Fitch conferma il rating dell’Italia. Ma le nostre istituzioni non sono così tranquille

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— rating Fitch —

Dopo aver posto gli Stati Uniti sotto osservazione con implicazioni negative a maggio, Fitch nell’agosto scorso aveva abbassato il rating del credito statunitense ad AA+ da AAA. Del resto anche Moody’s ha rivisto al ribasso l’outlook degli Stati Uniti portandolo da ‘stabile’ a ‘negativo’. “La nostra economia resta forte” protesta il Tesoro americano si dice in disaccordo con la decisione di Moody’s. “I Treasury sono l’asset più sicuro al mondo” afferma il Tesoro.

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Niente a che fare con il debito italiano, che ha sempre avuto una classificazione al limite del junk credit, ma insomma, questa severità di Fitch o Moody’s poteva rivolgere la propria attenzione anche all’Italia. Per fortuna non è stato così.

L’ANSA comunica stamattina che dopo S&P anche Fitch ha ribadito il suo giudizio lasciandolo immutato a BBB con outlook stabile.

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L’economia italiana è sufficientemente ampia e diversificata, ribadisce l’Agenzia ANSA, ma il debito italiano resta alto, la politica di bilancio mostra segnali di allentamento dopo la pandemia e i rendimenti sono cresciuti.

Il parere delle istituzioni

Il governo Meloni sta dimostrando una tenuta migliore dei precedenti, ma anche in questo caso non manca qualche ombra: l’esecutivo deve infatti affrontare “una notevole pressione politica per mantenere gli impegni elettorali”, osserva Fitch, e questo pesa sulle prospettive di un maggiore consolidamento, “come evidenziato dalle misure di riforma delle pensioni respinte dalla coalizione”. Con la manovra alla prova del Parlamento, l’Italia incassa comunque una conferma, in attesa dell’ultimo, fondamentale, giudizio che arriverà tra sette giorni da parte di Moody’s.

Un certo grado di incertezza dunque ancora resta anche perché sul piano macroeconomico il quadro non appare roseo: la produzione dell’industria arretra, i tassi sui prestiti e sui mutui restano alti e il debito pubblico rimane per l’Italia un fardello, “fonte di vulnerabilità – secondo il direttore generale di Bankitalia Luigi Federico Signorini – della nostra economia” e in discesa “solo marginale” nei prossimi anni. L’Istat parla di “prospettive incerte”. Mutui e prestiti – spiega Bankitalia – continuano a calare per le famiglie (-0,9%) e le imprese (-6,7%). E gli artigiani della Cna si dicono preoccupatissimi per la stretta sul credito.

Per quanto riguarda la produzione dell’industria, ribadisce l’Agenzia ANSA,  il dato non lascia dubbi: crescita zero a settembre su agosto e -2% su settembre 2022 anche se nella media del terzo trimestre il livello della produzione aumenta di poco: lo 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. Sono sempre i consumi ad andare male e a incidere: l’indice mensile cala per i beni di consumo (-2,2%). In termini tendenziali l’indice cala per la produzione dei beni di consumo del 6,5%.

Allarmati i consumatori: il Codacons punta il dito sull’aumento dei prezzi, soprattutto per le famiglie. l’Unc sottolinea l’andamento peggiore proprio per i beni di consumo. Dunque ci sono tutti i segnali per una brusca frenata: “le prospettive economiche internazionali restano molto incerte, condizionate dall’acuirsi delle tensioni geo-politiche e dalle condizioni finanziarie sfavorevoli per famiglie e imprese”, spiega ancora l’Istat ricordando che “ad ottobre, la fiducia di famiglie e imprese ha continuato a calare, suggerendo che l’economia italiana potrebbe rallentare nei prossimi mesi”.

Famiglie e imprese che faticano anche solo ad avere un mutuo o un prestito: in settembre i prestiti al settore privato – dice Bankitalia – sono diminuiti del 3,6% sui dodici mesi (-3,4 precedente). I prestiti alle famiglie sono calati dello 0,9 per cento sui dodici mesi (-0,6 nel mese precedente) mentre quelli alle società non finanziarie si sono ridotti del 6,7 per cento (-6,2 nel mese precedente). Unica, magrissima, consolazione la micro-limatura dei tassi di interesse sui mutui alle famiglie che, comprensivi delle spese accessorie (Taeg), si sono collocati al 4,65% (4,67 in agosto).

Ancora nulla se si considera – spiega ancora il Codacons – che oggi un mutuo variabile costa fino a +4.400 euro sul 2021″. Inoltre le tensioni continuano a spingere sui titoli di Stato. Non a caso nell’asta di Btp la domanda è stata forte (9 miliardi piazzati) e i rendimenti sono calati ma restano sempre su livelli alti (quelli a 30 anni hanno un lordo di del 5,05%).