Perché la Fed non alzerà i tassi

di Fidelity Worldwide Investments -
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Cosa attendersi dalla riunione di settembre del Fomc, secondo David Buckle, Head of Quantitative Research e di Anna Stupnytska, Global Economist di Fidelity Worldwide Investment

David Buckle, Head of Quantitative Research di Fidelity Worldwide Investment ha commentato riguardo alla riunione del FOMC di settembre:

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“Il Federal Open Market Committee si riunisce oggi per iniziare i suoi dibattiti.  L’intervento sui tassi di interesse avverrà domani in concomitanza con l’annuncio delle decisioni di politica monetaria? A mio parere domani non ci sarà alcun aumento dei tassi. Non credo che l’economia sia già abbastanza stabile da poter rischiare una simile mossa. L’inflazione è ancora eccezionalmente bassa. Che la Fed segnali al mercato che si stia avvicinando il rialzo dei tassi è normale ed è sempre accaduto, ma la storia dice anche che i rialzi non sono mai avvenuti senza che ciò fosse atteso dai mercati, i quali invece in questo momento ritengono improbabile un rialzo dei tassi. Un aumento a ottobre, poi, sarebbe improbabile in quanto la Yellen nel question time di giugno si è lasciata scappare che il rialzo dei tassi sarebbe potuto avvenire a settembre, dicembre o marzo. Non ha mai invece nemmeno citato le riunioni di ottobre e gennaio, che non sono accompagnate da una conferenza stampa.

Un altro tema interessante è quello dell’impatto del primo rialzo dei tassi sull’economia. Dal punto di vista economico, non farebbe molta differenza se il rialzo dei tassi avvenisse a settembre o a dicembre. Sarà invece il ritmo degli aumenti successivi al primo a fare la differenza.

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E’ importante inoltre rimarcare che domani dalla dichiarazione accompagnatoria e dalle proiezioni economiche della Fed si potranno ottenere interessanti informazioni sulle intenzioni della Banca Centrale USA. La retorica della dichiarazione di domani dovrebbe in qualche modo segnalare l’alta probabilità di un rialzo nel mese di dicembre per non sorprendere il mercato. In caso contrario, se la Fed fosse incline ad una posizione dovish, menzionando ad esempio il rafforzamento del dollaro o il rallentamento dei mercati esteri, ciò indicherebbe un probabile posticipo del rialzo al 2016.

Molto importanti saranno poi le proiezioni economiche annunciate dal FOMC. Saranno ridotte in misura significativa le stime sulla piena occupazione? In precedenza il FOMC aveva stimato una piena occupazione tra il 5,0% e il 5,2%. Attualmente la disoccupazione è scesa al 5,1%. È stata raggiunta la massima capacità di produzione? E in questo caso, perché l’inflazione latita? Il FOMC parlerà di un aumento dell’inflazione ritardato ora che abbiamo raggiunto la piena occupazione oppure utilizzerà il basso tasso di inflazione per evidenziare la necessità di ridurre le proprie stime di piena occupazione? Un orientamento dovish il primo, hawkish il secondo”.

Anna Stupnytska, Global Economist di Fidelity Worldwide Investment aggiunge:
“A mio avviso la combinazione dei fattori interni e di quelli internazionali non favorisce un aumento dei tassi nel brevissimo termine. Sul fronte interno, i fondamentali economici degli Stati Uniti si confermano relativamente solidi. Il mercato del lavoro continua a migliorare e il tasso di disoccupazione è ora al punto medio delle stime NAIRU della Fed. Tuttavia, la crescita dei salari è ancora piuttosto contenuta, indicando che il mercato del lavoro ha margini di rafforzamento. Non va poi dimenticato che l’inflazione, sia primaria che core, è ancora molto bassa. Il calo dei prezzi del petrolio e il rafforzamento del dollaro dovrebbero tener a freno l’inflazione ancora a lungo.

In un simile contesto, è piuttosto difficile pensare che la Fed possa essere “ragionevolmente convinta” che le pressioni inflazionistiche riemergeranno nel breve termine. Data l’incertezza, ritengo che una Banca Centrale attenta all’inflazione non possa in un tale panorama decidere di alzare i tassi. Oltretutto, vi sono ancora delle aree di attenzione a livello internazionale e in particolare i mercati emergenti nel loro complesso sono impattati negativamente dal rallentamento della Cina, dal calo dei prezzi delle materie prime e da condizioni finanziarie meno accomodanti negli Stati Uniti.

Quest’ultimo fattore, in particolare, è una delle ragioni principali per cui ritengo poco probabile che la Fed alzi i tassi questa settimana. Nel corso dell’ultimo anno le condizioni finanziarie USA hanno fatto registrare un significativo inasprimento innescato dal rafforzamento del dollaro e accelerato dal calo delle quotazioni azionarie e l’aumento degli spread creditizi in agosto. L’inasprimento finanziario registrato, da solo, equivale a molteplici rialzi dei tassi e, se prolungato nel tempo, potrebbe provocare un rallentamento della crescita USA per il prossimo anno. Alcuni funzionari della Fed avevano indicato nelle condizioni finanziarie un importante parametro da tenere sotto osservazione; se queste dichiarazioni sono ancora valide, l’entità dei recenti sviluppi dovrebbe senza dubbio aver attirato la loro attenzione. Dato lo stato dell’economia mondiale, o meglio la percezione che ne hanno i mercati, e le conseguenze negative qualora l’innalzamento dei tassi avvenisse troppo presto, per il momento riteniamo che vi siano numerosi motivi per la Fed per attendere e valutare i futuri sviluppi prima di intervenire”.