Esistono vari modelli di leadership per una donna: ma il must è «essere antifragile»

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essere antifragile — 
di Cristina Melchiorri

Diciamoci la verità: noi donne occidentali siamo fortunate ad avere il lusso di porci questo tipo di argomento. Pensiamo alle ragazze e alle giovani donne avvelenate con il gas in Iran per il solo fatto che vanno a scuola. Esistono vari modelli di leadership cui ispirarci, se vogliamo sfuggire alla tentazione di imitare l’approccio autoritario, top down, che ormai funziona poco anche per gli uomini.

Il modello «situazionale»

Possiamo scegliere la leadership situazionale proposta da Blanchard, che sostiene che dovresti guidare collaboratori e collaboratrici non sulla base delle tue caratteristiche ma delle loro. Le persone quando lavorano possono essere Expert, Willing, Confident, cioè avere esperienza, fiducia in sé, voglia di fare. Oppure il contrario. Non esperte, insicure di sé, svogliate. Non puoi gestire persone diverse in modo uguale. A una persona esperta, capace e sicura deleghi il risultato. A una persona inesperta spiegherai come fare. A chi è insicuro dedicherai qualche tappa intermedia di check e incoraggiamento. Se qualcuno è svogliato, cercherai di capire perché.

Il «nudging»

Il secondo modello è quello del nudging, la spinta gentile. Approccio un pizzico manipolatorio e paternalistico, perché presuppone che tu sappia cosa è meglio. Così induci in modo non autoritario collaboratori, clienti, consumatori a fare quella scelta. Come quando al bancomat trovi l’opzione di stampare lo scontrino a sinistra, quando la maggioranza degli utenti usa la mano destra per digitare. Con relativo risparmio di carta e inchiostro.

Un altro esempio positivo di spinta gentile è quando all’anagrafe del Comune rinnovi la carta d’identità e il funzionario ti chiede se vuoi donare gli organi, volontà che per la legge italiana va espressa in modo esplicito. In Italia dal 2018 il solo fatto che ti venga richiesto in questo modo ha portato la donazione degli organi dall’8% al 75%. Naturalmente puoi scegliere di dire no.

Fragile e antifragile

Il terzo modello riguarda il concetto stesso di fragilità, che gli stereotipi di genere, sbagliando, attribuiscono al carattere delle donne. Durante il lockdown ci siamo sentiti tutti spesso ripetere che dovevamo tenaci e robusti, come uno scoglio nel mare in tempesta. Rispondere con una certa durezza allo shock del Covid e più in generale alle prove della vita. Essere resilienti.

Ma il vero contrario di fragile, non è essere resistente. È essere antifragile, che significa non solo reggere il colpo, ma uscirne più forti. Secondo il trader Nassim Taleb, questo approccio ci consentirebbe di uscire indenni dai “cigni neri” cioè dai disastri imprevedibili come sono stati la crisi finanziaria del 2008, l’11 settembre, il Covid.

Si diventa antifragili se si allena costantemente la capacità di affrontare momenti di cambiamento e di imprevedibilità, anche piccoli e limitati.

Qual è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta? Se consideriamo il cambiamento quello che in effetti è, una costante della nostra vita, e ci divertiamo a fare cose nuove per la prima volta anche da adulti, riusciremo ad essere antifragili, quando ci servirà veramente.

Le aziende più dinamiche oggi stanno andando oltre l’organizzazione a piramide gerarchica. Si stanno organizzando in piccoli team autoconsistenti, inclusivi di persone con differenti età, formazione, caratteristiche professionali e personali, guidati da team leader con un focus sui risultati di business e al tempo stesso sul benessere e il Valore delle persone.

È questa la leadership con cui dobbiamo confrontarci. È maschile o femminile? Non so. È una leadership che non cerca seguaci, ma che forma altri leader.