Tenere le cinture allacciate in caso di turbolenza: indicatori negativi in arrivo?

Thomas Tilse Director, Head of Portfolio Strategy Private Clients Allianz Global Investors -
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Il primo semestre si chiude con risultati complessivamente positivi per gli investitori. E adesso cosa è meglio fare? Prendere profitto anche se non si è pienamente beneficiato del rialzo? Rimanere investiti e sperare in minori turbolenze dopo il nervosismo che ci ha accompagnato dall’inizio dell’anno? O addirittura incrementare gli investimenti a fronte di dati economici poco incoraggianti? La visibilità resta scarsa. Per questo si consiglia di mantenere le cinture allacciate, perché potrebbero verificarsi delle turbolenze – per esempio sotto forma di indicatori anticipatori del ciclo economico negativi.

Gli indici dei responsabili degli acquisti delle principali aree geografiche, tra cui l’indice del clima economico tedesco Ifo, hanno già lanciato segnali d’allarme (cfr. grafico della settimana). Il settore manifatturiero, in particolare, resta debole a livello globale. L’auspicata inversione di tendenza, dopo l’evasione dell’ingente mole di ordini arretrati a causa della crisi durante la prima metà dell’anno, per il momento non si è concretizzata. Tale situazione è determinata anche dalla lenta ripresa della Cina dopo la fine delle politiche anti Covid. L’andamento degli ordini per i prossimi mesi lascia a desiderare. Inoltre il sentiment sinora solido nei confronti del settore dei servizi inizia a peggiorare. Innanzitutto, si sentono gli effetti dei tassi di interesse elevati e delle condizioni più restrittive del credito. Ma allora perché i mercati registrano ancora performance relativamente buone? Le ragioni potrebbero essere calo dei tassi di inflazione e costante stabilità dei mercati del lavoro su scala mondiale. Sembra inoltre che nel breve periodo prevalga il sollievo per la flessione dei prezzi dell’energia. Sorprendono, in particolare, i dati macroeconomici relativi agli Stati Uniti: nonostante i tassi di interesse siano saliti in misura significativa e veloce, l’economia continua a crescere, benché lentamente. Anche i prezzi modesti di petrolio e gas rappresentano un fattore positivo. I prezzi della benzina sono particolarmente importanti per il sentiment dei consumatori.

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Che cosa ci aspettiamo quindi per il periodo estivo? Gli indicatori anticipatori dell’economia come sondaggi su sentiment e nuovi ordinativi nel settore industriale vacillano. Stanno riaffiorando i timori di una recessione nella stagione invernale.

Ma allora perché quasi nessuno sembra preoccupato? Qui entra in gioco il fattore abitudine.

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Infatti se guardiamo agli ultimi anni, in un lasso di tempo relativamente breve è successo quasi tutto quello che gli esperti reputavano possibile in termini di crisi: recessione, crisi finanziaria, rapido incremento dei tassi, errori di politica monetaria, pandemia globale, guerra, shock dei prezzi del petrolio, crisi energetica, shock inflazionistico, guerre commerciali, istituti finanziari in difficoltà, fallimenti bancari, sconvolgimenti politici a livello mondiale, interruzione delle filiere, shock climatici, El Nino, disgregazione di organizzazioni internazionali (Brexit)… è successo praticamente di tutto, fatta eccezione per l’immancabile “cigno nero”. E sinora i mercati hanno superato tutto. È questa resilienza che rafforza la convinzione degli investitori che le crisi siano gestibili e alimenta la fiducia.

Il sistema capitalistico si è rivelato straordinariamente resiliente. A partire dalle imprese, che si sono adattate in tempi record a qualsiasi situazione. Ma anche le banche centrali e le istituzioni governative hanno reagito in tempi brevi e per lo più in modo adeguato. Per non parlare del mercato globale delle materie prime, che in pochi mesi ha fatto fronte alla perdita di forniture dalla Russia. Ecco perché non ci scomponiamo più di tanto: le avvisaglie di una recessione estesa appaiono meno minacciose quando si crede fermamente nella capacità di adattamento del sistema. Ma c’è il rischio di minimizzare eventuali sviluppi.

Tuttavia i recenti sondaggi tra i gestori di fondi rilevano un forte scetticismo circa le attese di crescita, quindi i rischi non sono sottovalutati. Al momento vale l’analogia con un aereo che attraversa un’area di turbolenza: siamo spaventati, ma sappiamo che l’equipaggio e l’aereo potranno cavarsela. Ne siamo convinti perché l’aereo dispone di diversi sistemi di sicurezza. Per ora questa sembra la strategia più adatta per l’estate: mantenere gli investimenti nonostante alcune incertezze, e cercare aziende e obbligazioni che hanno dato prova di saper resistere alle crisi e hanno una visione lungimirante. Ad esempio, la storia recente ci ha insegnato che il progresso tecnologico è inarrestabile. Inoltre, ci sono molteplici driver di innovazione, dalla medicina alla mobilità, alle energie rinnovabili. Dividendi consistenti e in aumento favoriscono la stabilità. Area euro e Giappone, due mercati sinora trascurati a livello mondiale, tornano al centro dell’attenzione. I titoli obbligazionari possono offrire diversificazione e rendimenti degni di nota. Quindi il motto potrebbe essere: tenere le cinture allacciate e mantenere la rotta in caso di eventuali correzioni.

La settimana prossima

La prossima settimana la Cina tornerà sotto i riflettori per via della pubblicazione dell’indice dei responsabili degli acquisti Caixin. Conosceremo inoltre l’andamento dei nuovi ordinativi e della produzione di Francia, Stati Uniti e Germania e soprattutto giovedì e venerdì i dati sulla disoccupazione negli USA. Molto probabilmente, durante la pausa estiva i dati rimarranno eterogenei e forniranno poca chiarezza sull’inizio di una recessione. Inoltre i prossimi impulsi si avranno solo a metà luglio con la pubblicazione dei bilanci aziendali. Allora si saprà quali settori sono riusciti ancora una volta a incrementare gli utili nonostante il contesto difficile. Sino ad allora non si attendono grandi sorprese.