Analisi delle prospettive mondiali e dei fattori di cambiamento dirompente di lungo termine
Al nostro Secular Forum annuale hanno partecipato, fornendo i propri contributi di analisi dei fattori cruciali che probabilmente influenzeranno l’economia mondiale nei prossimi 3-5 anni, anche i membri del Global Advisory Board di PIMCO, un team di esperti di chiara fama mondiale in ambito macroeconomico e con esperienza al vertice di governi e di primarie istituzioni. Le analisi dei membri del Global Advisory Board costituiscono un apporto prezioso al processo d’investimento di PIMCO e i giudizi da loro presentati al forum di settembre sono confluiti nel nostro ultimo Secular Outlook “Cambiamenti sempre più dirompenti”. Quanto segue è una sintesi tratta dal loro dibattito di ampio respiro.
D: L’ascesa della Cina come potenza economica e geopolitica, nonché fattore di cambiamento dirompente di lungo periodo, potrebbe essere rafforzata dalla sua rapida ripresa dalla pandemia e dalla sua strategia economica in evoluzione. Quali sono le prospettive di lungo termine della Cina?
R: La Cina si è ampiamente ripresa dal rallentamento dovuto alla pandemia e ha recentemente introdotto un nuovo modello di sviluppo economico che è stato definito a “doppia circolazione” e mira all’indipendenza ma non all’autosufficienza del paese. La dirigenza cinese ambisce a ridurre la dipendenza economica dalle esportazioni e dalle tecnologie estere, a rafforzare le filiere produttive nazionali e a puntare sul mercato interno come principale motore della crescita. La sinergia fra questi aspetti rappresenta la circolazione ‘interna’ che secondo la visione dei vertici cinesi si contempera con l’apertura internazionale attraverso la circolazione ‘esterna’ sui mercati mondiali. Un interrogativo rilevante è se il mercato dei consumi interno abbia dimensioni sufficienti per assorbire gran parte della domanda.
A seguito della pandemia e delle continue tensioni con gli Stati Uniti e i loro alleati, la Cina è probabilmente preparata a un tasso annuo di crescita tendenziale che scenderà forse al 3%.
Il Presidente Xi Jinping è in una posizione di impareggiabile dominio e ogni mossa – politica, economica, nel sistema finanziario, sul tasso di cambio – della dirigenza cinese, è volta a prepararsi a una lunga battaglia geopolitica. Fatta questa premessa, la Cina non cerca di esportare il suo sistema nel resto del mondo; in realtà dice alle economie avanzate: lasciateci vivere con il nostro sistema e noi vi lasceremo vivere con il vostro. È una base per la collaborazione e il rispetto reciproco.
D: Sul versante geopolitico quali sono le tendenze di lungo periodo e nello specifico quale sarà l’atteggiamento degli Stati Uniti e delle altre maggiori economie nei confronti della Cina?
R: Una politica economica protezionista, populista e nazionalista si ripercuote sugli scambi commerciali e sulla crescita. Stiamo assistendo non solo allo sgretolamento della cooperazione internazionale ma anche a una serie di iniziative individuali che potrebbero portare all’isolamento della Cina da parte del sistema mainstream internazionale.
Negli Stati Uniti, soprattutto in caso di vittoria dei Democratici alle elezioni di novembre, che al momento della nostra conversazione non è affatto scontata, potremmo riassumere l’orientamento della politica estera del paese con queste tre parole: rinnovamento interno, deterrenza e democrazia.
Partiamo dal rinnovamento interno. Molti ritengono che la politica estera cominci all’interno del paese: gli Stati Uniti hanno bisogno di maggiori investimenti in infrastrutture, nell’industria, nella green economy, nelle tecnologie, nell’innovazione e nell’istruzione, unitamente a una spinta verso una maggiore equità sociale. Gli Stati Uniti, al pari della Cina, puntano a diventare più indipendenti.
La seconda parola è deterrenza: si punta ad accrescere i costi di azioni aggressive o di alterazione degli equilibri indirizzate contro gli Stati Uniti per cambiare eventuali programmi in tal senso da parte di Cina, Russia, Iran e Corea del Nord. Va osservato che sia Biden sia Trump avrebbero entrambi un atteggiamento duro nei confronti della Cina, differendo semmai nella tattica – Biden probabilmente punterebbe maggiormente sui valori e sul dialogo – ma avrebbero il medesimo obiettivo di isolare la China.
Per rafforzare la strategia di deterrenza gli Stati Uniti ricercherebbero anche il sostegno dei loro alleati. L’Europa si troverebbe tra due fuochi: sebbene veda nella Cina un concorrente strategico, i suoi rapporti commerciali con il paese del Dragone sono di entità superiore rispetto a quelli con gli Stati Uniti.
L’ultima parola è democrazia. Con una presidenza Biden, gli Stati Uniti punterebbero probabilmente su un’alleanza con i principali paesi democratici incentrata sui comuni valori nella coalizione contro la Cina e la Russia. Tuttavia, molti paesi non vorranno schierarsi. Inoltre, in molti paesi, Stati Uniti compresi, le giovani generazioni si dimostrano critiche rispetto all’efficacia della democrazia.
D: Le autorità hanno adottato misure straordinarie per rispondere alla crisi sanitaria globale. Quali sono le implicazioni di lungo termine per la politica fiscale nelle principali economie?
R: I governi europei hanno risposto alla pandemia varando un fondo per la ripresa che rappresenta una svolta storica e prevede decise misure fiscali, tra cui garanzie pubbliche al credito alle imprese, oltre ad aver allentato i vincoli di bilancio. Forse l’aspetto di maggior rilievo è la decisione di operare investimenti comuni europei per stimolare l’economia, dimostrando che quando è in gioco la sopravvivenza, gli europei non esitano a intervenire e a collaborare tra loro.
Volgendo lo sguardo agli Stati Uniti, che hanno varato un sostanzioso pacchetto di aiuti a marzo e che alla data di questa nostra conversazione stanno discutendo di ulteriori misure di sostegno, lo scenario di lungo termine che si prefigura è di un maggior livello di intervento della politica fiscale indipendentemente dall’esito delle presidenziali di novembre, ma soprattutto in caso di en plein dei Democratici. Entrambi i partiti sono a favore di investimenti infrastrutturali.
In caso di en plein dei Democratici a novembre, ci attendiamo che le priorità saranno l’approvazione di ulteriori provvedimenti di stimolo, di investimenti in infrastrutture, misure a favore del clima e dell’occupazione, con un’intensa attività legislativa che potrebbe comprendere un aumento delle aliquote fiscali, il ripristino di norme recentemente revocate, soprattutto sul fronte ambientale, e provvedimenti in materia sanitaria, di immigrazione e di salario minimo.
Con l’inquilino Repubblicano alla Casa Bianca non ci attendiamo molte novità sul fronte legislativo. Lo stimolo fiscale si concentrerebbe su iniziative che trovano d’accordo ambo gli schieramenti politici e di conseguenza prevediamo pochi fondi per le amministrazioni statali e locali.
Si osservi che il coordinamento internazionale è pressoché assente in materia di politica fiscale. E per i paesi nei quali abbiamo osservato robusti interventi di contenimento dei danni da parte dei governi ci si chiede quanto spazio di finanza pubblica resti per sostenere la ripresa ossia per investire in produttività e in crescita di lungo termine.
D: Le banche centrali dei diversi paesi del mondo hanno adottato anch’esse misure drastiche per stabilizzare le economie e i mercati. Quali sono le prospettive di lungo periodo della politica monetaria?
R: La Federal Reserve ha recentemente annunciato i risultati della revisione del suo quadro di riferimento che contengono due elementi di rilievo rispetto al duplice mandato della Fed di stabilità dei prezzi e di massima occupazione. Il primo elemento è l’approccio flessibile con l’introduzione dell’obiettivo di inflazione media che orienta verso una dinamica di tassi d’interesse più bassi più a lungo a fronte dell’impegno a tollerare lo sforamento dell’obiettivo d’inflazione del 2% a compensazione di precedenti livelli inferiori all’obiettivo. Prevediamo che la Fed non tollererà sforamenti eccessivi, ossia non oltre il 2,5%.
Il secondo elemento è che ora la Fed intende rispondere solamente in caso di livelli inferiori all’obiettivo di piena occupazione e non nel caso di suo superamento. In altre parole, la Fed non aumenterà i tassi semplicemente sulla base di un tasso di disoccupazione troppo basso; per procedere in tal senso dovrebbe essere presente anche l’inflazione o altri rischi.
Il nuovo approccio presenta alcuni rischi in quanto con una curva di Phillips piatta l’inflazione potrebbe non essere visibile sino a che l’economia si sarà surriscaldata; d’altro canto però la mancata adozione di una politica restrittiva da parte della Fed in caso di livelli occupazionali inferiori alla piena occupazione offrirà a più persone buone opportunità sul mercato del lavoro.
Pare esserci una divergenza fra la ripresa economica negli Stati Uniti, che sino a questo momento è stata più rapida del previsto (ancorché molto dipenda dall’evoluzione del virus e dalla disponibilità di un vaccino), e la previsione della Fed di tassi bassi per i prossimi anni. Molti funzionari della Fed temono che la recessione dovuta alla pandemia possa diventare di lunga durata in caso di ripercussioni durature derivanti dai suoi effetti tra cui aumento del risparmio in via cautelativa, minori investimenti, obsolescenza delle competenze, nonché danni alle filiere produttive a seguito della perdita di migliaia di piccole imprese.
La stabilità finanziaria resta un aspetto d’attenzione della Fed e marzo 2020 ha rivelato alcuni rischi serpeggianti. La Fed non pare incline a usare la politica monetaria per la stabilità finanziaria, ma ha adottato misure che ne segnalano un ruolo più attivo d’ora in avanti, tra cui l’essere diventata un market marker di ultima istanza, un soggetto prestatore per le medie e piccole imprese attraverso il canale bancario e un acquirente di obbligazioni societarie e di municipal bond.
Le autorità della Banca centrale europea (BCE) non hanno dimenticato che la stabilità finanziaria resta un obiettivo fondamentale nel medio e nel lungo termine, al pari di altre economie avanzate. I tassi d’interesse bassi e gli acquisti di titoli sono essenziali per sostenere l’economia in questo momento ma le banche centrali dovrebbero essere anche sensibili ai rischi che si accumulano sui mercati a seguito di politiche accomodanti.
Inoltre, a seguito dell’annuncio della Fed dei risultati della revisione del suo quadro di riferimento, la BCE potrebbe accelerare la tempista della sua revisione strategica i cui risultati potrebbero comprendere chiarimenti sulla definizione dell’obiettivo d’inflazione della BCE, l’orizzonte di monitoraggio della stabilità dei prezzi e se porre l’accento sull’inflazione di fondo o su quella complessiva.
A differenza di molte altre primarie banche centrali, la People’s Bank of China resta concentrata sulla politica monetaria convenzionale oltre a puntare a indirizzare il credito verso specifici settori come quello manifatturiero e il comparto delle piccole e medie imprese.
D: Qual è il sentiment degli investitori e delle imprese sulle prospettive di ripresa di lungo termine?
R: I mercati degli attivi di rischio segnalano che molti investitori sono decisamente ottimisti sulla crescita mondiale in parte come riflesso della resilienza dimostrata dall’economia in Cina e negli Stati Uniti.
Molti CEO di importanti aziende statunitensi appaiono relativamente poco ottimisti sulla tempistica della ripresa, ma esprimono assoluta fiducia che alla fine la ripresa ci sarà e la propensione al rischio di lungo periodo resta sostanzialmente invariata. Negli Stati Uniti e a livello globale osserviamo che vengono operati aggiustamenti nonché un’accelerazione delle tendenze che erano già in corso, soprattutto nella trasformazione digitale.
Un elemento di apprensione per le grandi aziende statunitensi è che molti piccoli fornitori possano non esistere più dopo la pandemia, con conseguenti danni per le robuste filiere di cui le grandi aziende necessitano per rilanciare le proprie attività. Un altro aspetto fonte di apprensione è lo sfarinamento della coesione sociale.