Il quadro demografico italiano
Intervenendo in audizione parlamentare sul DEF l’Istat ha fornito il quadro demografico aggiornato del nostro Paese che, giova ricordare, produce rilevanti effetti sul sistema di welfare.
Al 1° gennaio 2024 la popolazione residente in Italia è pari a 58 milioni 990mila unità (dati provvisori), in calo di 7mila unità rispetto alla stessa data dell’anno precedente (-0,1 per mille abitanti). La variazione della popolazione nel 2023 rivela un quadro eterogeneo tra le ripartizioni: essa è negativa nel Mezzogiorno, dove è pari al -4,1 per mille, positiva nel Nord, dove la popolazione aumenta del 2,7 per mille, stabile nel Centro (+0,1 per mille). Con appena 379mila bambini venuti al mondo, nel 2023 si registra l’ennesimo minimo storico di nascite, l’undicesimo di fila. Un processo, quello della denatalità, che dal 2008 (quando le nascite furono 577mila) non ha conosciuto soste. L’ennesima riduzione delle nascite è determinata sia da un’ulteriore contrazione della fecondità, sia dal calo della popolazione femminile nelle età riproduttive (15- 49 anni): nell’arco di un decennio si passa da 13,4 milioni di donne in età fertile nel 2014 a 11,5 milioni al 1° gennaio 2024.
Il numero medio di figli per donna scende da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, avvicinandosi al minimo storico di 1,19 figli conseguito nel 1995. Dopo un biennio di stabilità, nel 2023 l’età media al parto si porta a 32,5 anni (+0,1 sul 2022). Calano anche i decessi (661mila), l’8% in meno sul 2022, dato più in linea con i livelli pre-pandemici rispetto al triennio 2020-2022. Nel complesso emerge un saldo naturale (nascite – decessi) ancora fortemente negativo (-281mila unità).
Il calo della mortalità del 2023 si traduce in un cospicuo balzo in avanti della speranza di vita alla nascita che si porta a 83,1 anni, guadagnando sei mesi sul 2022. Tra gli uomini, la speranza di vita alla nascita raggiunge gli 81,1 anni (+6 mesi sul 2022), tra le donne sale a 85,2 anni (con un guadagno leggermente inferiore a quello maschile, +5 mesi). Gli uomini hanno dunque recuperato i livelli di sopravvivenza prepandemia (81,1 anni nel 2019), le donne presentano ancora margini di recupero (85,4 anni nel 2019). Al 1° gennaio 2024 la popolazione residente presenta un’età media di 46,6 anni, in crescita di due punti decimali (circa tre mesi) rispetto al 1° gennaio 2023. La popolazione ultrasessantacinquenne costituisce il 24,3% del totale, contro il 24% dell’anno precedente. I ragazzi fino a 14 anni di età scendono al 12,2% (dal 12,4%), mentre gli individui in età attiva (15-64enni) costituiscono il 63,5% del totale (come nell’anno precedente). Il numero stimato di ultracentenari (individui di 100 anni di età e più) raggiunge a inizio 2024 il suo massimo storico, superando le 22mila e 500 unità, oltre 2mila in più rispetto all’anno precedente.
Le iscrizioni dall’estero (416mila) e le cancellazioni per l’estero (142mila) determinano un saldo migratorio estero positivo di 274mila unità che compensa, anche se non del tutto, il deficit dovuto alla dinamica naturale permettendo alla popolazione di rimanere, almeno sul piano numerico, in sostanziale equilibrio. L’Ucraina, con il 7,9% del totale, è il principale paese di origine dei flussi in ingresso; precede l’Albania (7%), il Bangladesh (6%) e la Romania (5,4%). Regno Unito e Germania si confermano, invece, le principali mete di destinazione degli emigrati (il 22% del totale), seguite dalla Svizzera (8,2%) e dalla Francia (7,2%). Il segno positivo registrato dal saldo migratorio con l’estero è l’effetto di due dinamiche opposte.
Da un lato, l’immigrazione straniera, ampiamente positiva (360mila), controbilanciata da un numero di partenze esiguo (34mila); dall’altro, il flusso con l’estero dei cittadini italiani caratterizzato da un numero di espatri (108mila) non rimpiazzato da altrettanti rimpatri (55mila). Il risultato è un guadagno di popolazione di cittadinanza straniera (+326mila) e una perdita di cittadini italiani (-53mila). Nel 2023 i trasferimenti di residenza tra Comuni sono stati un milione 444mila, in calo dell’1,8% rispetto al 2022. Se si estende il confronto all’ultimo decennio, di cui il 2022 rappresenta un’annualità particolarmente vivace dopo la crisi pandemica, il volume dei trasferimenti risulta in linea con il trend crescente. Il Mezzogiorno si conferma, anche nel 2023, l’area del Paese in cui le partenze non sono rimpiazzate da altrettanti arrivi per un saldo pari a -63mila unità. Il Nord, d’altro canto, si conferma ancora attrattivo, con un saldo pari a +57mila abitanti