La Fed potrebbe non tagliare i tassi nel primo trimestre 2024. A quali aree dell’obbligazionario guardare

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Le prospettive per il reddito fisso da qui in poi sembrano decisamente migliorare. L’inflazione, pur rimanendo al di sopra degli obiettivi delle banche centrali, si è notevolmente moderata. E la recessione è stata finora tenuta a bada. Anzi, la crescita economica in rallentamento, ma ancora solida, ha alimentato l’ottimismo del mercato su un possibile “atterraggio morbido” dell’economia, non una contrazione.

Essendosi impegnata a restare dipendente dai dati, la Fed continuerà a procedere con cautela, in attesa di ulteriori prove che l’inflazione sia scesa abbastanza da giustificare una riduzione dei tassi. Nel frattempo, anche la Banca Centrale Europea e la Banca d’Inghilterra hanno messo in “pausa” i rialzi dei tassi e finora non si sono mostrate inclini a comunicare tagli prima del dovuto.

La Banca del Giappone, la cui politica di controllo della curva dei rendimenti da tempo l’ha resa un’eccezione dovish tra le principali banche centrali, si sta preparando a rivedere il proprio approccio, al fine di consentire un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato. Alla luce di questa cautela tra le banche centrali – e contrariamente a quanto attualmente previsto dai mercati finanziari – riteniamo che le probabilità che la Fed tagli i tassi nel primo trimestre del 2024 rimangano basse e che il tanto atteso cambiamento nella politica monetaria non inizierà prima della metà dell’anno.

A nostro avviso il recente aumento dei rendimenti obbligazionari abbia creato ampie opportunità per gli investitori di beneficiare di quelli che dovrebbero essere diversi tagli dei tassi quest’anno (che inizieranno, secondo noi, più tardi di quanto previsto dai mercati). Secondo le nostre previsioni, il rendimento dei Treasury USA a 10 anni dovrebbe scendere dai livelli attuali per chiudere il 2024 intorno al 3,50%. Di conseguenza, riteniamo che possa essere saggio estendere la duration nei portafogli obbligazionari. Ma con l’economia statunitense in rallentamento e le crepe nella capacità di resistenza dei consumi, pensiamo anche che sul credito si debba avere un approccio flessibile.

In alcune aree investment grade, i rendimenti sono ora superiori al 5%. Questo contesto di rendimenti più elevati determina una maggiore dispersione e crea più opportunità di ottenere ritorni interessanti. Le obbligazioni societarie investment grade, ad esempio, offrono un profilo di duration più lunga e la loro maggiore qualità relativa potrebbe offrire un cuscinetto se l’economia dovesse indebolirsi più del previsto.

Guardiamo con interesse alcune fonti di reddito non tradizionali, come i titoli garantiti da asset (ABS) di qualità superiore e i titoli privilegiati. La performance del credito al consumo e commerciale si è stabilizzata, il che è positivo per gli ABS. Tuttavia, se l’economia dovesse rallentare, probabilmente le carte di credito di qualità inferiore e i prestiti auto sarebbero i primi a sperimentare insolvenze e default. Per quanto riguarda i titoli privilegiati, le banche stanno affrontando una maggiore regolamentazione pur continuando a superare i rigorosi stress test della Fed, il che fa ben sperare gli investitori.

Nell’universo all’investment grade, che attualmente offre rendimenti compresi tra il 7% e il 9%, ci concentriamo sui segmenti di qualità superiore all’interno dei vari settori. Ad esempio, privilegiamo gli emittenti di obbligazioni high yield e di prestiti senior con rating BB. I tassi di copertura degli interessi rimangono solidi per questi emittenti, che hanno scaglionato le scadenze del debito, riducendo così il rischio di rifinanziamento a fronte di rendimenti più elevati.

Infine, i rischi macroeconomici globali appaiono oggi più equilibrati, un vantaggio per il debito dei mercati emergenti (EM). Molte regioni e Paesi emergenti presentano ancora livelli di crescita sostenuti e alcune delle principali banche centrali emergenti hanno iniziato a tagliare i tassi di riferimento.