Geopolitica: rischi ed implicazioni per il sistema delle imprese. Crisi del Mar Rosso, l’impatto sull’Italia

-
- Advertising -

Negli ultimi anni i diversi eventi geopolitici hanno compromesso il sistema economico internazionale basato sul modello occidentale. Si è assistito, a livello mondiale, a grandi strategie nazionali per salvaguardare la propria sicurezza economica tramite fenomeni quali il cosiddetto reshoring, friend-shoring ed una maggiore diversificazione nelle catene di approvvigionamento delle materie prime.

Questi temi sono stati oggi al centro dell’evento dal titolo “Geopolitica: rischi ed implicazioni per il sistema delle imprese”, organizzato da PwC Italia, un appuntamento del ciclo “Italia 2024: Persone, Lavoro, Impresa”, la piattaforma di dialogo con i massimi esponenti del mondo delle istituzioni e dell’impresa, promossa in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi.

- Advertising -

All’incontro hanno partecipato Giovanni Andrea Toselli, Presidente e AD PwC Italia, Prof.ssa Lucia Visconti, docente di Scienza delle Finanze – Università degli studi di Milano Bicocca, Emanuela Pettenò, Consumer and Deals Markets Leader di PwC Italia, Giuseppe Colombo, giornalista economico di La Repubblica, Giampiero Massolo, Presidente di ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) e di Mundys, Prof. Mario Mauro, già Ministro della Difesa, Alessandro Grandinetti, Clients & Markets Leader PwC Italia, e moderato da Alessandro De Angelis, Vicedirettore HuffPost.

 

Le materie prime

- Advertising -

Nel contesto geopolitico e macroeconomico attuale, l’aumento del prezzo delle materie prime (costato all’Italia €91,5 mld nel 2022) ha spinto l’Italia a cambiare la sua strategia energetica, aumentando le importazioni di materie prime, in particolare il gas (attraverso i gasdotti che arrivano direttamente sul suolo nazionale soprattutto da: Transmed, Tap, Greenstream), da altri fornitori, sostituendo le quote provenienti dalla Russia. Nel dettaglio, i miliardi di metri cubi di gas provenienti dalla Russia sono calati dai 29,1 del 2021 agli 11,2 del 2022. Tale diminuzione è stata compensata da importazioni da altri fornitori (2022 vs 2021): +5,2 mld di metri cubi dalla Norvegia/Olanda, +3mld di metri cubi dall’Azerbaigian, +2,5 mld di metri cubi dall’Algeria ed un aumento di GNL (+1,1mld di metri cubi nel GNL Panigaglia, +1,1 mld di metri cubi nel GNL di Rovigo e +1mld di metri cubi nel GNL di Livorno).

Nonostante ci sia stata una maggiore diversificazione, permane un rischio geopolitico per tre quarti delle forniture oil&gas italiane, come riportato in un’analisi dell’Ufficio studi Confartigianato. In particolare, questo rischio è sempre più evidente per tutte quelle infrastrutture critiche come i gasdotti (sabotaggio di NorthStream e il gasdotto Baltic Connector tranciato da una nave cinese) o i cavi sottomarini per le telecomunicazioni (su cui viaggia il 99% del traffico di internet a livello mondiale) che in casi di crisi possono essere considerati dei bersagli.

 

Rapporti commerciali Italia-Russia

Uno degli indicatori che evidenzia l’impatto della guerra tra Russia e Ucraina sull’Italia è il livello di interscambio commerciale tra Mosca e Roma. Dopo lo scoppio del conflitto nel 2022 le relazioni commerciali hanno subito un forte calo nel 2023, soprattutto nel settore energetico. Nel dettaglio, dal 2022 al 2023 sono calati sia l’import dell’Italia dalla Russia del -85% sia l’export del -21%.

 

Reshoring e diversificazione delle fonti di approvvigionamento delle imprese

I fenomeni sopracitati hanno causato un aumento del re- o near-shoring delle aziende italiane. Dal lato dei fornitori, secondo uno studio del Centro Studi Tagliacarne-Unioncamere, le imprese stanno aumentando le quote di forniture nazionali fino al 15% (se si tratta di locali, dunque nella stessa regione) e del 20% al di fuori della regione. Sempre su questa tendenza, dal 2019 al 2022 tra le aziende che hanno acquistato parzialmente o totalmente forniture all’estero, il 23% ha realizzato (in percentuale variabile) il backshoring delle proprie forniture negli ultimi cinque anni, mentre il 10% ha scelto di riconfigurarla completamente in Italia.

Tuttavia, sfide persistenti nella sostituzione di componenti critiche evidenziano la complessità del de-risking, con il 40% delle imprese che si ritrovano limitate nelle alternative. Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi PwC, la crescente tendenza al reshoring nelle politiche industriali sottolinea la presenza di prodotti difficilmente sostituibili, definiti come Foreign Dependent Products (FDP), che rappresentano il 4,5% dell’import totale italiano del 2022, con un valore superiore a €30 miliardi. Il 30% degli FDP provengono dalla Cinaun dato rappresentativo del forte rischio di dipendenza da un numero ristretto di fornitori.

Di fronte ai crescenti rischi geopolitici, quindi, le imprese italiane stanno mettendo in atto delle strategie di de-risking, soprattutto da input cinesi difficilmente sostituibili. Le aziende che dichiarano di affrontare difficoltà nel trovare alternative alle componenti cinesi e allo stesso tempo vogliono ridurre la loro esposizione da Pechino (entro fine 2024) rispetto alle imprese con un grado più elevato di sostituibilità dei fattori produttivi sono quasi il 60% vs il 40%. Anche se il de-risking è in corso, circa il 40% delle imprese con limitate possibilità di sostituzione di input critici non sta pianificando nessuna diversificazione dell’approvvigionamento dalla Cina.

La crisi del Mar Rosso e lo shock delle supply chain

La crisi del Mar Rosso, che ha avuto inizio il 19 ottobre 2023 quando gli Houthi hanno dato il via ad una serie di attacchi contro il sud di Israele e contro le navi nel Mar Rosso, ha provocato uno shock nelle supply chain globali, dinamica che mette in luce l’importanza dei rapporti a livello internazionale.

Il canale di Suez è uno dei punti nevralgici del commercio mondiale. Il 12% del commercio, il 14% dei flussi energetici e il 30% del volume di traffico dei container globali transitano tra il mediterraneo e il Mar Rosso per raggiungere le loro destinazioni finali. L’attuale crisi sta generando delle implicazioni economiche anche in Italia, che vede passare dal Canale il 12% del commercio estero italiano e il 16% del suo import declinato nel modo seguente:

  • Il 21% dell’import italiano di energia;
  • Il 33% dell’import italiano del settore tessile;
  • Il 18% dell’import italiano del settore metalmeccanico.

Questa crisi comporta per l’Italia un impatto negativo pari a circa €95 mln al giorno in termini di mancato scambio commerciale. Inoltre, il pericolo della navigazione del canale dovuto alla presenza degli Houthi ha portato la maggior parte delle compagnie di trasporto navale a cambiare rotta, evitando Suez e circumnavigando l’Africa, provocando una perdita del volume di traffico del 36% nei primi 21 giorni del 2024 rispetto al 2023 e ha portato la media di navi che attraversano il canale giornalmente da 71 unità del 2023 a 46 a gennaio 2024.

Anche le tempistiche di navigazione sono incrementate in media dai 10 ai 15 giorni in più (circa il +40% di durata rispetto alla vecchia rotta). Infine, per quanto concerne il costo dei noli dei container si è verificato un aumento del +114% da gennaio 2023 a gennaio 2024 (il primo di febbraio 2024 era di $5.848 rispetto ai $ 2.727 del 2 febbraio dell’anno precedente).

Le crescenti tensioni geopolitiche degli ultimi anni hanno influito anche sulle strategie aziendali. Secondo i dati della CEO Survey del 2022, anno dello scoppio del conflitto in Ucraina, il 31% dei CEO italiani e il 32% di quelli mondiali identificavano nelle tensioni geopolitiche un rischio significativo per l’andamento delle loro imprese. Il Covid-19 e gli shock geopolitici degli ultimi anni hanno imposto a molte imprese una ripianificazione delle proprie strategie, le quali si sono concretizzate in un aumento globale di alcuni fenomeni come il near-, re-, back-shoring. Ad oggi, il dato rilevato dalla 27th Annual Global & Italian CEO Survey è diminuito: solo il 18% dei CEO intervistati, infatti, prevedono che le loro imprese saranno esposte nei prossimi 12 mesi a minacce dovute a conflitti geopolitici.