MFS – 2019: spostare l’importanza dal rendimento al rischio

Robert M.Almeida, Jr. -
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Con la fine del 2018, il mercato pullula sempre più di analisi che stilano un bilancio dell’anno trascorso e di previsioni sui rendimenti per quello a venire. Tuttavia, fare previsioni è un esercizio difficile, soprattutto quando si tenta di ipotizzare i rendimenti di mercato su un arco di 12 mesi.

Nella forma più semplice, i mercati di investimento costituiscono una piazza dove chi è alla ricerca e chi dispone di capitale può scambiare denaro oggi con la speranza, o la promessa, di ottenere la restituzione del capitale in futuro.
Pertanto, i prezzi degli attivi riflettono in ultima analisi i cash flow futuri. Quando questi ultimi non si manifestano come auspicato (oppure, al contrario, quando superano le aspettative), il meccanismo di sconto dei mercati dei capitali adegua di conseguenza i prezzi.

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A questo punto la domanda sorge spontanea: cos’è che muove i cash flow?
Riteniamo che i fattori principali siano quattro: unità, prezzo, margine e utili.

Sul lungo periodo, riteniamo che i fondamentali determinino i cash flow, che a loro volta influiscono sui prezzi degli attivi. Nell’attività quotidiana, tuttavia, l’orientamento a breve termine del mercato e l’eccessivo affidamento su informazioni che talvolta si rivelano irrilevanti possono tradursi in efficienze sul lungo periodo. Alla luce di ciò, prevedere efficacemente l’andamento dei mercati sul breve periodo è un esercizio frustrante nella migliore delle ipotesi, eppure è certo che i market strategist vi si diletteranno abbondantemente nelle prossime settimane.

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Uscendo dalla crisi del 2008, le società hanno osservato un aumento dei margini netti riconducibile al calo dei costi di produzione. Eppure, a tre o quattro anni dall’inizio del ciclo economico, la crescita globale stava ancora facendo i conti con i postumi della crisi finanziaria. Mentre i margini apparivano insolitamente elevati, la crescita in termini unitari e il pricing power restavano modesti. Molte società hanno fatto ricorso al proprio bilancio per sostenere i livelli di crescita del free cash flow, e i mercati del credito sono stati ben lieti di concedere finanziamenti.
Con la fine del ciclo, le emissioni di obbligazioni e i coefficienti di leva finanziaria sono cresciuti e la qualità complessiva del mercato delle obbligazioni corporate ha subito un deterioramento.

In ogni caso, che le preoccupazioni sul credito si manifestino nel 2019 o molto più avanti, il rapporto di indebitamento resta la fonte di preoccupazione comune sulla nostra piattaforma di ricerca globale, giacché, a nostro giudizio, una società altamente indebitata ha meno controllo sul proprio destino.

Più a lungo termine, in termini di aspettative sui mercati dei capitali per i prossimi 10 anni, ipotizziamo una contrazione dei rendimenti sostanziale rispetto a quanto osservato nel decennio precedente. In generale, riteniamo che i mercati rallenteranno rispetto ai rendimenti sopra la media osservati negli ultimi trent’anni.

I nostri modelli di mercato sono legati ai fondamentali, l’unico aspetto davvero rilevante per i prezzi degli attivi nel lungo periodo: unità, prezzo, margine e utili.

A nostro parere gli investitori dovrebbero ricalibrare l’enfasi dei rispettivi portafogli spostandola dalla generazione di rendimenti sopra la media alla valutazione dei rischi. Giudizio e selettività dovrebbero diventare una priorità a questo punto del ciclo economico.


Robert M.Almeida, Jr – Global Investment Strategist – MFS