Verso un’integrazione fra pubblico e privato
Dalle agevolazioni fiscali all’armonizzazione della normativa: le proposte per una riforma del sistema di assistenza
Le assicurazioni per la non autosufficienza long term care (Ltc), in Italia, si inseriscono in un sistema sanitario complesso: fondato sulla centralità pubblica e su principi di universalità, è articolato su diversi livelli di responsabilità e governo, con un’accentuata differenziazione territoriale nella qualità ed efficienza delle prestazioni. In questo contesto gli operatori privati rivestono una funzione importante per lo sviluppo dell’assistenza alle persone non autosufficienti benché ancora poco rilevante rispetto all’intervento del settore pubblico. Ma le prospettive per il loro ruolo e per i servizi forniti agli assicurati in Italia sono decisamente interessanti.
L’assistenza socio-sanitaria in Italia
Per quanto riguarda l’assistenza socio-sanitaria, con particolare attenzione a quella per la non autosufficienza, l’Italia è tra i paesi con le minori disuguaglianze nello stato di salute generale della popolazione. Tuttavia, esistono punte di eccellenza, gap da colmare e sfide ineludibili, come la riduzione dei tempi di attesa e i fenomeni di razionamento delle cure, o come, appunto, la necessità di far fronte all’incremento dei bisogni sanitari causati dal progressivo invecchiamento della popolazione.
La legge per la regolamentazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali sull’assistenza è stata riformata nel 2000 (Legge n. 328/00) per un maggiore coordinamento nel settore. Essa non regolamenta la sola assistenza agli anziani, ma tutte le forme di assistenza alla persona e alla famiglia realizzate attraverso il Fondo nazionale per le politiche sociali (Fnps), e prevede che i Comuni siano titolari delle funzioni gestionali ed amministrative degli interventi locali, e che siano presenti nella programmazione regionale. Alle Regioni vengono demandati i compiti di coordinamento e programmazione degli interventi, mentre lo Stato determina i principi e gli obiettivi della politica sociale attraverso il Piano socio-sanitario.
In realtà, per il Fondo nazionale per la non autosufficienza gli stanziamenti risultano ancora limitati, a tal punto che alcune Regioni hanno definito fondi regionali specifici.
In base alla normativa, hanno diritto di usufruire delle prestazioni tutti i cittadini italiani, quelli degli Stati Ue e gli extracomunitari in possesso di permesso di soggiorno. Ovviamente viene fatta una graduatoria alla quale hanno accesso prioritario innanzitutto le persone in stato di povertà, quelle con limitato reddito, quelle inabili, fisicamente o psichicamente, e quelle con difficoltà di inserimento nella vita sociale ed attiva, e nel mercato del lavoro.
Considerando l’insufficienza delle risorse, sembra che la possibilità di accedere a forme di contribuzione pubbliche sia limitata alla parte più povera della popolazione e che gli altri debbano provvedere in maniera autonoma: per arrivare a coprire l’intera popolazione in stato di bisogno le risorse dovrebbero essere aumentate di almeno 15 miliardi di euro entro il 2020. Con queste prospettive, che cosa succederà in pratica per il settore delle polizze Ltc?
Le agevolazioni fiscali
Uno dei driver per lo sviluppo delle polizze Ltc è quello delle agevolazioni fiscali. Cosa prevede l’attuale normativa? Per le polizze Ltc individuali e collettive non veicolate attraverso casse e fondi, il decreto del ministero delle Finanze del 22 dicembre 2000 ha esteso anche a questo tipo di assicurazione i benefici fiscali in vigore per le polizze vita, che consistevano nella detrazione d’imposta del 19% sui premi versati con il massimo di 1.291 euro/anno, somma da cumulare con quella delle altre assicurazioni detraibili (vita e infortuni).
Secondo le ultime evoluzioni della norma fiscale, i premi relativi a polizze infortuni, morte o invalidità permanente o per le polizze Ltc versati nel 2016 presentano due limiti di detraibilità: i premi per assicurazioni rischio morte o invalidità permanente non inferiore al 5% sono detraibili per un importo non superiore a 530 euro, mentre i premi per assicurazioni rischio di non autosufficienza sono detraibili per un importo non superiore a euro 1.291,14 al netto dei premi aventi per oggetto il rischio morte o invalidità permanente.Tali vantaggi fiscali si applicano purché i contratti siano di lunga durata (per tutta la vita o pari alla durata della durata del rapporto di lavoro per le polizze collettive o almeno dieci anni con obbligo di rinnovo da parte della compagnia) e non esista diritto di interrompere il contratto da parte della compagnia (diritto che, invece, viene riconosciuto all’assicurato).
A partire dal 2010, per le polizze collettive veicolate attraverso casse e fondi, il decreto Turco del 31 marzo 2008 ha riconosciuto, a tutti i soggetti che eroghino almeno il 20% delle proprie prestazioni nei settori dell’assistenza odontoiatrica e/o assistenza agli anziani, la deducibilità fino a 3.615,20 euro del contributo versato. Se tale contributo è versato in tutto o in parte dalle aziende a seguito di contratto di lavoro o di regolamento aziendale, viene riconosciuta inoltre la deducibilità dei contributi dal reddito d’impresa, previo assoggettamento di un contributo di solidarietà del 10% al posto della piena contribuzione.
Le proposte del settore assicurativo
Da tempo il settore assicurativo ha elaborato proposte per una riforma sostenibile della sanitàitaliana con una suddivisione dei compiti tra il sistema sanitario nazionale e forme integrative, seguendo la stessa strada sulla quale già si sono incamminati molti altri paesi.
Il presupposto per giungere a un riordino della sanità integrativa è che il suo ambito di intervento non sempre risulta chiaramente determinato e rimane elevato il ricorso alla spesa “di tasca propria” da parte delle famiglie. Ciò può determinare inefficienza dei costi sanitari, gravando la spesa totalmente e direttamente sui soggetti che la sostengono, o degenerare in fenomeni di esclusione sanitaria di intere fasce di popolazione a causa della citata lunghezza dei tempi di attesa per la prestazione dei servizi richiesti.
Va sottolineato che lo sviluppo delle forme sanitarie integrative non rappresenta solo un’area di interdipendenze o di competizione tra soggetti privati, ma una fonte di risorse che può contribuire agli obiettivi di tutela della salute e di miglioramento complessivo della qualità dei servizisanitari offerti, eventualmente attraverso i benefici per i cittadini derivanti dal ruolo di “gruppi d’acquisto” che tali forme possono assumere e grazie a positive sinergie tra pubblico e privatoche potrebbero essere ottenute coinvolgendo maggiormente gli operatori privati nella programmazione e nel finanziamento della spesa.
Peraltro, il graduale cambiamento di composizione delle cure sanitarie verso quelle di lunga degenza, che avranno in prospettiva una preponderanza sempre maggiore, pone seri interrogativi sulla capacità di proteggere adeguatamente, in special modo con riferimento alle famiglie più vulnerabili, dall’esposizione a rischi di long-term care, aggravati dalla riduzione delle reti di welfare familiare. Il limitato sviluppo di coperture private, oltre ad apparire insufficiente rispetto ai bisogni attesi, comporta anche un mancato legame delle risorse per prestazioni sanitarie con ilrisparmio di lungo termine. Le risorse accantonate per le prestazioni future, infatti, verrebbero investite con la stessa ottica di lungo periodo, e potrebbero quindi favorire un maggior ricorso agli investimenti e ritorni positivi sull’economia.
Benefici possono derivare, inoltre, dall’interazione tra forme sanitarie integrative e regioni nella gestione dei piani sanitari territoriali. I piani sanitari regionali individuano gli aspetti strategici e gli interventi da realizzare per la tutela della salute e il miglioramento dei servizi. Per molte regioni, sarebbe opportuno tener conto nella programmazione della spesa delle possibili sinergie tra diverse fonti di finanziamento, pubblica e privata.
Infine, esiste anche, dal lato della “domanda” dei cittadini, un gap di consapevolezza sui vantaggi della prevenzione e sulle scoperture del sistema pubblico, per queste ultime con particolare riferimento all’attesa riduzione delle forme di protezione previste dal sistema pubblico a fronte della perdita di autonomia, aggravata dalla minore capacità di tutela costituita dalle reti familiari.
Il maggior ricorso alle forme integrative comporterebbe vantaggi fiscali ed economie grazie ai benefici della convenzione con le strutture sanitarie o grazie ad analoghi risparmi nel caso i cui dette forme fossero proprietarie delle strutture stesse. Le forme integrative cercherebbero di stringere convenzioni con le strutture sanitarie o di gestirle direttamente con criteri orientati a qualità ed efficienza, anche in termini di prestazioni innovative, spingendo i provider al miglioramento dei servizi prestati, con ulteriori benefici per i cittadini.
Inoltre, la maggiore diffusione di coperture dei rischi sanitari:
• migliorerebbe l’equità del finanziamento del sistema, ripartendo il costo dei risarcimenti su un più ampio insieme di soggetti esposti e permettendo al singolo di tutelarsi da conseguenze incerte e potenzialmente elevate a fronte di contributi di livello contenuto;
• ridurrebbe la variabilità dei risarcimenti e quindi il costo atteso delle coperture, trattandosi di rischi omogenei non correlati;
• consentirebbe di investire gli accantonamenti a fronte di prestazioni future nell’economia, determinando un circolo virtuoso tra domanda sanitaria crescente e accumulazione di risorse finalizzate al loro soddisfacimento;
• contribuirebbe a una maggiore fedeltà fiscale sui consumi sanitari;
• aumenterebbe il grado di protezione della popolazione, il ricorso a misure di prevenzione, con benefici in termini di efficienza delle cure e produttività, incrementando in definitiva la fiducia e la sicurezza dei cittadini.
Cosa succede nel resto d’Europa
L’Italia, come visto ha ancora tanto da fare per la diffusione delle polizze Ltc. Ma come è la situazione dell’assistenza sanitaria nel resto d’Europa? Un recente studio ha messo a confronto su questo campo l’Italia con altri tre importanti paesi europei: Francia, Germania e Regno Unito.
I quattro paesi mostrano distinti impianti di welfare basati su mix tra i pilastri fondamentali peculiari (assicurativi e assistenziali); questo fa sì che la composizione delle fonti di finanziamento sia differentemente basata su componente fiscale o previdenziale, con diversi livelli di ricomposizione delle fonti.
La spesa pubblica pro capite per il welfare è più alta in Francia (10.011 euro pro capite) e Germania (9.008 euro pro capite), ma più bassa nel Regno Unito (7.303 euro pro capite) e in Italia (7.055 euro pro capite), con una prevalenza generale della spesa per le pensioni, ma una diversa distribuzione tra gli altri interventi.
Andando nel dettaglio, i sistemi di long term care per la non autosufficienza hanno caratteristiche molto diverse nei quattro paesi, con uno schema assicurativo dedicato in Germania, un focus molto forte sull’integrazione con il sistema di cure sanitarie intermedie nel Regno Unito ed è difficile delineare una sostanziale politica quadro unitaria in Francia e in Italia.
In termini di intensità assistenziale, il sistema italiano manifesta un comportamento diverso dagli altri paesi, con la spesa pubblica pro capite più bassa tra i quattro paesi considerati (Francia euro 841 pro capite, Germania euro 912 pro capite, Italia euro 558 pro capite, Regno Unito euro 963 pro capite) e una quota maggiore di anziani in carico al sistema pubblico, con una conseguente intensità assistenziale per anziano in carico più bassa.
Il futuro delle Ltc
Difficile prevedere quando il nostro sistema farà il salto di qualità per quanto riguarda l’assistenza socio-sanitaria con particolare attenzione a quella per la non autosufficienza. La necessità dell’espansione delle risorse trova molte giustificazioni, tra le quali una prevale in assoluto, confrontando l’Italia con gli altri paesi presi in analisi: nessun paese alloca una quota di risorse così ridotta alla Ltc.
In quest’ottica il ruolo del settore assicurativo privato è fondamentale. Cosa si può fare per mettere definitivamente in moto un percorso virtuoso in tal senso? È necessario definire un framework sostenibile e una nuova universalità “selettiva” che garantisca le prestazioni indispensabili e incondizionate per determinate fasce di popolazione, riguardo alle quali il presidio pubblico deve rimanere centrale, e ampliando l’ambito di intervento delle forme sanitarie integrative, con riferimento alle prestazioni alle quali già oggi si ricorre in maniera significativa mediante spesa “di tasca propria”.
Nell’attuazione di questo programma, il riordino delle forme integrative rappresenta un passaggio fondamentale. L’assetto attuale è caratterizzato dalla presenza di diversi operatori con servizi, standard di trasparenza e tutele verso gli iscritti non sempre confrontabili tra loro. Per rendere il mercato più efficiente, promuovendo un’effettiva competizione, è necessario innanzitutto allineare, come è avvenuto per la previdenza, gli incentivi fiscali a favore dell’assistenza integrativa, correggendo un’asimmetria che attualmente penalizza i prodotti assicurativi e, in generale, le forme individuali di copertura.
È poi indispensabile definire precisi standard gestionali e un assetto armonizzato di regole e controlli per dare garanzie a quanti si rivolgono a strutture private per quelle prestazioni non erogate dal Servizio sanitario nazionale.
C’è quindi tanto da fare in Italia, ma la strada verso un’assistenza socio-sanitaria per la non autosufficienza tale che sia un servizio fruibile per tutti è ormai imboccata.