Nel 2020 le retribuzioni in Italia hanno avuto un incremento fisiologico del 2,4%, l’effetto Covid-19 atteso per il prossimo anno

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Nonostante l’emergenza per il Covid-19, le retribuzioni in Italia nel 2020 sono cresciute del 2,4%, ma solo per effetto dei vincoli contrattuali. Il 70% delle aziende ha infatti incluso gli aumenti retributivi previsti nel cedolino di marzo, quando l’impatto della pandemia iniziava a farsi sentire in Italia e nel resto d’Europa.

Anche le previsioni per il 2021 sono, al momento, stabili a una crescita fisiologica delle retribuzioni del 2,5%, confermando il trend degli ultimi tre anni, che vede una fase di rallentamento nel mercato del lavoro. Tenendo in considerazione l’incidenza del tasso di inflazione i valori risultano tuttavia meno omogenei: col -0,2% quest’anno la crescita retributiva reale è stata del 2,6%, mentre per il prossimo, con un tasso all’1%, sono di una leggera flessione all’1,5%.

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È quanto emergere dall’Osservatorio Willis Towers Watson sulle politiche di remunerazione, presentato in anteprima gli scorsi 12 e 13 novembre con un evento virtuale a cui hanno partecipato top executive e HR manager di Assicurazioni Generali, Enel, Eni, Poste Italiane, Saipem e Snam.

“L’impatto della pandemia può sembrare meno evidente se visto attraverso la lente delle retribuzioni, ma il lavoro dipendente sta in realtà attraversando una trasformazione rapida e radicale, che sul lungo periodo ne andrà quindi a influenzare inevitabilmente ogni aspetto” – spiega Edoardo Cesarini, Amministratore Delegato di Willis Towers Watson.

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Il dato dell’Italia si rivela in linea col resto d’Europa: nei principali paesi gli aumenti effettivi nominali sono oscillati infatti tra il 2% ed il 2,7%. L’unico paese al di sotto di questa soglia è stata la Svizzera, ma è anche il paese in cui l’inflazione raggiungerà il livello più basso, portando di fatto ad una crescita reale delle retribuzioni del 2,3%. Guardando alla crescita reale, i lavoratori del Belgio risultano i più penalizzati, con un aumento del 2,3%; l’Italia col 2,6% si piazza invece al secondo posto dopo Spagna.

“La pandemia da Covid-19 ha ridotto l’entità degli aumenti retributivi inizialmente pianificati in modo disomogeneo tra i vari paesi europei – spiega Rodolfo Monni, Responsabile Indagini Retributive di Willis Towers Watson – Per l’Italia, come anche per Irlanda, Spagna e Svizzera, la differenza è stata veramente minima rispetto alla previsione iniziale, con una contrazione dello 0,1%. Una significativa differenza si è invece registrata Germania e Regno Unito, Paesi con un mercato del lavoro più flessibile, con un calo dello 0,3%”.

Scendendo nel dettaglio dell’allocazione del budget del personale tra le varie funzioni aziendali solo due tra le principali aree organizzative superano il 10%: Direzione Vendite e Servizio Clienti, inteso come gestione “soft” del cliente; aggiungendo anche l’Assistenza Tecnica, il costo del personale di queste due macro aree organizzative supera il 25% del totale. Anche IT e Servizi di Supporto alla Produzione e all’Ingegneria raggiungono insieme quasi il 25%, mentre al Product Development va meno del 2%.