Concentrarsi sull’inflazione può far perdere di vista il rischio più grande

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Mentre l’ultimo piano di aiuti anti COVID-19 si fa strada attraverso il Congresso degli Stati Uniti, alcuni economisti avvertono del rischio surriscaldamento che troppi stimoli potrebbero provocare all’economia. Hanno fatto anche riferimento al rischio crescente che l’inflazione ritorni a livelli che non si vedevano dagli anni ’70, il che potrebbe costringere la Federal Reserve ad aumentare i tassi molto prima di quanto molti si aspettino – forse già l’anno prossimo.

Tuttavia, crediamo che i rischi pratici di un episodio inflazionistico stile anni ’70 siano relativamente bassi, anche se la dimensione della spesa è grande rispetto all’attuale dimensione dell’output gap. I cambiamenti strutturali nell’economia statunitense negli ultimi 50 anni, in particolare il minore potere contrattuale dei lavoratori, hanno ridotto la probabilità che la storia si ripeta. Il nostro punto di vista è coerente anche con i recenti movimenti dei prezzi nei mercati obbligazionari. Mentre i rendimenti reali sono cresciuti – probabilmente guidati da un miglioramento delle prospettive di crescita e da ulteriori stimoli fiscali attesi – gli spread di inflazione breakeven a più lungo termine puntano verso l’inflazione target di lungo periodo della Fed, non suggerendo un aumento preoccupante delle aspettative di inflazione.

Ciò non significa, però, che non vediamo altri rischi per la ripresa degli Stati Uniti. Con una stima di 1.100 miliardi di dollari di risparmi in eccesso attualmente parcheggiati su conti correnti e di deposito, è possibile che parte di quel denaro trovi la sua strada nei mercati finanziari, spingendo ulteriormente verso l’alto le valutazioni. Questa, unita ad altre preoccupazioni, rafforza la nostra opinione che le politiche macroprudenziali saranno probabilmente più restrittive nei prossimi anni. Per migliorare questi rischi, probabilmente la Fed aumenterà i tassi solo come ultima risorsa. Ciononostante, il punto più importante è che concentrarsi eccessivamente sulle preoccupazioni per l’inflazione potrebbe far trascurare le questioni relative alla stabilità finanziaria, che hanno una maggiore probabilità di influenzare i mercati.

Secondo le nostre stime, che tengono conto della nostra visione secondo cui i moltiplicatori fiscali saranno più attenuati a causa delle restrizioni legate alla pandemia, ci aspettiamo che l’output gap degli Stati Uniti si chiuda entro la fine dell’anno e che la produzione superi modestamente il potenziale nel 2022. Questa previsione suggerisce che potremmo vedere il tasso di disoccupazione tornare a un livello di circa il 3,5%, che pensiamo sarà compensato in una certa misura dai miglioramenti dell’offerta di lavoro, man mano che le persone disoccupate faranno ritorno nel mercato, ed è coerente con un’inflazione moderatamente superiore al target.

Nella nostra previsione sull’output gap è compresa l’ipotesi che i consumatori non spenderanno il grosso dei loro risparmi in eccesso, almeno non subito. L’eccesso di risparmio cumulativo, basato sulla misurazione del National Income and Product Accounts (NIPA), è di circa 1.600 miliardi di dollari, e i conti finanziari della Fed suggeriscono che la maggior parte di quel denaro è attualmente parcheggiato nei conti correnti e di deposito. Queste stime del risparmio in eccesso non tengono conto del capitale dei mutui non pagato in seguito alla loro sospensione, che Black Knight stima nel valore di circa 500 miliardi di dollari. Pur tenendo conto di questo aggiustamento, il risparmio in eccesso di 1.100 miliardi di dollari è ancora grande.

Mentre è possibile che questo denaro possa essere speso rapidamente, crediamo che il risultato più probabile sia che trovi la sua strada negli investimenti immobiliari e/o nei mercati finanziari, un fenomeno che ha già iniziato a verificarsi in una certa misura. I conti finanziari della Fed mostrano che la ripresa degli investimenti residenziali ha coinciso con un calo dei flussi di versamento sui conti di deposito. Questo modello può essere visto anche nelle partecipazioni azionarie delle famiglie, anche se l’entità è minore.

Storicamente, dopo le recessioni, il tasso di risparmio tende a rimanere in qualche modo elevato rispetto al suo livello pre-recessione. Infatti, delle ultime otto recessioni, solo due di esse – 1981 e 1974 – si sono concluse con un tasso di risparmio inferiore al suo livello pre-recessione, secondo il NIPA.

Più importante, i Conti finanziari distributivi della Fed suggeriscono che il risparmio in eccesso è concentrato nei bilanci delle famiglie ricche. Infatti, circa due terzi di questi 1.100 miliardi di dollari sono detenuti dal primo 10% delle famiglie più ricche. Questo stesso gruppo è stimato come responsabile del 90% delle partecipazioni azionarie negli Stati Uniti, secondo un rapporto del 2016 della Fed di Minneapolis. Anche se lo stimolo fiscale è orientato soprattutto alle famiglie a basso reddito, è servito a compensare le perdite di posti di lavoro che colpiscono in modo sproporzionato queste stesse famiglie. In altre parole, queste famiglie ad alta propensione al consumo hanno probabilmente speso la parte più grossa del sostegno del governo federale lo scorso anno.

Se questo denaro trova il suo sbocco nei mercati finanziari, è possibile che inasprisca i rischi di stabilità finanziaria. I recenti movimenti dei prezzi guidati dai social media su titoli specifici, anche se non sistemici, offrono un chiaro esempio del potenziale comportamento di boom-and-bust che potrebbe derivarne. E ciò, insieme ad altre preoccupazioni, potrebbe aggravare i rischi per la stabilità finanziaria.

I funzionari della Fed recentemente hanno aumentato la loro valutazione dei rischi di stabilità finanziaria. Alla riunione della Fed di gennaio, lo staff ha caratterizzato le vulnerabilità come “rilevanti” invece della descrizione “moderate” usata nel rapporto sulla stabilità finanziaria di novembre, citando le valutazioni elevate delle obbligazioni societarie, delle azioni e delle proprietà industriali e multifamiliari, i bilanci scadenti delle piccole e medie imprese e la preoccupante leva finanziaria degli hedge fund. Inoltre, il rapporto semestrale di politica monetaria della Fed, pubblicato il 19 febbraio, parla di “significative vulnerabilità strutturali” per il mercato monetario e i fondi comuni e sostiene che “senza riforme strutturali, le vulnerabilità dimostrate nel marzo 2020 persisteranno e potrebbero amplificare significativamente gli shock futuri”.

Alla conferenza stampa per la riunione della Fed del gennaio 2021, il presidente Jerome Powell ha affermato che usare la politica monetaria per affrontare i rischi di stabilità finanziaria non è qualcosa che hanno escluso sul piano teorico, ma qualcosa che non hanno mai fatto e che non hanno in programma di fare. Ciononostante, il punto più importante è che essere eccessivamente concentrati sulle preoccupazioni legate all’inflazione può non tenere conto delle questioni relative alla stabilità finanziaria che hanno una maggiore probabilità di avere un impatto sui mercati.