Italian Climate Network, il clima è cambiato. Negoziati intermedi bloccati a 24 ore dal flop

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Si sono conclusi nella serata di venerdì 15 giugno 2023 i negoziati intermedi sul clima di Bonn, in Germania. Eravamo ormai da anni abituati a negoziati intermedi tutto sommato placidi rispetto
alle tormentate COP. Invece, a Bonn quest’anno è stato superato il record di partecipanti con oltre 4800 persone, il doppio dell’anno precedente. Niente a che vedere con i numeri elefantiaci delle COP, ma un grande affollamento rispetto agli anni passati, quando a recarsi a Bonn erano solo i tecnici.

Il clima è cambiato ed è sotto i riflettori a livello internazionale

«A tenere banco per giorni è stata la questione della mancata approvazione dell’agenda dei lavori, base per il lavoro delle due settimane. L’ultimo precedente risaliva al 2013. Alla fine, l’accordo è stato trovato, a 24 ore dalla chiusura, l’agenda è stata approvata nella serata del 14 giugno, penultimo giorno di lavori. – commenta Jacopo Bencini, Policy Advisor e UNFCCC Contact Point di Italian Climate Network – Il processo politico e negoziale ha partorito, per l’ennesima volta, un compromesso che non è piaciuto quasi a nessuno, ma che ha permesso al processo di andare avanti: Unione Europea e Paesi AOSIS (i piccoli stati insulari) hanno dovuto ritirare il punto sul Mitigation Work Programme a fronte dell’opposizione di alcuni Paesi in via di sviluppo, in particolare degli appartenenti al gruppo Like Minded Developing Countries.

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Espungere dai lavori un punto importante come quello del potenziamento delle azioni di mitigazione può sembrare controproducente, vista la situazione di accelerato riscaldamento globale. Parimenti controproducente, per i Like Minded, l’assenza di discussioni concrete sul potenziamento degli strumenti solidali di finanza climatica, secondo la logica per la quale i Paesi in via di sviluppo sarebbero disponibili a lavorare su ulteriori obiettivi di mitigazione se quelli occidentali mettessero in campo le risorse per aiutarli in tal senso, mentre “nessuno parla sul serio di finanza climatica».

Conclude Bencini: «Sebbene la questione su questo punto sia più complessa e multilivello della semplificata polarizzazione Nord-Sud che domina, per esempio, nei negoziati su perdite e danni , una variabile nell’equazione rimane al suo posto: il Nord globale è chiamato a mettere più soldi sul tavolo, ma la sensazione è che si sia ancora (e dopo decenni) molto, troppo lontani dal veder comparire una solidarietà finanziaria vera e strutturata a livello internazionale.»

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Approfondiamo ora di seguito i temi negoziali focali che Italian Climate Network ha seguito direttamente di questi Negoziati Intermedi. Infine, un’importante nota finale con una riflessione generale sulla credibilità del processo negoziale e una novità per i badge di COP28.

Adottato testo-base per il Global Stocktake, a settembre il primo report

È stato definito, salvo alcuni dettagli, il testo-base a partire dal quale a COP28 si chiuderà il primo inventario globale delle politiche dei Paesi, il cosiddetto global stocktake. Rimane caldissimo il problema dell’eventuale conteggio delle emissioni storiche precedenti al 2020, anno di inizio del periodo coperto dall’Accordo di Parigi, sollevato da molti Paesi del Sud del mondo e ovviamente fortemente osteggiato, in particolare, dagli Stati Uniti d’America. Il negoziato di Bonn si è chiuso con l’incarico, da parte dei Paesi ai co-facilitatori della sessione, di redigere per inizio settembre un primo report di sintesi di quanto detto e deciso fino ad oggi, così da facilitare il lavoro dei delegati che voleranno a Dubai a fine anno.

Delusione per il mancato riconoscimento dei report IPCC nei punti più tecnici

Durante la plenaria finale, molti Paesi e gruppi di Paesi, dall’Unione Europea al Cile fino ai piccoli e fragili paesi insulari, hanno fatto sentire tutto il loro disappunto per il mancato riconoscimento, nei testi finali, degli ultimi report dell’IPCC nei documenti più tecnici approvati su impatti e vulnerabilità, ricerca o osservazione sistematica, sistemi di raccolta dati sulle emissioni. Si intuisce che nelle ore che hanno preceduto la plenaria alcuni Paesi meno ambiziosi hanno richiesto qualche “piccola correzione” peggiorativa in tal senso.

Mitigation Work Programme

Mentre gli europei insistevano per far inserire il punto in agenda, i Paesi Like Minded, a metà negoziato, hanno addirittura proposto come merce di scambio l’aggiunta di un ulteriore punto sul potenziamento dei flussi finanziari ex Art. 4 dell’Accordo di Parigi. Una stranezza procedurale del tutto inedita e che non ha infatti avuto seguito. Alla fine, l’agenda è stata approvata senza MWP, con buona pace degli europei che riproporranno il tema a COP28. Per fortuna, il processo non si è fermato. I delegati hanno ottimisticamente continuato a lavorare sui temi meno divisi secondo un’agenda provvisoria, portando a casa qualche risultato.

Santiago Network su perdite e danni

Non è stato raggiunto un accordo su quale entità, ONU o meno, dovrà ospitare i lavori del Santiago Network su perdite e danni (o Loss and Damage). Alla sessione finale sono arrivati due candidati: l’UNDDR, ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio da disastri, e Banca di Sviluppo dei Caraibi. La questione è stata rimandata a COP28. Il Santiago Network è uno strumento pensato per fornire assistenza tecnica ai Paesi nel loro lavoro su perdite e danni, e non è formalmente legato al fondo lanciato a COP27, sul quale sta lavorando in parallelo un comitato di transizione ad hoc. Durante questi negoziati intermedi il proseguimento dei Dialoghi di Glasgow – nei quali un anno fa proprio a Bonn emerse la crepa politica dalla quale originò l’adozione del nuovo fondo a COP27 – ha dato la possibilità alle delegazioni di interagire e confrontarsi tra loro e con i membri del
comitato di transizione su come dovrà essere il nuovo fondo. Global Goal on Adaptation
Dopo due settimane di lavoro si è arrivati ad avere una struttura-base di quello che sarà il testo da approvare a COP28, che di fatto indica come si lavorerà nei prossimi anni nel definire nuovi obiettivi globali sull’adattamento. Nel testo approvato a Bonn rimangono alcuni, pochi, punti da sciogliere, ma di rilevanza politica: inserire o non inserire nella decisione formale degli intermedi ipotesi e specifiche opzioni (di contenuto) su indicatori, obiettivi quantitativi e numeriche? Alla fine, tutte le opzioni e le proposte sono finite in una nota informale preparata dai facilitatori della sessione, anche se alcuni Paesi – in particolare del Sud globale – le avrebbero volute inserite in un allegato del testo formale in approvazione.

Definizione di Just Transition rimandata a COP28

Dopo dieci giorni di discussioni in merito alla definizione stessa di “giusta transizione” nell’ambito dei negoziati sul filone “Just Transition Pathways”, con Stati Uniti d’America e, in particolare, alcuni Paesi africani in totale contrasto, il negoziato si chiude con un niente di fatto. I Paesi avranno ora tempo fino al 15 settembre per inviare osservazioni e dichiarazioni al Segretariato, così da ripartire non troppo da capo a COP28. I Paesi G77 + Cina hanno sottolineato l’importanza di avviare un gruppo di lavoro con obiettivi chiari sul tema a COP28, per dare esiti concreti alla conversazione che per adesso sembra non avere sbocchi pratici.

Nota finale – Continuare a credere nel processo

In un contesto geopolitico segnato da crescenti attriti internazionali ed una ri-polarizzazione Nord Sud dai toni a tratti molto più che ideologici, questi negoziati intermedi hanno dimostrato che è ora più che mai necessario investire politicamente nel processo multilaterale sotto egida Nazioni Unite, unico luogo, unico contesto nel quale il dialogo è ancora possibile. Ma chi partecipa a questo processo? Chi entra alle COP? Chi può parlare ogni giorno con i delegati?
uesti negoziati intermedi hanno visto, nei primi giorni di lavoro, proteste e creative manifestazioni rispetto al conflitto d’interessi del Presidente di COP28 Sultan Al-Jaber, Ministro dell’Industria degli Emirati Arabi Uniti ma soprattutto CEO di ADNOC, la compagnia petrolifera nazionale, in visita proprio qui a Bonn nei giorni scorsi. La sua presenza ha ridato vigore alle critiche rispetto alla crescente presenza di lobbisti del fossile nelle delegazioni nazionali alle COP, presenza più o meno esplicita, ma comunque ormai parte integrante del processo.

Nuove regole per i badge da COP28

Ed ecco, quindi, la novità. Per rilanciare la fiducia nel processo e rimotivare i tanti delegati e osservatori a Bonn e da remoto, Simon Stiell, Segretario Esecutivo della UNFCCC, ha annunciato che già da COP28 ogni delegato – della società civile, dei Governi, dell’industria – dovrà allegare alla propria richiesta di badge un dettaglio rispetto alla propria affiliazione professionale e legame con l’organizzazione ammessa ai negoziati. Quello promosso da Stiell è un passo in avanti nella trasparenza del processo – quindi, nella sua credibilità – proprio alla vigilia tecnica di una delle COP probabilmente più controverse di sempre, in uno dei contesti geopolitici meno entusiasmanti di sempre.