Quale Ripresa, quale Resilienza? Italia perde 3% di Resilienza nell’ultimo anno

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L’Italia, come altri Paesi europei, ha varato lo scorso anno un Piano Nazionale di Recupero e Resilienza. Il piano è finanziato dall’UE nell’ambito dell’iniziativa NGEU – Next Generation EU – e la quota dell’Italia corrisponde a 191,5 miliardi di euro, da spendere nel periodo 2021 – 2026. L’obiettivo è mitigare l’impatto economico e sociale della risposta al coronavirus che ha devastato le economie e le società europee, provocando la distruzione di centinaia di migliaia di imprese a causa di politiche di lockdown irrazionali e non scientifiche e di cieche restrizioni. L’obiettivo è rendere le economie europee più sostenibili e resilienti. Almeno questa è la teoria. O dovremmo dire “teoria”, in quanto i piani nazionali per la resilienza e la ripresa si basano solo su un approccio “diventiamo più resilienti” e non su un approccio razionale, secondo il quale si misurano e monitorano i risultati effettivi degli sforzi per “diventare più resilienti” misurando la resilienza stessa. Questo sarebbe l’approccio logico, ma la politica non è dove si trova la logica. Ciò che conta sono le opinioni, non la scienza. La resilienza interessa ma nessuno la vuole misurare. Logico, no?

Del budget totale per il piano di 806,9 miliardi di euro, la Recovery and Resilience Facility mette a disposizione 672,5 miliardi di euro (a prezzi 2018) in prestiti e sovvenzioni per sostenere le riforme e gli investimenti intrapresi dagli Stati membri. Il fatto che la resilienza non sia misurata e monitorata ha alcune conseguenze immediate. Innanzitutto, se non sappiamo quale fosse la nostra resilienza nel 2021, e quale sarà nel 2026, come possiamo sapere se l’obiettivo della ripresa – essere resilienti – è stato raggiunto? Come si può misurare il successo di un progetto se non si misura nulla? In secondo luogo, la mancata misurazione dell’esito della terapia durante la sua somministrazione solleva ciascuno da ogni responsabilità. Se non ci sono numeri sul tavolo come può qualcuno essere colpevole di un fallimento (quasi certo). In terzo luogo, l’unico obiettivo di questo enorme piano che viene in mente è aumentare i livelli di debito nell’UE e, naturalmente, spostare enormi quantità di denaro. Spendere miliardi per digitalizzazione, macchine elettriche o mulini a vento non garantisce e non incrementa la resilienza. Parlare di sostenibilità non rende più sostenibili. Ciò che è necessario – non sufficiente – per la sostenibilità è un’elevata resilienza. Tuttavia, se l’obiettivo di un Piano di Recupero e Resilienza non è la resilienza, di certo non lo sarà la sostenibilità.

Non è necessario attendere molto per apprezzare le conseguenze di un simile approccio. Fortunatamente, il nostro team di ricerca misura e monitora la resilienza di aziende, portafogli di investimento, paesi e macroregioni. Utilizzando i dati di EUROSTAT e degli uffici statistici nazionali, come l’Istat italiano, misuriamo e monitoriamo la resilienza dell’UE e di tutti gli Stati membri su base trimestrale. Da quando l’UE ha lanciato i piani per la ripresa e la resilienza, questa attività è diventata sempre più interessante e rilevante. Questo breve articolo si concentra sull’Italia poiché il Paese è stato bersaglio di lockdown e restrizioni irrazionalmente dure che hanno avuto particolare efficacia nel paralizzare la sua economia. Anche Confindustria ha recentemente espresso preoccupazione per il futuro di molti dei suoi oltre 150.000 soci (https://www.tgcom24.mediaset.it/economia/confindustria-la- tenuta-delle-imprese-nei-prossimi-mesi-e-a-rischio_48543716-202202k.shtml). Stranamente, questa preoccupazione si basa sulle stime dell’impatto del recentissimo conflitto in Ucraina, e non sul risultato di due anni di politiche distruttive del governo italiano. L’Italia, infatti, ha recentemente deciso di aumentare la spesa militare, che sicuramente darà impulso all’industria della difesa e alla sua immensa filiera, mitigando le paure di Confindustria.

Ma diamo un’occhiata ad alcuni numeri. Negli ultimi tre trimestri, cioè da quando è stato avviato il Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza, la resilienza dell’Italia è diminuita del 3%, e del 16% dall’inizio delle politiche covid nel primo trimestre 2020. Ciò è illustrato nel seguente grafico.

 

 

In sostanza, le politiche del governo italiano hanno distrutto il 20% della resilienza del Paese che, nel quarto trimestre del 2018, si è attestata all’89,1%. L’analisi è stata effettuata aggregando i seguenti dati economici delle 20 regioni italiane (per un totale di 330 parametri, fonte ISTAT):

  • prodotto interno lordo ai prezzi di mercato
  • valore aggiunto
  • imposte al netto dei contributi ai prodotti
  • prodotto interno lordo ai prezzi di mercato
  • importazioni nette
  • consumi finali interni
  • spesa per consumi finali sul territorio economico delle famiglie residenti e non
  • spesa per consumi finali delle istituzioni sociali privateal servizio delle famiglie
  • spesa per consumi finali delle amministrazioni pubbliche
  • investimenti fissi lordi
  • variazione delle scorte e acquisizioni meno cessioni di oggetti di valore
  • prodotto interno lordo ai prezzi di mercato
  • redditi interni da lavoro dipendente
  • risultato lordo di gestione e reddito misto lordo
  • imposte indirette nette

La cosa interessante è indagare quali regioni d’Italia sono maggiormente responsabili di questa debacle. Diamo un’occhiata al trimestre in corso, il primo trimestre del 2022, e il secondo trimestre del 2021.

 

 

Rispetto al primo trimestre 2021, la Lombardia ha aumentato la propria impronta di resilienza, dal 25% al ​​26%. Lo stesso si può dire dell’Emilia Romagna così come del Lazio e della Toscana. Queste quattro regioni sono quelle che hanno avuto un impatto negativo sulla resilienza dell’Italia nell’ultimo anno. È interessante notare come il PIL della Lombardia sia il 22% di quello italiano ma il suo impatto sulla resilienza sia del 26%.

La conclusione è chiara. Se si vuole controllare qualcosa (aumentarla o ridurla) è necessario misurarla e monitorarla. Se vuoi perdere peso, una dieta non è sufficiente: devi anche misurare il tuo peso regolarmente e adattare la dieta di conseguenza. Pensare alla perdita di peso non porterà a una perdita di peso. La speranza non è una strategia. Spendere miliardi di euro non risolve automaticamente le cose. In molti casi è necessario, ma in moltissimi non è sufficiente.

Quindi, i numeri sembrano suggerire che l’obiettivo della “ripresa” non è affatto aumentare la resilienza. L’obiettivo è spostare enormi quantità di denaro e aumentare il debito. Ciò porterà a una maggiore fragilità che realizzerà un’effetto importante: in un’economia fragile e paralizzata sarà più facile imporre dure misure di austerità ed esercitare maggiori livelli di controllo sulle società. E poi, di colpo, ci sara’ il Grande Reset.