Luigi Crespi, lo spin doctor. Lo storico sondaggista politico

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Luigi Crespi. L’unico italiano capace di dirigere campagne elettorali in Europa e nel mondo, dall’Albania al Brasile.
Luigi Crespi, un passato di sinistra, è stato giocatore di football americano, dirigente politico, sell promoter. E’ conosciuto per l’attività pubblica di sondaggista e pubblicitario, spin doctor, coach e autore oggi lavora per grandi aziende e si occupa di brand e cinema che resta la passione che divide con suo fratello il Regista Ambrogio e con il talentuoso figlio Niccolò.

Ma soprattutto è stato il sondaggista storico di Silvio Berlusconi.

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Ha vissuto fianco a fianco con il leader di Forza Italia e ne ha condizionato lo stile di comunicazione seguendolo nella “traversata del deserto” e portandolo alla riaffermazione del 2001.

Intervista a Luigi Crespi

La rottura dei codici tradizionali
“Ho lavorato sette anni per lui, sette lunghissimi anni, che sono stati la “traversata del deserto” esordisce Luigi Crespi “Dal 2002, dopo la clamorosa vittoria … coordinavo le attività di propaganda della sua campagna elettorale. E’ stata un’esperienza straordinaria, una corsa ad ostacoli perché cambiava tutto in funzione delle attività di Silvio Berlusconi”.

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Luigi, tu sei abituato ad insegnare come si comunica, ma che cosa hai imparato da Berlusconi in quegli anni?

“Che cosa ho imparato? Ho imparato sicuramente più cose di quelle che ho insegnato, su questo non c’è dubbio. Un grande maestro è stato per me. Ma la cosa interessante è il modello con cui lui costruiva le cose. Lui era un grande rivoluzionario. In tutto: nel calcio, nell’edilizia … qualunque cosa facesse applicava lo stesso metodo, rivoluzionava le regole”.

In che senso?

“Cambiava i paradigmi e introduceva un grande elemento di sogno. Ottenendo risultati clamorosi: pensate a Milano 2, pensate a cosa ha fatto nello sport, e a cosa ha fatto in politica. Qual è stato il suo problema? E mi permetto di esporre questa critica perché è un dato oggettivo: quando conquistava una posizione di dominio in un mercato o in un’iniziativa, come fanno tutti gli imprenditori, cercava di limitare l’accesso altrui”.

Che cosa intendi dire concretamente?

“Basta pensare a una legge come il “Porcellum”. Perché la legge che lo ha portato a diventare leader politico è stata quella voluta del referendum di Segni, ma la legge che ci lascia è il Porcellum, quella che ha portato i segretari di partito, e quindi lui, a scegliere le persone che ci devono governare e rappresentare. Questo è per me il vulnus più grave di Berlusconi”.

Ma sul piano personale, che ricordi hai?

“Sul piano personale ho tanti bei ricordi… ma anche tanti brutti ricordi. Era un personaggio complesso, di grande umanità, ma tante volte anche di grande ruvidezza”.

Come vedi il dopo Berlusconi?

“Credo che a parte la scomparsa di Berlusconi, un dolore che attraversa i militanti, la famiglia, l’impresa, si ricomincerà subito a costruire nei vari settori, nell’azienda, nella famiglia. Certo anche nella politica, ma ciò che rimarrà di lui in questo caso non sarà quello che c’era prima, perché Berlusconi non ha voluto che ci fosse un erede”.