Pictet Asset Management presenta “Diventare investitori” terza edizione dell’Osservatorio Internazionale Edufin

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Ottobre è il mese dedicato all’educazione finanziaria e, per il terzo anno consecutivo, Pictet Asset Management ha voluto dare il proprio contributo con una nuova ricerca dedicata all’analisi dello stato dell’arte dell’alfabetizzazione finanziaria dal titolo “Osservatorio Internazionale Edufin Pictet AM 2023: diventare investitori”. Il titolo di questa terza edizione vuole riassumere il principale obiettivo di questa e delle molteplici altre iniziative di educazione finanziaria promosse negli ultimi anni in Italia volte a cercare di ingaggiare un pubblico sempre più vasto e supportalo al meglio nell’effettuare scelte di investimento consapevoli. Al centro della ricerca, l’analisi dell’interesse verso la materia, con un focus particolare sui giovani, le difficoltà riscontrate nella ricerca di contenuti e la predilezione sempre più marcata per i canali social, percepiti come fonte di informazioni affidabile. Temi che ci aiutano a comprendere l’attitudine delle diverse generazioni al risparmio, gli effetti di mercati sempre più incerti e volatili sulle scelte di investimento, le modalità e gli strumenti utilizzati per orientarsi e il posizionamento dell’Italia grazie a un confronto sul livello di educazione finanziaria con le grandi economie europee (UK, Germania, Francia e Spagna). La ricerca è stata realizzata da Pictet AM sotto la Direzione di Nicola Ronchetti, Fondatore e CEO di FINER Finance Explorer, Istituto di ricerca specializzato in ambito finanziario.

Daniele Cammilli, Head of Marketing di Pictet Asset Management dichiara: “Il complesso contesto economico e finanziario vissuto negli ultimi due anni, dominati da inflazione e instabilità sui mercati, ha rappresentato indubbiamente il catalizzatore per una maggiore attenzione verso i temi finanziari da parte di tutti. L’accresciuta consapevolezza della materia stenta a tradursi in conoscenza e padronanza degli strumenti di investimento, osteggiate dalla complessità, percepita da investitori e non investitori, determinando scelte di investimento inefficienti, focalizzate spesso sul breve termine. Esempio emblematico sono ancora una volta i giovani: oltre la metà di loro si informa quasi quotidianamente su temi finanziari, prediligendo i canali social a loro più vicini come linguaggio e format, salvo poi non ritenersi soddisfatti dei contenuti e dell’affidabilità dei referenti e prediligendo come scelte di investimento liquidità e immobili, piuttosto che un ingresso graduale nei mercati azionari tramite un PAC. Persiste quindi oggi un gap conoscitivo che noi operatori in primis dobbiamo cogliere per ricoprire un ruolo sempre più rilevante in qualità di promotori dell’educazione finanziaria, attraverso modelli di servizio innovativi. Un lavoro che noi di Pictet AM portiamo avanti da anni, attraverso molteplici iniziative, consapevoli dell’importanza economica e sociale di un’educazione finanziaria di qualità e sempre più accessibile a tutti.”

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Nicola Ronchetti, Fondatore e CEO di FINER Finance Explorer aggiunge: “Questo progetto, intrapreso con Pictet AM tre anni fa, ci ha permesso di tracciare l’andamento e l’evoluzione dell’alfabetizzazione finanziaria in Italia e all’estero, offrendo una fotografia di quelli che sono i principali limiti, in termini di contenuti, canali e referenti, e rendendo chiara la necessità di un rinnovamento costante nelle strategie di comunicazione e promozione dell’educazione finanziaria, a vantaggio di tutti, specialmente dei più giovani. Risparmio e investimento sono temi ormai sempre più centrali in tutti i Paesi europei, in quanto ritenuti essenziali per realizzare i propri progetti di vita. A tal proposito diventa fondamentale identificare a chi spetta il compito di educare: ad oggi le istituzioni restano al primo posto in Italia, Spagna, Francia e Germania, seguite da una crescente importanza di scuola e università come luoghi di formazione finanziaria, mettendo in evidenza la necessità di sensibilizzare sempre di più e meglio le giovani generazioni.”

 


 

Con la complessità del mercato cresce l’interesse alla materia

Anche nel 2023, l’Italia conferma il trend positivo di crescente interesse alla materia finanziaria da parte di investitori e risparmiatori, che sul totale del campione si dichiarano oggi molto o abbastanza interessati nell’85% dei casi (dal 76% del 2021). Il mutato contesto geopolitico e gli effetti su tassi di interesse, inflazione e difficoltà economiche (tra cui l’accesso a nuovi prestiti) hanno contribuito in modo significativo a sensibilizzare anche i soggetti meno coinvolti. Si registra, infatti, un incremento del 10% rispetto al 2021 e, rispetto agli anni precedenti, nel 2023 si porta sulla soglia dello zero la percentuale di “esclusi”, ovvero coloro che si dichiarano non interessati ai temi finanziari

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Tuttavia, il gap tra chi investe e chi no non accenna a chiudersi. L’interesse degli investitori per la finanza resta in larga parte legato all’entità del patrimonio, raggiungendo il totale campione per i clienti Private (con patrimonio finanziario da € 500K a oltre € 5 milioni), scendendo al 97% per i clienti Affluent (da € 50K a € 500K) e al 91% per i Mass Market (da € 10K a € 50K). Buoni, sebbene inferiori, sono anche i dati relativi a studenti e non investitori che complessivamente si dichiarano interessati nel 72% dei casi. In particolare, gli studenti over 18 passano al 78% rispetto al 51% del 2021.

Sempre più studenti si informano quotidianamente su temi economico-finanziari

Un maggiore interesse per i temi finanziari porta con sé anche un aumento del tempo speso per mantenersi costantemente aggiornati che, a totale campione, registra nell’arco di appena un anno un incremento del 3%, sebbene resti predominante per i 2/3 degli intervistati dedicarsi all’approfondimento di temi finanziari durante eventi eccezionali una tantum. Tra i non investitori, gli studenti over 18 sono i più costanti: il 50% dichiara infatti di dedicare uno spazio all’informazione economico-finanziaria continuativo, giornaliero o settimanale, contro un 36% che dichiara di informarsi solo in concomitanza di eventi occasionali. Dato degno di nota, che testimonia la necessità dell’educazione finanziaria fin dalla giovane età, il fatto che in Italia l’inserimento di temi afferenti all’educazione finanziaria nei programmi scolastici dedicati all’educazione civica sia stato accolto molto positivamente dal 49% del campione.

La finanza sembra diventare più difficile per tutti, così come la ricerca di contenuti adeguati

La complessità del mercato, data da uno scenario macro più incerto e volatile negli ultimi due anni, fa crescere, trasversalmente in tutti i segmenti, la percentuale di quanti non ritengono sufficientemente adeguate le proprie conoscenze in materia finanziaria, con un più 8% dal 2021 ad oggi

Un maggiore interesse implica pertanto anche una miglior consapevolezza delle proprie lacune (e conseguente volontà di saperne di più anche tra i grandi investitori). In particolare, 4 investitori private su 10 e 8 studenti su 10 non si reputano sufficientemente preparati. Un bisogno che mette in evidenza i principali ostacoli a un effettivo miglioramento delle conoscenze finanziarie: dal 2021, dove la difficoltà nel comprendere la materia era al primo posto (31% degli intervistati), oggi quest’ultima cede il podio alla percezione di mancanza di contenuti o di referenti ritenuti affidabili, indicate dal 35% del campione. L’incremento in questo caso è più marcato su alcuni segmenti (Mass Market), che fanno più fatica a orientarsi di fronte all’attuale offerta di contenuti disponibili in rete.

Questo dato risulta però in contrasto con l’incremento dei programmi di educazione finanziaria promossi negli ultimi anni. Da un lato, infatti, abbiamo visto aumentare i contenuti e le iniziative (solo nel “mese dell’educazione finanziaria”,  promosso dal comitato Edufin del MEF, il numero di eventi è cresciuto da 580 nel 2020 a 851 nel 2022, indice dell’impegno e degli sforzi messi in campo dalle istituzioni e da soggetti privati per affrontare questa sfida); dall’altro l’offerta sembra non rispondere pienamente ai bisogni del pubblico: è un problema di canali, tipologia di contenuti o incomprensione del ruolo e delle finalità dell’educazione finanziaria?

Canali di informazione: social network sempre più centrali e percepiti come affidabili

Tra gli strumenti utilizzati per informarsi, i social si confermano quale canale privilegiato e sempre più utilizzato, passando dal 27% del 2021 al 34% nel 2023, seguiti al secondo posto da eventi digitali. Questi due canali insieme sono cresciuti del 10% negli ultimi due anni. Di contro, si evidenza un lento e costante declino di stampa e tv nella dieta mediatica, come canali di informazione economica-finanziaria, soprattutto tra i più giovani: nel 2021 il 29% dichiarava di informarsi tramite questi due strumenti, mentre nel 2023 lo fa solo il 10%.  La centralità dei social network è trasversale rispetto al campione (investitori e non), a prescindere dalla generazione e dal patrimonio: WhatsApp, Facebook e Instagram (che cresce in modo significativo rispetto al 2022) i più usati, a cui seguono LinkedIn e Spotify. Vi sono ovviamente differenze tra generazioni sui singoli social (Facebook e LinkedIn i più usati tra individui maturi, Instagram e Telegram più in voga tra i giovani). Solo nell’ultimo anno la fiducia verso i social network è cresciuta del 17%, subito dietro ad amici e conoscenti, che mantengono salda la prima posizione (44%) come referenti di fiducia per risparmio e investimenti, mentre registrano un calo gli influencer e i blog indipendenti.

“Sebbene non si tratti di canali adatti per essere esaustivi in questo ambito, i social network sono diventati strumenti centrali per colmare il gap esistente tra domanda e offerta in ambito di educazione finanziaria, coprendo in via preliminare le esigenze informative dell’audience. L’incremento dell’utilizzo e della fiducia per i canali social che emerge dall’Osservatorio di quest’anno ha diverse conseguenze: in primo luogo, sempre più persone li scelgono come canali informativi di riferimento per via della loro facile fruizione e dei contenuti coincisi, a discapito dei mezzi che permettono una maggiore profondità di analisi; di riflesso, sempre più soggetti stanno privilegiando questi canali come strumenti di informazione non tradizionale per un pubblico più ampio, dando la medesima visibilità sia a professionisti della materia che a informal advisor dal background finanziario non certificato. Infine, per quanto prevalga il segnale positivo di un avvicinamento alla materia che aiuta ad abbattere il tabù de “la finanza è complessa”, la scelta dei social network è sintomatica della tendenza di volere le giuste informazioni senza eccessivo impiego di tempo o sforzo. E per quanto oggi esista un numero incalcolabile di informazioni liberamente disponibili in rete, dalle evidenze risultano chiare le difficoltà delle persone di raggiungere il giusto contenuto” aggiunge Daniele Cammilli di Pictet AM.

Incertezza ed emotività impattano sui portafogli: la visione di lungo periodo sconfitta dal presentismo

Il connubio tra mercati finanziari turbolenti, incertezza economica, emotività mal gestita e ridotta educazione finanziaria, porta inevitabilmente a costruzioni inefficienti di portafoglio. Nell’ultimo anno, in particolare, la maggiore complessità del mercato, unita alla velocità e superficialità dell’informazione, ha generato un forte bias rispetto all’orizzonte temporale di investimento. A prevalere è infatti la visione di breve o brevissimo termine (presentismo), una rilevazione che emerge sia dalla preferenza ad informarsi su canali che offrono contenuti semplici e immediatamente fruibili (i social network, appunto), sia dai desiderata di impiego finanziario: preso il totale campione dei non investitori, la preferenza per i nuovi investimenti risulta essere ancora quella per la liquidità, nonostante i molteplici richiami dell’informazione specializzata sull’effetto erosivo del potere d’acquisto dei capitali disinvestiti, in un contesto di alta inflazione e rialzo dei tassi di interesse. Ancora, tra gli investitori, il grosso dei portafogli risulta carico di titoli governativi italiani (45%) e di investimenti immobiliari (21%), con appena un 11% di azioni, mostrando una scarsa diversificazione del rischio.

Analizzando poi la propensione all’investimento per fasce d’età, emerge un “paradosso” dell’investimento a lungo termine: un giovane, infatti, dato l’orizzonte temporale più lungo e la tendenziale maggiore propensione al rischio, sarebbe il soggetto più indicato per investire in azioni, mentre dalle evidenze della ricerca risulta che l’azionario cresce d’attrattività con l’avanzare dell’età . Analogamente, i giovani si mostrano meno interessati (e meno a conoscenza) di strumenti ritenuti ideali per iniziare il proprio percorso di pianificazione finanziaria e investimento di lungo periodo: i Piani di Accumulo (PAC). Più in generale, tra i non investitori (giovani inclusi), la liquidità sul conto resta una priorità, seguita da immobili, BTP e obbligazioni. Mentre tra gli investitori le obbligazioni sono al primo posto (45%), seguite da immobili (21%), liquidità (16%) ed azioni (11%).

Un altro dato interessante arriva ancora dall’analisi dei maggiori timori connessi agli investimenti finanziari, evidenziando che il pericolo più temuto, specialmente per i non investitori, è quello di avere un consulente finanziario poco preparato (oltre il 50% del campione su tutti i segmenti dei non investitori). Il campione mostra però grande eterogeneità di risposte, con i segmenti degli investitori che invece individuano in fattori legati al market timing o all’emotività, come la paura di farsi prendere dal panico nelle fasi ribassiste dei mercati, i rischi di fallimento nella pianificazione finanziaria di lungo periodo

“Sia che si tratti di maggiore “maturità” e consapevolezza finanziaria o di selettività negli sforzi di comunicazione del mondo della consulenza finanziaria, rivolta prevalentemente ai segmenti di popolazione più abbienti, quello che è certo è che è presente oggi una grande opportunità per la consulenza finanziaria di colmare questo gap e accreditare la professione consulenziale in veste formativa a nuovi segmenti di investitori, attraverso modelli di servizio rivolti a fasce più ampie di popolazione” conclude Nicola Ronchetti di Finer.

Un confronto internazionale: cresce il ruolo della scuola, seconda dopo le istituzioni in tutti i paesi Europei, a eccezione della Gran Bretagna.

In Europa l’interesse per i temi finanziari cresce in tutti i paesi rispetto al 2022, con Francia e Germania allineate all’Italia, Spagna in ritardo e UK sopra la media, in linea con il relativo livello di conoscenza (UK al primo posto, Spagna all’ultimo). Si conferma in crescita anche il desiderio di saperne di più sui temi della finanza. Tra gli obiettivi perseguiti nel voler migliorare la propria educazione finanziaria, l’importanza di realizzare i propri progetti di vita si posiziona al primo posto in tutti i Paesi, ad eccezione del Regno Unito dove prevale l’interesse ad investire i propri risparmi; mentre in Spagna è ancora fortemente sentito il bisogno di imparare a risparmiare. Le peculiarità culturali e la maturità degli investitori dei diversi paesi incidono sulla fiducia nei confronti degli operatori, tra pubblico e privato, e sul ruolo che questi debbano assumere nei programmi di educazione finanziaria. Nel complesso, il 2023 vede una fiducia unanime e in netta crescita verso le istituzioni; in Francia particolarmente elevata anche quella verso gli assicuratori, mentre in UK questa è maggiore verso i consulenti finanziari. Anche sul piano europeo, il ruolo dei social network e degli eventi digitali, quali canali di informazione, si conferma in crescita in tutti i paesi, mentre si ridimensiona quello della carta stampata e della televisione e si riduce la fiducia verso i blog indipendenti e gli influencer (ad eccezione che in UK).

Riguardo poi al compito di educare, le istituzioni restano al primo posto in tutti i Paesi, in particolar modo in Italia e Spagna dove il 48% identifica lo Stato e i regolatori come mandatari principali; unica eccezione il Regno Unito, dove il 30% lo ritiene compito dei consulenti finanziari. In Francia e Germania circa il 30% del campione identifica, al secondo posto, la scuola e l’università quali attori sempre più importanti nell’educazione finanziaria. La predilezione per la scuola come luogo di formazione ed educazione al risparmio risulta come trend in crescita anche in Italia e Spagna.