Risparmiare con le “rivalutabili”

di Unipol - redazione@lamiafinanza.it -

Sono le polizze vita più tradizionali, adatte a chi cerca un rendimento costante nel tempo, e non vuole correre rischi

Per gli italiani il risparmio è uno degli obiettivi più importanti. Negli ultimi anni, anche a causa della persistente incertezza dovuta alla crisi economica, il tasso di risparmio delle famiglie è ulteriormente cresciuto: secondo gli ultimi dati disponibili dell’Istat, nel terzo trimestre del 2014 la propensione al risparmio degli italiani (rapporto tra risparmio e reddito) è arrivata al 10,8%, con un incrementodell’1,6% rispetto al trimestre precedente e dello 0,9% rispetto a un anno prima.

Molti fattori incidono sul modo in cui il risparmio personale viene investito: la propria cultura finanziaria, la propensione al rischio, l’orizzonte temporale dell’investimento, e altri fattori ancora.

Per chi ha un obiettivo di investimento di lungo periodo, non vuole esporsi a rischi eccessivi, e si preoccupa anche del benessere dei suoi cari, le polizze vita sono da decenni uno degli strumenti più semplici, accessibili e familiari.

Le polizze vita prevedono il pagamento di un capitale o di una rendita alla scadenza del contratto, fissata di regola almeno cinque anni dopo la sottoscrizione. In cambio l’assicurato versa alla compagnia un premio, che può essere unico (un unico versamento in cambio della prestazione finale) o periodico (ripetuto con cadenza annuale, semestrale, eccetera per tutta la durata del contratto).

In caso di premorienza dell’assicurato, il capitale andrà agli eredi o ai beneficiari indicati in polizza.

    ATTENZIONE  
    Nonostante le modifiche introdotte con la legge di Stabilità 2014, che ha introdotto una tassazione sulle plusvalenze dei capitali corrisposti in caso di morte dell’assicurato, è utile ricordare che i capitali sono e restano esenti dalle imposte di successione.
 
 
 
         

Non tutte le polizze, però, sono uguali.

Uno dei prodotti di maggior successo, sul mercato italiano, è rappresentato dalle polizze “rivalutabili”, da sempre un cavallo di battaglia delle compagnie di assicurazione. Il meccanismo alla base di questi contratti è molto semplice: il denaro raccolto tra i sottoscrittori confluisce in un fondo, denominato “gestione separata” perché distinto nettamente dal patrimonio della compagnia.

Il fondo viene a sua volta investito in strumenti finanziari, con l’obiettivo di realizzare un rendimento, una “rivalutazione” (di qui il nome delle polizze) nel tempo. Nella scelta dei titoli i gestori prediligono investimenti con un basso livello di rischio: la gran parte dei patrimoni è investita in obbligazioni e titoli di Stato, titoli cioè capaci di generare un flusso di rendimenti costante nel tempo, offrendo una crescita moderata del capitale investito.

Questo tipo di polizze offre un rendimento minimo, grazie al quale il capitale si rivaluta anno dopo anno, senza mai ridursi. Ogni anno, inoltre, il guadagno realizzato viene “consolidato”, messo da parte, e qualunque cosa succeda in seguito, non sarà mai messo in discussione.
In questo tipo di polizze il rischio dell’investimento è a carico dell’impresa di assicurazione, e il cliente ha diritto ad ottenere un capitale minimo, eventualmente rivalutato ad un tasso d’interesse garantito.

Si tratta dunque di strumenti di investimento adatti ai risparmiatori più prudenti, che hanno come obiettivo la protezione del capitale, e non cercano grandi performance.

Per capire cosa si acquista
Le compagnie devono consegnare ai sottoscrittori delle assicurazioni sulla vita, prima della firma del contratto, un documento, il “fascicolo informativo”, che deve contenere una serie di informazioni molto dettagliate. A cominciare dai costi del contratto.

Tra le diverse voci che li compongono, i più rilevanti sono i caricamenti, che vengono calcolati in percentuale sui premi versati, e il cui importo può variare sensibilmente da una compagnia all’altra.

Un’altra voce di costo è legata al modo in cui i rendimenti della gestione separata vengono attribuiti agli assicurati. Il calcolo viene effettuato infatti in base alla cosiddetta aliquota di retrocessione, che normalmente è compresa fra l’80% e il 100% del rendimento. Nel caso di un rendimento lordo del 4%, dunque, con una aliquota di retrocessione dell’80%, agli assicurati sarà effettivamente attribuito un rendimento del 3,2%.

Per riassumere in un unico dato tutti i diversi costi che gravano sulle polizze, e consentire dunque un confronto omogeneo tra i prodotti, il fascicolo informativo deve riportare il “costo percentuale medio annuo” della polizza, un indicatore sintetico che illustra di quanto si riduce ogni anno, per effetto dei costi, il potenziale tasso di rendimento del contratto rispetto a quello di una analoga operazione ipoteticamente non gravata da costi.

    ATTENZIONE  
    Le successive modifiche legislative hanno molto annacquato i vantaggi fiscali che, fino ad alcuni anni fa, caratterizzavano le assicurazioni vita. Dal 1° gennaio 2015 è ammessa soltanto una detrazione, calcolata su un importo massimo di 530 euro, che corrispondono a una detrazione effettiva massima di 100,70 euro all’anno.
 
 
 
         

Conviene infine prestare attenzione alle informazioni relative al riscatto della polizza. Il riscatto consiste nella risoluzione anticipata del contratto da parte del contraente, che decide dunque di non attendere la naturale scadenza, e chiede alla compagnia di restituirgli quanto versato.

    ATTENZIONE  
   
L’operazione di riscatto può essere sottoposta a penalizzazioni, nei primi anni dalla stipula, e possono essere tali da non consentire al contraente di recuperare l’importo versato fino a quel momento alla compagnia.
 
 
 
         

Per verificare l’andamento
Le compagnie hanno l’obbligo di inviare agli assicurati l’estratto conto annuale, nel quale sono indicati: il tasso annuo di rendimento finanziario realizzato dalla gestione, l’aliquota di retrocessione del rendimento riconosciuta, il tasso annuo di rendimento retrocesso, con evidenza di eventuali rendimenti minimi trattenuti dall’impresa e il tasso annuo di rivalutazione delle prestazioni.