Un buon momento per rivedere i portafogli, azioni Usa sull’orlo del mercato toro

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L’S&P 500 ha guadagnato il 20% dai minimi di ottobre 2022 e secondo alcuni è entrato nuovamente in una fase di mercato rialzista. Molti investitori identificano infatti questa soglia con l’avvio di un mercato toro, ma è ancora possibile che l’indice americano stia registrando un rally nell’ambito di un mercato orso, ovvero una fase di forte rialzo che si verifica durante un ribasso forte e prolungato (dopo una perdita di oltre il 20%, prima di un nuovo massimo storico). Finché i mercati non avranno segnato un nuovo record, non è possibile sapere se il minimo del mercato orso (il minimo assoluto del ciclo di mercato) sia già stato toccato.

Partendo da questo presupposto, consigliamo agli investitori di continuare a operare con cautela. Preferiamo le obbligazioni di alta qualità alle azioni. A nostro avviso, questo contesto favorisce anche gli investimenti strutturati, che permettono di gestire i rischi a breve termine rimanendo esposti alle opportunità a medio termine. Inoltre, circostanze come queste offrono anche la possibilità di rivedere le strategie a lungo termine.

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Ribilanciare i portafogli. Consigliamo agli investitori di verificare se la loro asset allocation si è allontanata dagli obiettivi a lungo termine e, se necessario, ribilanciare il portafoglio affinché resti adeguatamente posizionato per una potenziale svolta dei mercati. Lo scostamento dell’asset
allocation segue un andamento prociclico: ciò significa che i portafogli tendono a sovrappesare i titoli che hanno sovraperformato più di recente, mentre la quota investita nelle asset class che negli ultimi tempi hanno sottoperformato continua a diminuire. Ad esempio, l’anno scorso le large
cap growth statunitensi hanno sottoperformato l’S&P 500 dell’11%. Senza ribilanciamento, la quota detenuta dai portafogli in questo segmento sarebbe stata minore di quella inizialmente pianificata, con una ridotta partecipazione alla loro sovraperformance da inizio 2023.

Finanziare la spesa con strumenti più liquidi. Dato che azioni e obbligazioni statunitensi hanno perso circa il 10% dall’ultimo massimo storico, non hanno generato liquidità da destinare alla spesa. Consigliamo quindi di utilizzare a tale scopo gli strumenti liquidi (contanti, depositi e obbligazioni di alta qualità) senza ripristinare le relative riserve finché l’attuale mercato orso non sarà finito. Con questa strategia di «ricostituzione dinamica», gli altri asset possono rimanere pienamente investiti e posizionati per la futura ripresa. Durante un mercato toro in genere raccomandiamo di accantonare risorse sufficienti a finanziare i prelievi di portafoglio pari a 3–5 anni, il tempo che storicamente tardano i portafogli bilanciati più diversificati a recuperare interamente le perdite subite durante un mercato orso e segnare nuovi massimi.

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Includere nei portafogli fonti di reddito duraturo. Anche se i rendimenti della liquidità e delle obbligazioni a breve termine sono diventati più appetibili dopo i recenti rialzi dei tassi di riferimento, l’inflazione continua a erodere il potere d’acquisto degli strumenti sicuri e in prospettiva ci aspettiamo un calo dei tassi d’interesse. La migliore strategia consiste nel cristallizzare i
rendimenti al picco dei tassi e impiegare la liquidità in eccesso nel portafoglio d’investimento a lungo termine, che ha le maggiori probabilità di crescere a un tasso superiore all’inflazione.

Consigliamo quindi di non dare per scontato che il recente rialzo azionario possa proseguire. Invece, ci sembra un buon momento per ribilanciare i portafogli e rivedere i piani finanziari a lungo termine.

Gli interrogativi della settimana

La Fed salterà il rialzo di giugno? La banca centrale americana ha alzato i tassi a ciascuna delle ultime 10 riunioni di politica monetaria. Gli economisti si aspettano che faccia una pausa a giugno, segnalando però la possibilità di ulteriori strette. Inoltre, all’inizio della settimana sarà pubblicato
l’indice dei prezzi al consumo di maggio, da cui si saprà se l’inflazione continua a rallentare. Ma la previsione di consenso è che l’inflazione «core», al netto di alimentari ed energia, registri un aumento dello 0,4% su base mensile, lo stesso ritmo di aprile.

Quali sono le prospettive dei tassi della zona euro? La riunione di politica monetaria della BCE si terrà sulla scia della notizia che l’economia della regione ha registrato una contrazione per due trimestri consecutivi. A nostro avviso la conferma della recessione tecnica dell’eurozona non
farà cambiare programmi alla banca centrale, perché l’inflazione è ancora troppo alta per abbassare la guardia. Ci aspettiamo un rialzo dei tassi alla riunione di questa settimana, con l’indicazione che la stretta proseguirà. Tuttavia, la BCE vorrà probabilmente precisare che non ha ancora preso decisioni per il futuro e continua a dipendere dai dati.

La crescita cinese si sta riprendendo? Dopo i dati economici sotto tono degli ultimi tempi, gli investitori auspicano che vengano varati nuovi interventi di stimolo. Al tempo stesso sperano che la produzione industriale, le vendite al dettaglio e la disoccupazione nelle città segnalino un miglioramento delle prospettive.

Al centro dell’attenzione

Bloccare redditi duraturi in un contesto di incertezza sui tassi In vista della decisione cruciale della Federal Reserve (Fed) prevista per questa settimana, altre banche centrali sono apparse più aggressive del previsto, con incrementi a sorpresa in Canada e in Australia. I mercati si aspettano ancora che la Fed salterà il rialzo dei tassi di giugno, ma si attendono comunque un altro intervento restrittivo prima della fine del ciclo e non credono più che i tagli dei tassi avranno inizio entro l’anno.

Finora gli indici azionari hanno reagito bene alla prospettiva di tassi «più alti più a lungo» e secondo alcuni l’S&P 500 è entrato in una fase di mercato toro, dato che ha guadagnato più del 20% dai minimi di ottobre. Il rendimento dei Treasury a 3 mesi si è mantenuto intorno ai massimi ventennali, confermando l’attrattiva esercitata di recente dalla liquidità e dai fondi del mercato monetario.

Ma, nella convinzione che i tassi siano comunque vicini al picco, consigliamo agli investitori di bloccare i redditi duraturi. I rendimenti dei Treasury a 2 e 5 anni sono scesi dai massimi di inizio marzo (toccati prima che si diffondesse la preoccupazione per lo stato di salute del sistema bancario), ma rispettivamente al 4,59% e al 3,74% (al 12 giugno) ci sembrano ancora vantaggiosi. Vediamo il potenziale di registrare plusvalenze se la crescita dovesse rallentare più bruscamente del previsto.

Gli investitori possono trovare buone opportunità di reddito anche sui mercati azionari, puntando su titoli di qualità con dividendi elevati. Al 12 giugno l’MSCI World High Dividend Yield Index offre un rendimento del 3,9%. Gli asset reali e gli investimenti strutturati che generano rendimenti sono due possibili alternative per rafforzare le fonti di reddito duraturo.

Conclusione: consigliamo di non dare per scontato che gli attuali rendimenti della liquidità e dei mercati monetari possano durare a lungo. Sarà sempre più importante includere fonti di reddito duraturo nei portafogli se, come pensiamo, il recente rally azionario si esaurirà nel resto dell’anno.

Fondi macro: porto sicuro durante la tempesta

Gli investitori che puntano sulla diversificazione sono stati delusi a maggio. Le azioni globali hanno perso l’1,1% e le obbligazioni statunitensi con rating elevato hanno ceduto l’1,2%. Questi episodi rafforzano l’importanza di includere in portafoglio strumenti a più bassa correlazione, compresi gli hedge fund. Tra questi, le strategie macro ci sembrano mostrare prospettive particolarmente positive.

I fondi macro discrezionali hanno registrato una performance piatta da inizio 2023 (in base ai dati HFRI) e molti gestori hanno effettuato frequenti operazioni di riposizionamento per riflettere la modifica delle aspettative per la crescita, l’inflazione e la politica monetaria americana. Tuttavia, riteniamo che la strategia possa beneficiare della persistente incertezza macroeconomica e della normalizzazione della volatilità delle azioni statunitensi (l’indice VIX si attesta sotto 15 punti, ai minimi del dopopandemia).

Storicamente gli hedge fund macro hanno contribuito a ridurre le oscillazioni dei portafogli, soprattutto nelle fasi di rallentamento economico o recessione. Tra il 1997 e giugno 2022 le strategie macro hanno complessivamente sovraperformato gli altri hedge fund (HFRI Fund Weighted Index) di 1 punto percentuale nelle fasi di rallentamento del settore manifatturiero e di 12 punti percentuali nelle fasi di recessione del settore manifatturiero.

Inoltre, durante i ribassi dei mercati hanno accusato perdite più contenute dai massimi ai minimi. Nello stesso periodo, i fondi discretionary macro hanno registrato una perdita massima dell’8,1% contro una flessione massima del 50,9% per le azioni americane (S&P 500 Total Return Index).

Conclusione: continuiamo a credere nel ruolo degli hedge fund come strumento di diversificazione dei rendimenti e gestione dei rischi a lungo termine. A nostro avviso offrono potenziale di rendimento anche i fondi multistrategy, i fondi azionari long/short a bassa esposizione netta e i fondi creditizi long/short. Gli investitori devono tenere presenti i rischi complessivi associati agli hedge fund, tra cui la potenziale illiquidità dei portafogli e la mancanza di trasparenza di alcuni gestori.

L’oro può superare gli ostacoli di breve termine

Le quotazioni aurifere sono rimaste sotto pressione perché il rafforzamento dell’occupazione statunitense avvalora l’ipotesi che la Fed salterà il rialzo dei tassi di giugno, anziché porre fine alla stretta monetaria. Il sentiment nei confronti dell’oro ha risentito anche del calo delle riserve aurifere di 71 tonnellate ad aprile (dati del Fondo monetario internazionale, FMI), la prima diminuzione netta da oltre un anno.

A nostro avviso è possibile un’ulteriore contrazione a circa 1870 dollari l’oncia (dall’attuale livello di 1960 dollari), poiché i mercati stanno spostando in avanti le attese circa l’avvio dell’allentamento monetario della Fed. Ma ci aspettiamo ancora un rialzo dell’oro nel prossimo anno e crediamo
che il metallo giallo continui a rappresentare un’importante copertura nei portafogli.

La Fed segue una traiettoria più aggressiva di quella attesa a inizio maggio, ma la fine dell’inasprimento monetario appare ancora imminente. Inoltre, riteniamo che i tagli dei tassi siano più vicini negli Stati Uniti che in altre regioni, compresa la zona euro, e questa prospettiva contribuisce a indebolire il dollaro, fattore che in genere favorisce l’oro.

La domanda di oro da parte delle banche centrali dovrebbe rimanere robusta, nonostante la recente diminuzione. A nostro avviso, la riduzione delle posizioni ufficiali emersa dai dati dell’FMI non riflette un calo dell’entusiasmo delle banche centrali nei confronti dell’oro, ma è il risultato di dinamiche locali, tra cui le insolite vendite da parte della banca centrale turca.

Da lungo tempo l’oro beneficia degli afflussi verso i beni rifugio nei periodi di turbolenze geopolitiche. L’intensificarsi della rivalità tra Stati Uniti e Cina e le continue tensioni legate all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia fanno salire il rischio geopolitico.

Teaser: Ci aspettiamo ancora un rialzo dell’oro nel prossimo anno e crediamo che il metallo giallo continuerà ad apportare diversificazione ai portafogli. Confermiamo la nostra previsione di 2100 dollari l’oncia a fine dicembre 2023 e 2250 dollari l’oncia a fine giugno 2024.