Polemiche sul futuro dello stadio di San Siro. Intervista a Stefano Lombardi, avvocato e docente di Beni Culturali

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Già nel 2022 l’allora sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi in un messaggio al Corriere della Sera spiegava dettagliatamente come intendeva agire per salvare lo Stadio di San Siro (il Meazza, per gli appassionati) partendo da quello che avevano concordato i Comitati tecnici scientifici del ministero dei Beni culturali nel luglio di due anni fa: tutelare “il valore fortemente simbolico per la città di Milano”.

Così l’agosto scorso la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Milano, a seguito di un’attenta valutazione, ha deciso per il vincolo a San Siro e ha inviato agli uffici del Comune un documento in cui ha spiegato le motivazioni dietro alla scelta del vincolo e perché dunque lo stadio Meazza non potrà essere demolito.

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Il Comune fa ricorso contro la Soprintendenza

Il sindaco Giuseppe Sala ha recentemente dichiarato: “Dal ministero decisione difficile da comprendere”. Salvo imprevisti il vincolo culturale sul secondo anello scatterebbe nel 2025: fra gli imprevisti la dura opposizione del sindaco, che forse non preferirebbe proprio demolire lo stadio, ma modificarlo allo scopo di utilizzare lo spazio per altre iniziative più vicine alle necessità della città o anche solo più efficientemente dedicate allo sport. Infatti ha dichiarato: “un significativo danno economico al Comune di Milano e ai contribuenti milanesi, limitando la possibilità di rigenerare l’impianto”. Così il sindaco Sala ha annunciato di voler presentare ricorso contro la tutela del Meazza.

Su questa novità che ha sorpreso i milanesi, riportiamo l’intervista rilasciata a Fanpage dall’avvocato Stefano Lombardi, docente di Legislazione nazionale e internazionale dei beni culturali e dello spettacolo all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

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Intervista a Stefano Lombardi

“Il nostro ordinamento giuridico riserva una grande attenzione ai beni della nazione considerati patrimonio culturale. Infatti la loro tutela è prevista già nell’articolo 9 della Costituzione” esordisce l’avv. Lombardi. “Una volta che un bene viene dichiarato culturale o di interesse culturale è soggetto a una normativa piuttosto stringente che limita molto le facoltà di utilizzo del proprietario, sia esso pubblico o privato, come stabilito dal Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004. La verifica di interesse culturale è un istituto giuridico previsto dall’articolo 12 del Codice dei beni culturali e dove, in presenza di certi requisiti, viene richiesto se il bene è dotato o meno di quei caratteri di rilevanza storica, artistica, archeologica, etno-antropologica che ne giustifichino il vincolo”. Nella foto l’avvocato Stefano Lombardi.

Che cosa succede quando un bene viene vincolato?

“Quando il bene viene dichiarato culturale a tutti gli effetti entra in una disciplina giuridica particolarmente restrittiva in merito alle possibilità di intervenire sullo stesso. L’obiettivo è mantenere intatta la qualità del bene per quelle caratteristiche ritenute di particolare pregio e che sono oggetto di tutela. La disponibilità del bene è quindi soggetta a limitazioni perché viene tutelato qualcosa di interesse pubblico”.

Quando scatta il vincolo?

“Per poter essere dichiarato di interesse culturale, il bene deve aver compiuto 70 anni ed essere di autore non più vivente. Non c’è un orientamento chiaro in questi casi, ma generalmente il termine dei 70 anni decorre dall’ultimo intervento noto. Qualsiasi bene può essere vincolato, previa verifica o dichiarazione. Deve però avere caratteristiche che siano rilevanti sotto il profilo storico, culturale, etno-antropologico. Alcuni autori indicano che il bene debba rappresentare in qualche modo la memoria storica. Esistono poi alcuni beni che sono vincolati per definizione, come, per esempio, le gallerie di proprietà pubblica che contengono opere di grande rilevanza”.

Una volta sottoposto a tutela, il bene può essere “svincolato”?

“Il vincolo è un atto amministrativo, quindi qualsiasi soggetto ha sempre la possibilità di presentare ricorso per chiederne un eventuale annullamento. Se il ricorso fosse accolto e l’atto amministrativo annullato, è chiaro che anche il vincolo non esisterebbe più”.

Sottoponiamo però all’Avv. Lombardi un’ultima domanda espressamente per la nostra testata LMF: in che tempi il sindaco può chiedere la rimozione del vincolo?

“Sì, rispetto alla ultima risposta a proposito del vincolo, atto amministrativo, bisognerebbe precisare che qualsiasi soggetto legittimato potrebbe fare ricorso esclusivamente nei tempi e nei modi previsti dalla legge e questo potrebbe, se il ricorso venisse accolto, provocare un annullamento dell’atto e quindi la sostanziale rimozione del vincolo”.