificiale

 — di Ivana Quartarone —

L’intelligenza artificiale, nonostante manifesti tutte le sue potenzialità nella vita di tutti i giorni, ci pone davanti a delle sfide e delle insidie in merito al suo impiego sostenibile. Indubbiamente i vantaggi sono visibili a tutti: basti pensare ai sistemi di trasporto ed assistenza sanitaria in grado di assicurare prodotti e servizi su misura, più economici e più resistenti. Può anche facilitare l’accesso all’informazione, all’istruzione e alla formazione. E sul fronte sociale? Cosa succede se parliamo di gender gap nell’IA? Gli insights, purtroppo, non sono incoraggianti.

Dai primi dati dello studio Women in Tech di Boston Consulting Group (BCG) è emerso che circa il 55% dei professionisti e delle professioniste nell’industria tecnologica ritiene che l’AI Generativa sarà fondamentale per il successo lavorativo, ma potrebbero esserci delle differenze nel livello di adozione tra i generi, funzioni e livelli di anzianità.

Interrogativi cruciali

“La ricerca solleva interrogativi cruciali sul futuro della parità di genere alla luce delle nuove tecnologie e sull’importanza di promuovere l’inclusione delle donne in tutte le funzioni e livelli organizzativi.” Spiega Paola Scarpa, Managing Director e Partner di BCG. “Affrontare queste disparità richiede un impegno continuo da parte delle aziende e della società nel suo complesso, per creare e promuovere un ambiente di lavoro inclusivo in cui tutti e tutte possano esprimere il proprio talento.”

Storicamente, le donne sono risultate spesso meno propense ad adottare le nuove tecnologie rispetto agli uomini: stando ad alcuni dati di YouGov del 2020, ad esempio, negli USA le donne rappresentavano circa il 40% degli early adopterSe il trend si confermasse anche relativamente all’adozione di strumenti di GenAI, il gap nel settore tecnologico potrebbe ampliarsi.

A maggior ragione se si pensa che, stando ai dati 2023 del Bureau of Labor Statistics, negli USA meno del 30% della forza lavoro nel tech è composto da donne.

Il binomio donne e tecnologia

In realtà, forse non tutti sanno che il primo programmatore della storia dei computer è stata una donna: nel 1843 Ada Lovelace fu la prima persona a sviluppare un algoritmo espressamente pensato per essere elaborato da una macchina analitica in grado di generare i numeri di Bernoulli.

Dopo oltre 170 anni il binomio donne e tecnologia è però ancora pieno di ostacoli e stenta a seguire la strada luminosa tracciata dalla matematica britannica. Ad avvalorare questo triste primato il report del World Economic Forum, “Gender Gap Report 2022” secondo cui a livello globale le donne occupano il 31% delle posizioni di ricerca e sviluppo nella scienza; sono inoltre sottorappresentate a tutti i livelli nel settore tecnologico: ciò è particolarmente vero nelle posizioni di leadership, dove rappresentano solo il 24% dei professionisti.

Disparità di genere

Se si esamina nel dettaglio lo studio di BCG, condotto su larga scala coinvolgendo oltre 6.500 dipendenti, equamente distribuiti tra uomini e donne, in 5 Paesi in diverse aree del mondo (India, USA, UK, Germania e Giappone), tre variabili potrebbero portare ad una disparità di genere nell’adozione della GenAI sul lavoro:

  1. la consapevolezza rispetto l’importanza di questa tecnologia innovativa per il successo nel contesto lavorativo;
  2. un tema di fiducia nelle proprie competenze per l’uso della GenAI;
  3. il grado di propensione ai rischi che questa porta con sé, in un contesto regolamentativo ancora poco chiaro.

Nello specifico, i dipendenti presi in esame svolgono sia mansioni tech (in ambiti come ingegneria, IT, servizio clienti, sales e marketing) che non tech (risorse umane, legal, finance) e fanno parte di 4 diversi livelli di anzianità: 1.200 sono senior manager, 1.200 sono junior manager, circa 2.800 sono singoli collaboratori senior (con oltre 5 anni di esperienza nell’industria tech), mentre i restanti 1.300 sono singoli collaboratori junior (con 5 o meno anni di esperienza). A tutti i lavoratori è stato quindi chiesto con quale frequenza utilizzano qualsiasi strumento di GenAI nello svolgimento delle proprie mansioni: da ChatGPT a Google Bard, da Microsoft Copilot ad eventuali soluzioni sviluppate interamente dalle aziende e rivolte ai dipendenti per generare contenuti (testi, codici e immagini) basati sull’input dell’utente.

I ruoli senior

I risultati della ricerca sono particolarmente interessanti: le donne senior impegnate in funzioni tecnologiche risultano in anticipo nell’adozione della GenAI rispetto agli uomini. In particolare, la percentuale di donne che ha adoperato strumenti di GenAI sul posto di lavoro più di una volta a settimana si attesta al 75%, mentre quella degli uomini al 61%. Si tratta di dati che confermano l’opportunità di poter migliorare, in futuro, la rappresentanza femminile ai vertici del settore tecnologico. Al contrario, le donne senior impegnate in mansioni non tech sono leggermente indietro (63%) nell’adozione di strumenti di GenAI rispetto agli uomini (71%), con una differenza di 8 punti percentuali. Questa situazione apre la possibilità al rischio che le donne senior possano restare indietro mentre tali funzioni si trasformano ed evolvono attraverso i sistemi di Intelligenza Artificiale Generativa.

I ruoli junior

Passando ai ruoli junior, la disparità a scapito delle donne si acuisce, dal momento che in questa fascia le professioniste di tutti i settori sembrano indietro nell’adozione della GenAI rispetto agli uomini, dovuto al fatto che questi ultimi hanno maggiore accesso alle reti di networking e alle discussioni intorno alle strategie basate su GenAI. Nello specifico, le donne che svolgono funzioni tech e che hanno utilizzato strumenti di GenIA sul posto di lavoro più di una volta a settimana sono il 63%, contro il 70% degli uomini. Nel caso delle funzioni non tech, il divario è ancora più grande poiché la differenza tra uomini e donne è di 21 punti percentuali: solo il 48% delle donne ha utilizzato strumenti di GenAI sul posto di lavoro più di una volta a settimana rispetto al 69% degli uomini.

Potremmo inoltre considerare altre variabili per chiarire le ragioni per cui il gender gap aumenta. Ad esempio, il numero di donne junior in progetti pilota e iniziative di GenAI non è ancora sufficiente, rispetto alla presenza dei colleghi junior. La mancanza di fiducia delle donne junior nelle proprie capacità può essere poi un altro elemento chiave, dovuto semplicemente al fatto che queste lavorano in un’arena dominata dagli uomini che le porta a credere meno in se stesse. Di conseguenza, le donne junior che lavorano nel settore tecnologico possono sentirsi meno libere di sperimentare, soprattutto quando hanno a che fare con tecnologie nascenti.

Tenere il passo con l’innovazione

Se quindi nel settore tech le donne con ruoli senior possono essere considerate alla guida della rivoluzione scaturita dall’AI Generativa, le donne di altri settori, specialmente se all’inizio della propria carriera, faticano a tenere il passo con l’innovazione. Le cause sono strutturali e devono essere affrontate attraverso azioni immediate a favore della formazione e dell’inclusione dei talenti, guardando oltre il genere, per far sì che in futuro ci possano essere donne leader capaci di utilizzare strumenti innovativi, anche in settori che vanno oltre il digitale.