La filiera della carne è una grande minaccia per la salute globale

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La filiera della carne presenta una serie di criticità, dal benessere degli animali alle emissioni. Tali criticità non pongono solo problemi di natura sociale o ambientale, ma se non sono gestite correttamente possono avere un impatto concreto sull’attività d’impresa. Tale impatto non si manifesta solo durante le crisi, come abbiamo visto con le chiusure delle fabbriche di lavorazione della carne seguite all’impennata dai contagi da Covid-19. Il significativo impatto ambientale della produzione industriale di bestiame tende anche a generare un impatto finanziario negativo, poiché il settore è uno dei principali responsabili del cambiamento climatico e andrà probabilmente incontro a maggiori controlli regolamentari e finanziari.

La crescita della popolazione, l’aumento della ricchezza e il cambiamento climatico sono solo alcuni dei fattori che influenzeranno sensibilmente il sistema alimentare globale negli anni a venire. La produzione di carne è cresciuta quasi esponenzialmente dagli anni ’60, con la maggior parte dell’aumento imputabile a pollame, suini e bovini.

Nel 2014 la persona media consumava circa 43 kg di carne all’anno. Per gli europei e i nordamericani il quantitativo era più che doppio, attestandosi rispettivamente a 80 kg e 110 kg di carne all’anno. Questa media globale è verosimilmente destinata ad aumentare, poiché cambiamenti analoghi nella popolazione, nei redditi e nei tassi di urbanizzazione hanno comportato una crescente domanda di carne e prodotti animali.

Si stima che il settore agricolo sia la seconda maggiore fonte di emissioni di gas serra al mondo. In media, una mucca produce 85 kg di metano all’anno. Per ridurre le emissioni, migliorare le condizioni di salute e nutrire un maggior numero di persone, servono cambiamenti urgenti e radicali al fine di conseguire gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e dare attuazione all’Accordo di Parigi entro il 2030.

Il settore della produzione di carne è chiamato ad affrontare grandi sfide, come i vincoli posti dalla finitezza delle risorse naturali, l’impatto ambientale della produzione su larga scala e le ricadute sulla salute dei consumatori attraverso la diffusione di malattie umane trasmesse dagli animali a causa della resistenza del bestiame agli antibiotici. In definitiva, anche l’eccessivo consumo di carne in generale è considerato problematico per la salute.

Per il nostro programma di engagement, abbiamo sviluppato un quadro di indicatori che comprendeva i seguenti obiettivi: benessere degli animali, standard lavorativi, gestione della qualità e della sicurezza dei prodotti e gestione dell’innovazione.

Benessere degli animali. La politica di un’azienda relativa al benessere degli animali dovrebbe trattare diversi aspetti, come le mutilazioni di routine, gli allevamenti intensivi, lo stordimento pre-macellazione, il trasporto degli animali vivi su lunghe distanze e l’uso di antibiotici in fase di crescita. Tale politica dovrebbe coprire inoltre tutte le aree geografiche, le relazioni con i fornitori e i subappaltatori. Abbiamo valutato le performance delle imprese alla luce di tre ampi parametri: governance e gestione, leadership e innovazione, e comunicazione della performance e impatto.

Standard lavorativi. Le nostre ricerche sono volte ad appurare se le aziende hanno politiche che assicurano condizioni di lavoro eque e dignitose. Esaminiamo il campo di applicazione della politica in termini di operazioni dell’impresa e dei suoi fornitori, nonché la sua copertura in termini di questioni lavorative e processi adottati per assicurare la conformità con la stessa. Consideriamo anche il monitoraggio e le iniziative prese da un’azienda per assicurare la salute e la sicurezza dei dipendenti.

Qualità e sicurezza dei prodotti. Valutiamo come le aziende di lavorazione e rivendita della carne assicurano che i loro prodotti soddisfino le aspettative di alta qualità e sicurezza dei clienti. Vogliamo che le imprese abbiano un sistema di tracciabilità che permetta di risalire alle origini dei prodotti di carne, e che adottino anche un sistema di etichettatura dettagliata. I prodotti certificati e biologici sono preferiti. Ci aspettiamo anche che le aziende seguano le buone prassi stabilite nelle Good Manufacturing Practices e qualsiasi altro standard rilevante per i processi. Infine, vogliamo che le aziende contribuiscano a sensibilizzare i clienti riguardo all’impatto del consumo di carne sulla salute, al fine di ridurre l’assunzione di questo alimento.

Gestione dell’innovazione. Le aree in cui vediamo opportunità di innovazione nel settore sono:

  • Prodotti chimici speciali (mangimi) che, ad esempio, forniscono soluzioni innovative come alimenti arricchiti di probiotici anziché di antibiotici
  • L’automazione degli impianti alimentari, per ridurre il rischio di problemi di salute e sicurezza operativa
  • Per i fast food e i supermercati, il mercato sta cambiando al mutare della domanda dei consumatori. Ci aspettiamo che le aziende si adoperino per diversificare i loro portafogli di prodotti e che si impegnino in programmi di sensibilizzazione dei consumatori nei loro negozi e franchising.

Nel 2016, quando abbiamo lanciato questo tema di engagement, abbiamo organizzato una tavola rotonda con il gruppo britannico di ricerca sugli investimenti Farm Animal Investment Risk and Return (FAIRR) e con il Business Benchmark for Farm Animal Welfare (BBFAW), per esaminare i rischi e le opportunità associati a eventuali cambiamenti nelle filiere della carne e del pesce.

Abbiamo trovato queste due iniziative molto utili per indirizzare la nostra ricerca. Questa tavola rotonda ci ha aiutato a sviluppare un solido quadro di indicatori che ha orientato i nostri confronti con le imprese. Inoltre, l’Access to Nutrition Index e il PRI Deforestation Benchmark hanno coadiuvato la nostra ricerca sul modo in cui le aziende affrontano i diversi problemi nella filiera della carne.

La nostra attività di engagement si è concentrata sulle imprese di tutta la filiera alimentare, dalle aziende di bioscienze, alle imprese di trasformazione (della carne), ai prodotti alimentari e ai rivenditori. Abbiamo riscontrato i comportamenti migliori tra le imprese dell’Europa settentrionale e della regione scandinava, come pure tra gli operatori statunitensi del settore del fast food.

Le azioni e le comunicazioni di queste imprese, specialmente riguardo alla partecipazione al Carbon Disclosure Project, come anche il loro impegno nel quadro del Cerrado Manifesto, la definizione di obiettivi basati sull’evidenzia scientifica e altre iniziative, mettono in luce la loro volontà di contribuire a un futuro sostenibile e le misure prese per realizzare continui miglioramenti su questo fronte negli ultimi tre anni.