La scuola del sospetto e la sfida della modernità

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Nei decenni passati si è imposta quella che Paul Ricoeur definì la scuola del sospetto, la quale ha messo in dubbio la capacità della coscienza di riconoscere la verità. Sulla scorta delle analisi di Marx, Freud e Nietzsche, la coscienza viene presentata, nel suo insieme, come falsa. Se la modernità nasce con il tentativo di Descartes di fondare proprio sulla coscienza individuale l’autorità dei valori, dobbiamo chiederci se tale esito non ci costringa a ripensare criticamente il pensiero moderno.

La modernità pone l’uomo davanti ad un’alternativa: andare oltre se stesso diventando creatore della Verità o considerare il rapporto con il Vero un falso problema. La prima strada è quella indicata sia da Nietzsche con l’idea dell’oltre uomo, sia da Marx con la creazione di una società totalmente altra attraverso il processo rivoluzionario. La seconda elimina ogni differenza qualitativa fra l’uomo e l’animale e l’opera di Freud è proprio l’esplorazione di quel che nell’uomo è il non umano. La prima ipotesi ha caratterizzato la prima metà del secolo scorso, mentre la seconda è diventata dominante nel secondo dopoguerra.

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Gli esiti catastrofici di un uomo che si è illuso di creare la Verità sono descritti nei libri di storia, mentre le conseguenze dell’assolutizzazione del progresso tecnico, in cui si concretizza il pensiero strumentale, sono ricche di incognite. Se la rivoluzione necessariamente tradisce se stessa generando il terrore e i regimi più oppressivi che la storia abbia mai conosciuto, la società occidentale non sembra soddisfare le esigenze più vere e profonde dell’essere umano e sta mettendo a rischio l’esistenza delle generazioni future.

Se il fine dell’essere umano cessa di essere quello di riconoscere ed amare ciò che è bello, buono e giusto, per concentrarsi nella sola soddisfazione delle proprie voglie, non ci si deve sorprendere se per molti l’uso delle droghe diventi un’esigenza imprescindibile. Se il pensiero non serve più a rivelare ciò che è, ma diventa uno strumento per imporre la propria volontà, non ci si può lamentare se molti cerchino di conseguire questo obiettivo con la menzogna e con la frode. Se tutto è strumentale, le relazioni, anche le più intime, diventano forme di strumentalizzazione reciproca.

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Questi esiti sono le conseguenze necessarie di un rifiuto senza prove dell’esistenza di una Verità a cui l’uomo, seppure in modo parziale e limitato, può partecipare. Ritorna alla memoria la scommessa di Pascal, il quale, da buon matematico, insegna che è ragionevole puntare su ciò che è potenzialmente infinito, qual è la vita eterna, qualunque sia la probabilità che questa si avveri, soprattutto se ciò implica vivere la propria esistenza con dignità ed onore. Si tratta, in altri termini, di scegliere se puntare sulla nostra umanità attraverso un processo di ascesi con tutte le difficoltà che ciò comporta o se invece cercare di distrarci, evitando di confrontarci con le conseguenze di un’esistenza priva di senso.

Siamo costretti a decidere se rinunciare ad ogni speranza o se riscoprire la grazia, come unica vera via per relazionarsi con la Verità. Ogni altra alternativa è illusoria e di fatto impossibile. Certo la religione potrà anche essere l’oppio dei popoli, ma forse è meglio vivere nella speranza, sapendo che potrebbe essere un’illusione, piuttosto che rinunciare a testimoniare la nostra umanità in nome di una modernità, il cui tentativo di emanciparsi da Dio, qualunque cosa ciò significhi, non ci sta portando al sol dell’avvenire.